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Il Napoli dovrebbe giocare sempre contro squadre forti

Solo 4 occasioni create e una conclusione in più rispetto all’Empoli. È il solito problema di testa: non riuscire a esprimersi contro avversari meno forti.

Il Napoli dovrebbe giocare sempre contro squadre forti

Dominio al piccolo trotto

Quando ieri ho scritto di pancia su Empoli-Napoli, ho utilizzato dei termini precisi: «Il Napoli ha rischiato di pareggiare la partita dopo averla dominata nel primo tempo. Senza giocarla nemmeno al massimo. Accelerando tre volte in tutto». Non avevo il conforto dei numeri, ora ce l’ho. Al 90esimo, Napoli ed Empoli si sarebbero ritrovate con un numero similare di conclusioni tentate (11 a 10 per la squadra di Sarri), e, soprattutto, con un’identica quota di occasioni create in open play. Solo quattro in novanta minuti, che è una quota più o meno comprensibile per una squadra da 17 reti in campionato. Ma che, invece, è assolutamente non giustificabile per il miglior attacco del campionato. Sotto, la mappa delle 6 conclusioni tentate dal Napoli in 90′ e finite nello specchio della porta.

Le tre reti, il rigore fallito e le due conclusioni di Mertens e Callejon nella ripresa.

Per questo, parliamo di una partita in cui il dominio “vero”, quello che siamo abituati a considerare come tale e che (molto spesso) appartiene al Napoli di Sarri, non c’è mai stato. Tantomeno nella ripresa, da parte dell’Empoli. Si sono viste in campo due squadre dai valori tecnici troppo distanti, che hanno sbloccato la propria partita attraverso situazioni episodiche. E il giudizio non può essere positivo, soprattutto in relazione ai due gol subiti.

Fosse finita 0-3 o anche 1-3, si sarebbe parlato (giustamente) di Napoli cinico e in controllo della partita. Quattro occasioni costruite, tre gol segnati e zero (o uno) subiti. Juve-style, insomma. Con qualche riserva per un secondo tempo di gestione non proprio eccelsa. Il risultato, invece, è prossimo al pareggio e orienta il giudizio, aumentando il peso dei numeri negativi. Il Napoli ha giocato in maniera discreta nel primo tempo, ed è bastato per fare tre gol all’Empoli. Ha cercato di congelare la partita nella ripresa, non ci è riuscito e ha rischiato. Quindi, non ha giocato bene. Vediamo perché.

Approccio

L’inizio della partita ha detto tutto quello che c’era da dire. L’Empoli è una squadra organizzata, ben messa in campo, coraggiosa. Difesa alta, approccio proattivo, pressing continuo. Sotto, un fermo immagine eloquente sull’avvio della squadra di Martusciello. Che, però, ha pagato, paga e pagherà l’inadeguatezza dei suoi interpreti, la scarsa qualità di gran parte dell’organico per questo tipo di gioco – e per qualsiasi stile in un qualsiasi impegno di Serie A. Il rigore di Mertens e il gol di Insigne nascono da due palle rilanciate male, ad esempio. Ovvero, come vanificare una buona impostazione a causa di doti tecniche e di lettura non conformi al livello del contesto.

Il piano gara dei toscani era basato sulla limitazione della costruzione bassa del Napoli (il pressing alto sui centrali difensivi, talvolta anche su Reina, e la marcatura a uomo di Jorginho) e su una proposta offensiva limitata al lancio lungo. Da qui la scelta di inserire Thiam accanto a Pucciarelli. Per verificare questa impostazione, basta leggere i dati riferiti ai passaggi lunghi: l’Empoli ha lanciato per 64 volte la sfera su 385 tentativi.

Nel quadrato giallo, El Kaddouri a uomo su Jorginho. Thiam rientra dal pressing su Reina cercando di attaccare Albiol, il Napoli viene preso in alto nella sua metà campo. Siamo al decimo minuto, Mertens ha già tirato e fallito il suo rigore. E l’atteggiamento dell’Empoli è ancora e sempre aggressivo.

