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L’avvocato di Bucci (l’ultrà suicida): «Mi disse che la Juventus li aveva informati di un’indagine in corso»

ESCLUSIVO – LE CARTE DELL’INCHIESTA / La trattativa di D’Angelo per scongiurare lo sciopero del tifo e i rapporti tra Agnelli e Bucci, l’ultrà che si è ammazzato.

L’avvocato di Bucci (l’ultrà suicida): «Mi disse che la Juventus li aveva informati di un’indagine in corso»

Le carte dell’inchiesta

A Napoli si dice che «le chiacchiere stanno a zero». Cioè che le valutazioni o le ricostruzioni dei fatti si infrangono di fronte alla certezza (in questo caso) delle “carte”, a quegli atti che ricostruiscono con testimonianze, documentazione, intercettazioni telefoniche o ambientali i fatti stessi.

La trattativa di D’Angelo per scongiurare lo sciopero del tifo

Prendiamo ad esempio la telefonata tra il sospettato ndranghetista Rocco Dominello e Alessandro D’Angelo, Security Manager della Juventus. È il 21 febbraio del 2014 e al telefono si parla di trattative in corso per tentare di scongiurare uno sciopero del tifo. Dice D’Angelo: «Il tuo gruppo, probabilmente, è composto da 300 persone, tu hai più di 300 persone da soddisfare, gli ho detto, quindi io permetto di fare purtroppo a malincuore, business! Ma questo lo faccio non perché mi sei simpatico, perché non mi sei simpatico gli ho detto, semplicemente perché voglio la tranquillità! È inutile che ci nascondiamo!! Io voglio che voi state tranquilli e che noi stiamo tranquilli, e che viaggiamo insieme. Allora se il compromesso è questo, a me va bene! Se gli accordi saltano, perché fate i capricciosi, e allora ognuno faccia la propria strada, io non ne voglio sapere un cazzo».

È impressionante, no? Il responsabile della sicurezza della Juve che tratta con il tifo organizzato. E ancora di più sconvolgente è la testimonianza dell’avvocato Verra, difensore di Raffaello Bucci detto Ciccio, morto suicida, dapprima esponente del gruppo dei “Drughi” e poi, dal campionato 2015-2016 in organico alla Juve quale collaboratore “slo”.

Il business di Bucci l’ultrà suicida

Il 20 settembre scorso l’avvocato mette a verbale davanti all’autorità giudiziaria: «Lui (Bucci ndr) all’epoca era il coordinatore del gruppo Drughi; mi diceva che il gruppo aveva a disposizione 1000 tagliandi per ogni partita nello Juventus Stadium nei vari settori dello stadio, 900 a pagamento e 100 in omaggio dalla società, per ogni partita, senza specificare se di campionato o di coppa europea. Chi si occupava di gestire usati biglietti, tenendo i rapporti con i gruppi affiliati ai Drughi e con gli esterni che volevano avere biglietti dai Drughi, era proprio Raffaello (Bucci, ndr). Immagino, anzi so, che doveva rendere conto al capo, che è Dino Mocciola, che non ho mai visto e che non conosco. Ciccio doveva gestire ed indirizzare questi biglietti verso gli acquirenti».

«So come faceva Bucci a realizzare quei profitti: io stesso ho acquistato da lui dei tagliandi con un sovrapprezzo, perché i biglietti di curva, specialmente curva sud, vanno esauriti immediatamente dopo la loro emissione, per i molti abbonamenti. Poi loro avevano anche degli abbonamenti di cui potevano disporre, e anche l’impiego di quei abbonamenti produceva profitto».

La fuga di notizie sull’indagine

Naturalmente c’è anche qui, a Torino, una fuga di notizie a favore degli indagati. Racconta l’avvocato Verra: «Con riguardo ad indagini dell’Autorità giudiziaria, mi raccontò Bucci verso la fine della stagione 2014-2015 che sapeva che con la fine di quel campionato sarebbe scoppiato un putiferio perché, disse così: “Vogliono fare una indagine sul bagarinaggio”. Mi diceva che tutti i gruppi ultras stavano organizzandosi in previsione della indagine, rivolgendosi a legali. Mi disse che la soffiata sull’esistenza della indagine era giunta dalla società. Mi mostrò dal cellulare delle mail di Andrea Agnelli in cui il Presidente gli chiedeva se avesse bisogno di biglietti. Me le esibì per dimostrarmi che non era lui a esercitare pressioni sulla società per avere biglietti, ma era la società stessa a chiedere se lui ne avesse bisogno».

Cosa dice il primo comma dell’articolo 12

Ricordate il primo comma dell’articolo 12 del Regolamento: «Alle società ė fatto divieto di contribuire, con interventi finanziari le con altre utilità, alla costituzione e al mantenimento di gruppi, organizzati e non, di propri sostenitori, salvo quanto previsto dalla legislazione statale vigente».

Questo comma e non altro è il faro che ha guidato il lavoro del procuratore federale Giuseppe Pecoraro e che ha portato la magistratura sportiva a chiedere di processare la Juventus, il suo presidente, Andrea Agnelli, i suoi dirigenti e funzionari.

Non fatevi prendere in giro dalla “fuffa” che sta invadendo il mondo del calcio con strane diatribe sulla consapevolezza da parte della dirigenza della Juve della caratura ndranghetista degli organizzatori della compravendita di biglietti e abbonamenti con cui era entrata in contatto.

Ricordate quel comma 1 che è la condanna per «violazione dei principi dì lealtà, correttezza e probità».

Il 18 marzo scorso il procuratore federale Pecoraro ha spedito l’atto di deferimento alla sezione disciplinare del Tribunale Federale Nazionale agli indagati Andrea Agnelli, presidente della Juventus, alla Juventus medesima in quanto società sportiva, ai dirigenti Francesco Calvo, Nicola Alessandro D’Angelo, Stefano Merulla.

Dopo la chiusura delle indagini del 16 dicembre scorso, gli indagati hanno presentato le memorie difensive e Andrea Agnelli si è presentato per spontanee dichiarazioni davanti agli inquirenti federali.

Le venti pagine del deferimento sono un “bignamino” delle indagini. Un riassunto ragionato della inchiesta, con la citazione di quelle intercettazioni che confermano le ipotesi accusatorie.

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