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Il dramma di Quagliarella deve far interrogare noi napoletani (e il Napoli)

La sua intervista alle Iene. Il calvario, il Napoli che lo scarica, l’impossibilità di camminare nella sua terra, una carriera rovinata.

Il dramma di Quagliarella deve far interrogare noi napoletani (e il Napoli)
Quelle scuse al San Paolo, con la maglia del Torino, che i tifosi granata non gli hanno mai perdonato

Lo abbiamo massacrato urlando al suo indirizzo le offese peggiori. Quando è andata bene lo abbiamo accusato di tradimento, ma purtroppo non ci siamo fermati al minimo sindacale. Mentre lui, lo scopriamo oggi, viveva, dignitosamente e nel silenzio più totale, una vita di terrore ed impotenza.

Parliamo naturalmente di Fabio Quagliarella l’ex attaccante del Napoli che oggi sappiamo essere stato ceduto alla Juventus per delle accuse false e infamanti provenienti da uno stalker.

La condanna allo stalker Raffaele Piccolo

Il fatto è ormai noto. È di pochi giorni fa la sentenza di condanna dell’ispettore della Polizia Postale, Raffaele Piccolo, che per quasi cinque anni ha stalkerizzato l’ex attaccante del Napoli, oggi alla Sampdoria. Cinque anni in cui si sono susseguite, come ha raccontato ieri sera alle Iene il calciatore, minacce, lettere anonime, accuse di pedofilia, di associazione alla camorra e di implicazione nel calcio scommesse: “Sono passato per l’infame della situazione e, credimi, passarlo davanti alla propria gente fa male”, ha dichiarato ai microfoni di Giulio Golia delle Iene.

“Mi accusavano di tutto. Da foto di ragazzine nude, dove diceva sotto che ero un pedofilo, che avevo a che fare con la camorra, che avevo a che fare con la droga, che avevo a che fare col calcio scommesse. Stiamo parlando di centinaia e centinaia di lettere, non di una o due lettere o due messaggi anonimi”.

La paura di camminare nella sua città

Per cinque anni a Fabio è stato impossibile camminare per Napoli, la sua città: ha vissuto nel quotidiano timore che potesse accadere qualcosa a sé e ai suoi cari.

«A mio papà, quando ero in giro, gli arrivava un messaggio dove gli dicevano “Tuo figlio è in giro per Castellammare e ora gli spezziamo le gambe, lo ammazziamo”. A volte io ero fuori casa e avevo due o tre chiamate perse di mio papà perché io ero impegnato e mi preoccupavo. Quando uscivi di casa, a un certo punto ti guardavi intorno, ti sentivi osservato, ti sentivi minacciato. Non sapendo chi fosse, guardavi tutti con altri occhi, con occhi dubbiosi”.

Tutto inizia per un problema al cellulare

Inizia tutto con un problema di password del cellulare, dopo un tentativo di violazione del suo Messenger. Quagliarella si rivolge ad un amico gestore di un negozio di telefonini: è lui a consigliargli di rivolgersi alla Polizia Postale, dove ha un amico. L’amico in questione, cui Quagliarella chiede aiuto, è Raffaele Piccolo, l’ispettore che lo aiuta e che pian piano si insinua nella vita e nella famiglia di Fabio che gli apre le porte di casa sua fino a diventare un amico di famiglia. Piccolo chiede autografi, ingressi allo stadio, magliette. Quando Fabio prova a frenare le sue continue richieste, evidentemente Piccolo si scatena e inizia lo stalkeraggio. È a Raffaele Piccolo che si rivolge Fabio appena iniziano ad arrivare le prime lettere anonime. Ed è sempre l’ispettore della Polizia Postale a offrirsi di fare lui le denunce del caso.

«Ogni volta, ogni viaggio che dovevo tornare a Napoli, cercavo di nascondermi, di camuffarmi. Cappelli, occhiali per evitare che qualcuno mi dicesse qualcosa – racconta – Gli amici mi dicevano: ‘Dai, andiamo a farci un giro in qualche locale’ ma io dicevo no. Ma ci tengo sempre a dire che non è che tutta la gente è così, perché non vorrei che passasse una brutta immagine della mia Terra. Anzi. Non potevo andare da nessuna parte, non mi potevo godere la mia gente».