Il Napoli del primo tempo risponde agli avversari con una partita a strappi: solito sbilanciamento del gioco a sinistra (sotto, la heatmap azzurra dei primi 45′), ma poche discese sul fondo (appena 4 cross tentati); un buon predominio territoriale, ma soprattutto una sola conclusione concessa agli avversari, tra l’altro dalla distanza. La differenza di qualità è bastata per mettere le fondamenta del risultato: tre accelerazioni vere, due rigori conquistati e il gol di Insigne. Più una punizione da 30 metri messa nel sette. Il minimo sindacale per chi giudica male, una squadra cinica e più forte per chi invece è del partito ottimistico.

La ripresa

Cosa è successo nella ripresa? Il Napoli ha completamente perso il controllo della partita, semplicemente. Altrettanto semplicemente, si tratta di una questione di concentrazione e distanze. Quando la squadra di Sarri gioca male è perché non riesce più a rimanere corta sul terreno di gioco. Il gol subito dall’Empoli, quello che ha trasformato un secondo tempo appena sufficiente in un mezzo incubo, nasce proprio dall’eccessivo spazio tra i reparti. E da una lettura non sbagliata, ma assolutamente “fuori contesto” di Diawara.

Come il Napoli ha concesso la punizione dell’1-3. Nel primo frame, a sinistra, vediamo un attacco in pressing combinato di Diawara e Allan. Sarebbe una scelta giusta, se non fosse per quello che evinciamo dal secondo fermo-immagine. La pressione del centrocampista ex Bologna non è assecondata da una posizione abbastanza alta della linea difensiva. Solo Allan ha seguito il compagno di reparto, cancellando però in maniera totale la presenza del centrocampo. Nessuna copertura preventiva su El Kaddouri, che a quel punto ha tutto lo spazio del mondo (secondo frame, cerchio giallo) per correre in verticale verso la porta. La presenza in attacco di due uomini non consente, ai tre difensori rimasti (Hysaj, Albiol e Chiriches), che la corsa all’indietro. Callejon rimonta ma è costretto a fare fallo.

La scelta “fuori contesto” di Diawara è una pressione che, in qualche modo, non fa parte di questa partita in questo momento di gioco. Il Napoli è slegato, poco concentrato nell’applicazione dei suoi principi di gioco e non riesce più a recuperare il pallone in posizione avanzata. Insomma, è un dispositivo organico che diventa vulnerabile al primo attacco organizzato. Una situazione del genere si era verificata anche nella partita con il Sassuolo. Fu ancora Diawara, in quel caso, a sbagliare. Allora, però, si trattò di un pressing troppo pigro. Questa volta, il centrocampista guineano non è entrato bene in una squadra che già di per sé stava giocando male.

Poca precisione

Una disposizione imperfetta in campo ha un valore duale per il Napoli, è una specie di circolo vizioso: la qualità dei passaggi diminuisce perché i calciatori, semplicemente, non si trovano; questo non trovarsi pregiudica ancor di più lo status mentale dei calciatori stessi. Che, quindi, sbagliano ancora di più negli appoggi. In un primo tempo caratterizzato dal pressing dell’Empoli, il Napoli ha messo insieme una pass accuracy del 85%. Nella ripresa, questa quota è scesa fino all’81%. A fine partita, 142 appoggi sbagliati sono troppi per una squadra che fa del possesso un mezzo e un fine per trovare il risultato. Sotto, la mappa con tutti i passaggi sbagliati.

Conclusioni

Una partita difficile, diciamo pure storta. Il fatto che sia venuta così proprio contro l’Empoli ci spiega ancora una volta il grande limite del Napoli: non riuscire a esprimersi al meglio contro avversari dai valori molto più bassi. Del resto, anche il match contro il Crotone non aveva fatto gridare alla grande prestazione. Il risultato e un primo tempo giocato in maniera matura sono due cose da salvare, insieme alla prestazione di un Insigne arrivato ormai a livelli assoluti. Nel dopopartita, Sarri ha spiegato che il match contro la Juventus è praticamente già preparato a livello di motivazione. Quindi, tutto pronto a livello mentale. Dovrebbe essere così sempre, e sarebbe l’upgrade più importante da fare per una squadra bellissima e forte, ma ancora tremendamente ingenua. E che quasi sembra riuscire a far vedere le proprie cose più belle solo contro squadre forti, o almeno di un certo livello.

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