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Napoli, i 44 gol subiti non sono colpa degli arbitri. Nulla è perduto, ma i limiti sono storici

Come sei anni fa con Mazzarri, il Napoli fatica nei momenti di tensione. Non può essere solo colpa degli allenatori. La saldatura al ribasso contro gli arbitri (cui si unisce anche de Magistris) non fa bene al Napoli.

Napoli, i 44 gol subiti non sono colpa degli arbitri. Nulla è perduto, ma i limiti sono storici
Sarri e De Laurentiis

In proiezione saranno 60 gol a fine stagione

Delle ultime quattro partite, il Napoli ne ha vinta una (a Verona contro il Chievo) e ne ha perse tre (Real Madrid, Atalanta, Juventus).

Nelle ultime quattro partite, il Napoli è sempre calato nei secondi tempi. A Madrid, da 1-1 a 3-1. A Verona da 0-2 a 1-3 con sofferenza nei venti minuti finali. Con l’Atalanta da 0-1 a 0-2 con una ripresa in cui praticamente gli azzurri non hanno tirato in porta. Contro la Juventus da 0-1 a 3-1. Ricordo ancora quando Salvatore Bagni, nell’anno 1988, andò in tv per parlare del calo fisico e elencò le partite contro la Juventus, il Verona, il Milan e le Fiorentina. Buon per chi non se lo ricorda.

Ancora. Il Napoli in stagione ha già subito 44 reti. In 36 partite giocate. Una media di 1,2 gol a partita. E di partite ne mancano ancora, almeno, quattordici. Quindi, attenendoci a questa media, il Napoli si avvia a quota sessanta gol subiti in stagione. Lo scorso anno, in totale, i gol presi furono 39 in 48 partite: 0,8 a partita. Nelle ultime quattordici partite – in tutte le competizioni – solo Genoa e Fiorentina non hanno segnato al Napoli. Ci è riuscito persino lo Spezia. E in totale ne abbiamo incassati ventuno.

Parlando solo del campionato, delle prime cinque in classifica (Juventus, Roma, Atalanta, Lazio, escluso il Napoli ovviamente) non ne abbiamo battuta una. Abbiamo totalizzato quattro sconfitte (due con l’Atalanta) e un pareggio contro la Lazio al San Paolo. Di partite realmente importanti, con qualcosa in palio, abbiamo superato il Benfica in casa: 4-2. Abbiamo vinto anche a Lisbona, ma non fu una partita decisiva considerato il risultato in contemporanea di Dinamo Kiev-Besiktas.

Al momento la stagione è positiva

Ci fermiamo qui, per carità di patria. Anche perché non possiamo dimenticare che questa squadra ha raggiunto gli ottavi di Champions League e che è ancora in corsa per il superamento del turno. Che è terza in campionato, con tre punti di vantaggio sulla quarta. E che è ancora in corsa per la finale di Coppa Italia. E ha un bel po’ di record, tra cui quello dei gol realizzati in campionato: sessanta in campionato, settantasette in totale.

Quindi al momento la stagione del Napoli è positiva. Potremmo quasi azzardare un ampiamente positiva, poi ci riflettiamo e non ce la sentiamo. E il Napoli e Sarri hanno dovuto fronteggiare assenze importanti come quelle di Milik, Ghoulam, Albiol, Koulibaly. Dopo una campagna acquisti ottima, la migliore degli ultimi anni. Anche se, allenatore in primis, abbiamo impiegato troppo tempo per capirlo.

I momenti di tensione

Il nodo da analizzare è la capacità del Napoli di fronteggiare i momenti che contano. Lo ripeteremo fino alla noia, è l’aspetto che fa la differenza nello sport. Nel tennis puoi totalizzare più punti dell’avversario e perdere. Perché non tutti i punti sono uguali. E così è nel calcio. Non tutte le partite sono uguali. Un sette a uno a Bologna non compensa altre sconfitte. Il Napoli in campionato non ha mai vinto per uno a zero. Lo ha fatto solo una volta: in Coppa Italia contro la Fiorentina.

Il Napoli, e per Napoli intendiamo tutto: dalla società all’allenatore ai giocatori, ha cominciato malissimo il tour de force della stagione 2016-2017. Ancora una volta, all’appuntamento decisivo, il Napoli dimostra di non essere all’altezza dei suoi risultati e del ranking europeo. E ricade puntualmente negli stessi errori, come se nulla fosse accaduto negli anni precedenti. Sembra di rivivere l’accoppiata Villarreal-Milan ai tempi di Mazzarri. Sono trascorsi anni sei.

