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Viva Mourinho, Giuda come dev’essere un sacerdote del calcio

“Sono un professionista, difendo la mia squadra” è la missione di ogni bandito che calchi la scena. Viva Mourinho, mentre Allegri ci ammorba con l’esempio da dare ai bambini.

Viva Mourinho, Giuda come dev’essere un sacerdote del calcio

Apologia del traditore

Giuda è il numero uno”. Se facciamo scemare le ammorbanti polemiche arbitrali sull’ultimo richiamo di Allegri addirittura all’esempio da impartire ai poveri bambini – chi ci pensa ai bambini? – possiamo chiederci, da adulti: esiste opera umana al di fuori del calcio, oggi, nella quale una osservazione così scabrosa possa elevarsi a cruda sentenza? C’è in politica, nel più generale mondo della cultura, tra i cosiddetti intellettuali, nelle istituzioni, chi possa fare apologia del traditore così sfacciatamente? Probabilmente no. Quasi la sussurra un Mourinho forse sulla lunga china del tramonto. I tifosi possono gridare disappunto, strillare il dolore inflitto nella carne al vedere quanto si ama rivolto ad altro, dividere cene e vita con ciò che non ci appartiene.

Eppure quel Giuda rimane in graduatoria con quattro Premier vinte e guarda dall’alto. D’altra parte i record servono a rendere vita ai banditi. “Sono un professionista, difendo la mia squadra” è la missione di ogni bandito che calchi la scena. Dunque anche dello sportivo vero, che segue una fame che non si consola con nulla che non sia altrove e vittoria.

Solo nel calcio si adula un anticristo

Nel largo disegno calcistico Giuda è il numero uno. Solo nel calcio si adula un anticristo, lo si porta all’ultima cena e lo si venera come un santo, una madonna al contrario. Il calcio vero, non quello dei libri contabili e le carte di tribunale, è il vero mondo del sottosopra. Per questo avvince. Mourinho è serafico, non impone uno schema o una interpretazione. Lascia parlare l’intrico fantastico della storia. I supporter possono inveire, è nei loro diritti come la preghiera lo è tra quelli dei credenti; ma dinanzi ai cori ostili ci sono palmares che non si cancellano. In piccolo, neppure i 36 goal in campionato svaniscono.

Mentre il pianeta celebra le coerenze, gli uomini immobili, anche detti tutto d’un pezzo, il pallone ha nei Giuda i suoi sacerdoti. Ci scaraventano nei cieli e poi ci schiantano in terra. Fino al giorno in cui un nuovo Giuda, con la nostra maglia, scalzerà il precedente senza fare troppo rumore. Viva le incongruenze, i mercenari, i prestanome dei sentimenti. Viva il calcio.

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