ilNapolista

Il Napoli, De Laurentiis e gli altri: l’arte di tacere (e di ascoltare)

Una rilettura letterario-filosofica delle recenti esternazioni del presidente che puntualmente accende il dibattito mediatico attorno al Napoli.

Il Napoli, De Laurentiis e gli altri: l’arte di tacere (e di ascoltare)
Sarri e De Laurentiis in una foto di Matteo Ciambelli

Laverdure, il pappagallo di Zazie nel metrò

Le recenti esternazioni del presidente del Napoli De Laurentis alimentano un dibattito, come nelle intenzioni dell’esternatore, che poco ha a che fare con la squadra di calcio e con le sue prodezze e debolezze. Addirittura, con buona pace dei meridionalisti storici, riaccende la contrapposizione Nord/Sud che, nei tempi andati che ricorda Maurizio Crosetti (“Quando Nord-Sud era sfida non rissa”, 9 marzo 2017) aveva, in materia calcistica, dignitosi protagonisti e antagonisti quali Gianni Brera, Gino Palumbo, Antonio Ghirelli.

Ma tant’è: l’importante è partecipare.

Mi ricorda il “chiacchieri, chiacchieri, non sai fare altro” che ripete continuamente Laverdure, il pappagallo di Zazie nel metrò di Raymond Queneau. Quanti Laverdure abbiamo in giro? È opinione ricorrente che sono molti. Ma pure nel chiacchiericcio bisogna distinguere tra chi spara bordate grosse e chi spara “stronzilli di polvere”, tanto per ricordare l’abate Galiani e la sua definizione dell’eruzione del Vesuvio nel 1779.

14 principi necessari per tacere

Per non produrre “stronzilli” l’ideale sarebbe riflettere qualche minuto prima di lasciarsi andare. Perché sarebbe bene parlare solo quando si deve dire qualcosa che valga più del silenzio. È, questo il primo dei 14 principi necessari per tacere che l’abate Joseph Antoine Toussaint Dinouart suggerisce nella sua opera più famosa: “L’arte di tacere”. Il libro fu pubblicato a Parigi nel 1771, ma per molti aspetti presenta inalterata attualità e l’editore Sellerio che ne ha curato l’edizione italiana potrebbe esaurirne molte tirature se del volumetto si volesse fare omaggio alle migliaia di persone che dalla lettura potrebbero trarre giovamento.

Soprattutto potrebbero trarne giovamento i protagonisti delle tante, spesso estemporanee, esternazioni che caratterizzano il quotidiano della vita politica e, nel nostro caso, calcistica. Per non parlare – anzi, coerentemente, per tacere – delle successive smentite e revisioni; dei “non volevo dire”, “sono stato male interpretato”, “non avete capito” che spesso ne seguono. È un invito al silenzio? Certamente no. Ma l’invito a riflettere sul fatto che, come ci ammonisce da 2200 anni “Qoèlet”, “c’è un tempo per tacere e un tempo per parlare”. Per cui l’uomo silenzioso non è chi non dice nulla, ma chi “sa tacere opportunamente in base al tempo e al luogo in cui ci si trova”. E quelli che stiamo vivendo sono proprio il tempo e il luogo.

Questo dalla parte di chi parla e, peraltro bisogna onestamente riconoscere, non sempre a sproposito. Ma c’è anche l’altra parte che è quella di chi sente, ma non sa ascoltare.

L’arte di ascoltare

A questo proposito, tanto per continuare in queste mie “dotte” citazioni, anche quella di ascoltare è un’arte. È, per esempio, quella nella quale è invitato ad esercitarsi il giovanissimo Nicandro al quale, poco meno di duemila anni fa, Plutarco dava insegnamenti sull’arte di ascoltare. Avendo da poco indossato la “toga virile”, Plutarco considera che il giovane “come tutte le persone assennate” sapesse bene che “passare dalla fanciullezza all’età adulta non significa liberarsi da ogni autorità, ma vuol solo dire assumerne un’altra qual è appunto la ragione…ed è solo seguendo la ragione che si può veramente essere liberi”. Dopo queste iniziali perle, Plutarco conclude il suo volumetto –“L’arte di ascoltare”, appunto – ricordando al giovane Nicandro che “un buon ascolto è il punto di partenza per viver bene”. E, aggiungerei, anche per far vivere bene.

Insomma, e non è per dare un colpo al cerchio e uno alla botte, dico che chi è chiamato in causa da De Laurentis farebbe bene, prima di sentenziare, a chiedersi se il presidente del Napoli parla così per accessi di follia o qualche accadimento lo induce a farlo.

Fermo restando che quel presidente che ha imposto alla sua società un “silenzio stampa”, ogni tanto sarebbe bene che se lo autoimponesse.

ilnapolista © riproduzione riservata