Il primo a cedere è stato De Laurentiis

Il primo a cedere è stato proprio De Laurentiis – da noi considerato l’artefice principale di questo Napoli che funziona – che nel post-partita di Madrid ha concentrato su di sé l’attenzione mediatica con un attacco di Sarri fuori luogo, soprattutto nel tempismo. Nel merito, si può discutere della gestione della rosa. Di certo non era quello il momento. Che la gestione della rosa sia discutibile, lo testimonia la prova offerta da Rog allo Juventus Stadium. Ma De Laurentiis ha senza dubbio sbagliato. Trasformando un risultato tutto sommato positivo – la sconfitta 3-1 a Madrid – in un momento carico di tensione per la squadra.

Gli errori di Torino

E la squadra, il gruppo (allenatore compreso), la tensione non la vive bene. Lo dimostrano i fatti. Il Napoli si è lasciato irretire dall’Atalanta. E poi a Torino, dopo aver giocato un buon primo tempo, ha perso la testa nella ripresa. Ha commesso errori da principianti, anche in occasione del rigore dell’1-1. E poi ha giocato come se dovesse recuperare chissà cosa. Invece il pareggio fuori casa sarebbe stato un risultato ampiamente positivo. All’errore di Albiol si è sommato quello di Reina sul secondo gol. E l’incredibile prateria lasciata al contropiede bianconero sul 2-1 per loro (altro risultato decisamente favorevole). Un suicidio.

La linea del Napoli: è colpa degli arbitri

La vulgata, indirizzata dal Napoli stesso, è chiara: la colpa è degli arbitri. Come lo fu a Udine. Come lo fu in occasione di Napoli-Juventus con Benitez, quello del “ci può stare” l’unica volta in cui Napoli si è realmente sentita rappresentata dall’allenatore spagnolo. Ogni anno, di questi tempi, un arbitraggio ci estromette dalla corsa. Una saldatura al ribasso che raggiunge l’obiettivo, se è vero che persino il sindaco de Magistris si è unito al lamento delle prefiche. Siamo lontani, decisamente lontani, dal comunicato della società dopo Genoa-Napoli: “Le decisioni degli arbitri, nel bene e nel male, vanno rispettate”.

Ripetiamo, se la polemica arbitrale serve a compattare il gruppo, è ben accetta. Ma se presidente e allenatore intendono coprire così le lacune di questo Napoli, beh allora il peggio deve ancora arrivare. Il Napoli deve riflettere sulle proprie insufficienze. A partire dalla società. Perché ci sarebbe da discutere se è stato più nocivo il post partita di Madrid o quello di Torino. E perché se il Napoli non compie l’ultimo, quasi definitivo, salto di qualità, la responsabilità non può che essere della società. Il tweet contro la telecronaca Rai lascia interdetti, per non dire altro. Non è così che si deve muovere, non è così che deve comunicare una società che si sta giocando gli ottavi di finale di Champions League.

Riflettiamo sui nostri errori

La società, quindi. Ma anche l’allenatore. Sarri deve riflettere sugli errori commessi dal Napoli. Non possiamo continuare a catalogare le amnesie difensive sotto la voce “errori individuali”. Se tre indizi fanno una prova, 44 gol subiti faranno qualcosa in più di errori individuali? Noi insistiamo, il problema è mentale. Il che non vuol dire che sia meno grave. Il Napoli ieri sera ha buttato una partita senza difendere la propria posizione di vantaggio. Come era accaduto a Madrid – contro il fortissimo Real Madrid, questo va ricordato. Il Napoli non riesce a salire di tensione, non riesce a percepire che ci sono momenti in cui è richiesto qualcosa in più. Anzi, quando la tensione sale, il Napoli si scioglie. Sono anni ormai che facciamo questi discorsi.

Se poi vogliamo parlare degli arbitri, parliamone pure. Ma il timore che, facendolo, non si aiuti il Napoli, è forte, molto forte. Preoccupa molto di più lo sbandamento dopo il primo rigore di Dybala. Come se la squadra si fosse ritrovata sotto di quattro gol e avesse dovuto dimostrare qualcosa. Il Napoli smarrisce improvvisamente la consapevolezza di sé. E il primo a dover riflettere è Aurelio De Laurentiis. Il capo-famiglia è lui. Ormai di allenatori ne abbiamo visti tanti. Ciascuno ha il suo preferito. È inutile addentrarsi in dispute ideologiche che non trovano soluzione.

Quel che manca per l’ultimo salto di qualità

A un certo punto è la società che detta la linea. Che si espone. E l’allenatore, come i giocatori del resto, si adeguano. Altrimenti ciao. Senza paura dell’ambiente né di altro. Le scelte popolari sono la rovina della società contemporanea. Ma bisogna metterci la faccia. Valeri, l’arbitraggio di Valeri, rischia di essere solo l’ennesimo alibi per rinviare un sano e produttivo confronto allo specchio. Di una società di calcio che ha raggiunto risultati eccellenti nel corso della sua gestione. E cui manca poco per il definitivo salto di qualità.

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