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Napoli-Crotone sono tre punti appoggiati sul futuro

Napoli-Crotone, la partita non guardata: una passeggiata all’alba a Venezia, il saper vivere nella sconfitta e Marco Van Gabbiadini (che non ha giocato).

Napoli-Crotone sono tre punti appoggiati sul futuro

Peter Gabriel, un’alba superba

Stamattina mi sono svegliato un po’ pima e ho fatto la strada che va da casa alla stazione a piedi. Camminare a Venezia quando non c’è ancora nessuno in giro è meraviglioso, fa parte di quelle poche cose che, quando arriverà il momento, metteremo nell’elenco dei “ne è valsa la pena”. Nelle orecchie gli auricolari per la musica, la mia playlist preferita, quella di sempre, che va da Peter Gabriel ai Pearl Jam, passando dagli Smashing Pumpkins ai Cure; sul ponte dell’Accademia mi viene incontro un’alba superba, da togliere il fiato. L’alba fa lo stesso effetto sui due fotografi (professionisti o Antonino Paraggi di Calvino, non saprei dirlo) che si trovano in quegli istanti sul ponte, e che non scattano, guardano e basta.

Al primo gol di Insigne di ieri mi trovavo al Lido, alla diga di San Nicoletto, avevo capito che il Napoli stava attaccando, ma che si correva il rischio di andare al riposo sullo 0 a 0, orrore, ma più che probabile dopo una partita svuota tutto come quella di martedì scorso; poi leggo 1 a 0, rigore (ma che davvero?), e riprendiamo la nostra camminata al sole, la primavera sta bussando, il Crotone sta perdendo.

Blu

Continuo la mia passeggiata verso la stazione, incrocio un paio di spazzini vicino alla Toletta, ne trovo un altro a San Barnaba, un paio di ragazze che staranno andando a lavorare; al Ponte dei Pugni mi fermo di nuovo, si vede altissima la luna piena, che domina l’acqua e le barche, non puoi che startene lì un attimo in silenzio, al netto di High and Dry dei Radiohead. Non so se abbiate presente i momenti in cui il blu sta per diventare blu; ecco, il momento è questo.

Al gol di Mertens eravamo a metà strada tra la diga e il vecchio ospedale (che si vede dalla spiaggia), gli stabilimenti balneari chiusi fanno sempre uno strano effetto, seppur diverso a seconda delle stagioni: a ottobre simboleggiano la fine di qualcosa, a marzo sono l’idea chiara di una nuova partenza. Presto il celeste sbiadito dei muretti tornerà a farsi d’azzurro. Un altro rigore, non ci credo, così siamo a posto (come da regolamento) fino al 2020, registriamo il dato. I cani scodinzolano e corrono: è 2 a 0 anche per loro.

Il saluto degli sconosciuti

Entro a Campo Santa Margherita, di sera o di notte qua è sempre pieno di ragazzi, è uno dei punti più vivaci della città, ed è uno dei campi più grandi. È straniante vederlo silenzioso e deserto. Stavolta lo spazzino mi saluta e io ricambio. Quelli tra sconosciuti, non obbligati, sono i saluti migliori, ti lasciano qualcosa, una traccia di gentilezza e non è poco. Passo davanti alla Libreria Marco Polo che è bella anche in chiaroscuro, sono in anticipo e posso fare la strada dei Carmini.

Al terzo gol di Insigne eravamo appena entrati al bar, ho guardato il telefono mentre ordinavamo i caffè: 3 a 0. È tutto finito, come è giusto che sia, tre punti importanti per continuare la strada, per andare a vedere, tre punti appoggiati sul futuro. Penso per un attimo al Crotone, sono stato felice per la loro promozione in A, ma ora non vedo l’ora che tornino in B, così come me lo auguro per il Pescara o per il Palermo, e così via. Mai come in questo campionato lo scarto tra le ultime e le squadre di centro classifica (quelle di vertice non le vado nemmeno a paragonare) mi è sembrato eccessivo, le squadre vanno ridotte, è inutile girarci intorno.

Saper vivere

Sono all’ultima Fondamenta prima di arrivare a Santa Lucia, qui si incontrano più persone. Ci sono anche quelli appena scesi dagli autobus a Piazzale Roma; qui ci si scambia: chi tocca l’acqua e chi la sta lasciando; ma Venezia è come la marea che la accompagna da sempre, si ritrae, s’alza o s’abbassa ma mai ti lascia. Al bar della stazione faccio colazione e mi avvio al treno e poi mi metto a scrivere ciò che spero leggerete.

Ieri pomeriggio ho letto una poesia sulla sconfitta, del poeta polacco Adam Zagajewski, questi sono i primi quattro versi:

Davvero sappiamo vivere solo dopo la sconfitta,
le amicizie si fanno più profonde,
l’amore solleva attento il capo.
Perfino le cose diventano pure.

Noi non vogliamo saper vivere (e non sappiamo come si marca sui corner)

Se questa è una grande riflessione sull’umano, su come si comportano le persone nella vita, nella storia, non è però applicabile al gioco del calcio; dove non sappiamo vivere dopo la sconfitta e, mi permetto, nemmeno dopo la vittoria. Lasciamo sempre che prevalgano gli elementi negativi: il lamento, il tormento, le chiacchiere, il fumoso reiterarsi del commento, la disquisizione tattica fatta da chi di tattica non sa. Noi non vogliamo saper vivere, né riconoscerci, né sentirci vicini. Noi desideriamo, sopra ogni altra cosa, stare al bancone (reale o virtuale) di un bar a insegnare a tutti come marcare sui calci d’angolo i calciatori immarcabili.

Notizie dall’Inghilterra

Non ci sono notizie. Si gioca la Fa Cup e sia il Watford dei nostri scarsoni preferiti sia il Southampton di Marco Van Gabbiadini non hanno giocato.

Note a margine

  • Quando non vedete comparire il drone Giggino è perché ha portato il cane Ciro a passeggio.
  • All’ora in cui scrivo sono l’unico rimasto a non aver visto gli highlights di Juve – Milan: certe volte la vita è bellissima.
  • Ho preso in giro molte volte Mimmo Malfitano e a ragion veduta, ma sfottere è una cosa, minacciare è un altro paio di maniche. Ricordiamocelo e, al massimo (cosa che già faccio), non compriamo la Gazzetta.
  • Un saluto affettuoso alla grande Atalanta.
  • Un saluto a Banega che da ciuccio è diventato Veron.
  •  #IoStoConSarri e pure i miei cani.
Libri:
Italo Calvino, Gli amori difficili, Oscar Mondadori, 1993 e successive edizioni.
Adam Zagajewski, Dalla vita degli oggetti, a cura di K. Jaworski, Adelphi, 2012.

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