ilNapolista

La Gazzetta dura con Uva: «Ha pestato una cacca, chieda scusa». Repubblica: «Non conosce la storia delle mafie»

Rassegna stampa / Il direttore della Gazzetta lascia una sola alternativa al dg della Figc. Il silenzio del Corriere della Sera. E degli juventini: nessuno ha preso le distanze da Uva.

La Gazzetta dura con Uva: «Ha pestato una cacca, chieda scusa». Repubblica: «Non conosce la storia delle mafie»
Il direttore della Figc Michele Uva

Il silenzio del Corriere della Sera

La rassegna stampa di oggi è incentrata sul violento attacco del direttore generale della Federcalcio alla commissione antimafia. Parole gravissime che tendono a delegittimare l’operazione di contrasto dello Stato alle mafie, insomma parole tipiche di chi delinque. Non a caso oggi la Gazzetta prende una posizione durissima con un editoriale del direttore Andrea Monti. Anche Repubblica si schiera in maniera netta. Peccato che il Corriere della Sera non abbia avvertito il bisogno di dire nulla. Una vera lezione della connessione tra calcio e mafia la impartisce Isaia Sales sul Mattino con un articolo informato che Uva farebbe bene a imparare a memoria.

Gazzetta

Partiamo dalla Gazzetta. Andrea Monti comincia così: “Morale della favola: c’è molto Uva e poca volpe nella sciagurata uscita del direttore generale della Federcalcio a proposito dell’inchiesta sui rapporti tra Juve e ultrà (…) Resta difficile comprendere quale ragione abbia spinto un dirigente assai navigato a inoltrarsi serenamente su un sentiero tanto impervio. E a pestare, per dirla in volgare ma non troppo, una cacca così vistosa”.

Monti prosegue:
“L’intervista televisiva con cui delegittima la Commissione parlamentare antimafia, e implicitamente la procura federale, accusandola di mettere in scena un processo mediatico che fa male allo sport, realizza un filotto di errori senza rimedio soprattutto se a confezionarlo è uno dei massimi rappresentanti dell’istituzione: ogni giustificazione o precisazione postuma non migliora la situazione. Dunque, eccesso di autostima? Sbadataggine? O piuttosto la fredda volontà di cavalcare l’orgoglio bianconero ferito? Dispiace impallinare una persona che ha mostrato negli anni indubbie qualità ma occorre essere fermissimi: la vicenda non è, né deve diventare, una questione di opinioni pro o contro la Juventus”.

Uva chieda scusa o finirà come la volpe: in pellicceria

Monti poi affronta il punto, i rapporti tra Agnelli e Rocco Dominello. Ovviamente scrive che sarà il processo a stabilire se Dominello sia o meno un mafioso. Così come sarà la giustizia sportiva a stabilire se la Juventus abbia violato o meno le regole “trattando con gli ultrà per garantire la pace sociale allo Stadium: può finire con un’assoluzione o con pene lievi ma allo stato degli atti ci sta tutto”. Così come ci sta che la commissione antimafia indaghi “legittimamente sui rapporti tra tifo organizzato e mafie, quindi sulle possibili infiltrazioni della criminalità organizzata nel pianeta calcio. A occhio e croce – aggiunge  – visto che il pallone è la passione nazionale, siamo al centro di un serissimo problema, una questione di legalità che non riguarda solo la Juve ma tutte le squadre italiane dalla A alla Lega dilettanti”.

La Gazzetta lascia a Uva due strade: “Può riscattare la propria intelligenza con scuse chiare e sentite a cui, però, deve seguire un cambio di rotta che rafforzi l’impegno del calcio a fare chiarezza e a rompere ogni relazione pericolosa. Oppure rischia di finire, come la volpe andreottiana, in pellicceria”. Più chiaro di così…

Repubblica

L’altro quotidiano che prende una posizione netta è Repubblica. E lo fa con un editoriale di Angelo Carotenuto capo della redazione sportiva:

“Barricato da sempre dietro il principio dell’autonomia, lo sport italiano deve avere inteso questa indipendenza di governo e di giudizio come una immunità, una specie di scudo spaziale, navigando le chiare fresche e dolci acque del porto franco. Solo così si spiega il fastidio con cui il direttore generale della federcalcio parla dell’attività di indagine — non un processo — della Commissione parlamentare antimafia sugli intrecci tra la malavita e gli affari del pallone.

E ancora: “Uva è in corsa per entrare nel governo della federazione europea. Non è uomo da gaffe, conosce l’arte di pesare parole e mosse, l’ha praticata e la pratica con successo. Se mostrasse di conoscere pure la storia delle mafie italiane, non ci sarebbe bisogno di ricordargli che su volumi bassi e disattenzione le mafie in genere prosperano e brindano. Evocare il fantasma del pro- cesso mediatico equivale spesso a un’auto-assoluzione già scritta tra i pensieri delle parti in causa. Il dg della Figc non potrebbe permetterselo, anzi proprio non può, perché uno dei processi è istruito nei suoi uffici. Ieri la procura federale e i giudici sportivi hanno appreso qual è la considerazione che hanno di questa storia ai piani alti del palazzo.

E un finale molto duro: “Così, mentre la Juventus chiede che tutti gli atti siano desecretati per fare chiarezza, la Figc tradisce la sua nostalgia per la vecchia cara sordina che stavolta non ha fun- zionato. Ma se l’Antimafia deve occuparsi di una «cosa banale» come la gestione della vendita dei biglietti in una curva, sarà pure per via di un’autonomia che lo sport italiano forse non merita. Quella curva peraltro porta il nome di Gaetano Scirea, uomo limpido come pochi, bandiera della Nazionale quando Uva ancora non c’era”.

Le prese di posizione dei quotidiani italiani finiscono qui. Vale la pena leggere Isaia Sales sul Mattino. Il Corriere della Sera si limita a un pezzo di cronaca con due righe di commento finale: “Uva forse voleva allentare la pressione sulla Juventus, ma si è infilato in un tunnel cieco. E pericoloso”. Parole che avrebbero meritato un commento a sé, una presa di posizione di un quotidiano così importante.

Notiamo anche che non abbiamo trovato un tifoso juventino “più o meno noto”che abbia preso le distanze dalle parole di Michele Uva. Forse questo è l’aspetto più preoccupante dell’intera vicenda.

ilnapolista © riproduzione riservata