Le lettere infamanti arrivano alla Società Calcio Napoli

Le stesse lettere insinuanti arrivano, nello stesso periodo, alla Società Calcio Napoli che si affretta a liberarsi dell’attaccante cedendolo alla Juventus. “La Juventus mi aveva già cercato prima – racconta il calciatore alle Iene – ma avevo rifiutato”. E invece il passaggio alla Juventus viene fatto passare come un tradimento che i napoletani non perdonano. “Hanno detto che ero passato alla Juventus per i soldi, ma ho preso gli stessi soldi che prendevo nel Napoli”, commenta. E racconta: “Mi ricordo che dovevamo andare a giocare in Svezia. Io ero uno dei titolari. Prima della gara mi chiamarono e mi dissero: ‘No, tu non giochi, non giochi perché ti abbiamo venduto alla Juve, quindi fai meglio a non giocare’. Fu un attimo di shock”.

Anche gli amici sono screditati dallo stalker

Iniziano ad essere screditati anche gli amici di Quagliarella. In particolare Giulio, il suo amico d’infanzia, che viene convocato all’improvviso dalla DDA di Castellammare, che gli mostra un fascicolo aperto a suo carico, in cui pure lui viene accusato di ogni sorta di nefandezza. Raffaele Piccolo si è ingelosito dell’amicizia di Fabio con il suo compagno di giochi di infanzia e ha deciso di colpire anche lui.

L’errore dell’aguzzino e lo smascheramento

Poi, l’aguzzino commette un errore. Parlando con il padre di Quagliarella, Raffaele Piccolo gli dice di aver iniziato a ricevere anche lui messaggi intimidatori. Il padre gli chiede di mostrargliene il contenuto e l’ispettore dichiara di averli cancellati dal telefonino. È a questo punto che il papà del calciatore si insospettisce e racconta tutto a Fabio. Ma non lo convince subito: non è possibile credere che l’unico che sembra vicino alla famiglia sia proprio la causa di tutti i suoi mali.

Poi Fabio e suo padre vanno alla polizia a raccontare i loro sospetti. Finora hanno pensato che le forze dell’ordine stessero indagando sul molestatore anonimo ma scoprono che nessuna denuncia è mai stata depositata perché colui al quale si sono rivolti in cerca di aiuto è, in realtà, il loro terribile aguzzino.

La sentenza finale che lascia l’amaro in bocca

La sentenza finale arriva qualche giorno fa, dopo un calvario durato anni: condanna lo stalker a 4 anni e 8 mesi di detenzione che, si rammarica il papà di Fabio, visibilmente commosso e provato anche lui di fronte a Giulio Golia, “non sconterà mai” perché la giustizia italiana prevede il ricorso, tempi lunghi e prescrizione. E anche il fatto che la condanna sia quasi più breve del periodo di terrore e sofferenza inflitto alla famiglia lascia l’amaro in bocca.

Fabio si emoziona raccontando il ruolo svolto dal padre nella brutta vicenda che gli è capitata: “Mio papà ha fatto dei sacrifici notevoli, come tante famiglie al Sud. Io a volte gliel’ho detto che con tutte le possibilità che ho ora, ringraziando il Signore che mi ha dato la mia dote, io non so se sarei capace di fare i sacrifici che ha fatto lui. Crescere quattro figli senza farci mai mancare niente. Quando parlo di lui ne parlo in modo orgoglioso. Avere un figlio che giocava nel Napoli…”.

La carriera nel Napoli stroncata

L’amarezza più grande è proprio che tutto questo ha stroncato una carriera che prometteva bene in una squadra oggi fortissima, il Napoli. Fabio racconta che il suo sogno di sempre sarebbe stato indossare, nel Napoli, la fascia di capitano, di arrivare a giocare nel Napoli di oggi, che vede fortissimo. Tutto questo, invece, gli è stato negato da una subdola persecuzione che ancora non trova una spiegazione logica.

Se il Napoli ti richiamasse? Gli chiede Giulio Golia: “Per me sarebbe già solamente bello se mi richiedesse. Solo se passasse per la testa di un mio ritorno. Poi le trattative sono altre cose”, risponde lui. Poi Golia spiega che però Fabio ha dichiarato di essere profondamente legato alla Sampdoria e alla sua tifoseria.

L’allontanamento dal Torino

Quagliarella è stato già allontanato dal Torino per un gesto rivolto alla curva napoletana con cui chiedeva silenziosamente di essere capito, anche se non poteva spiegare l’accaduto, per cui è comprensibile che, oggi, cerchi di tutelare la sua posizione nel calcio.

“Ho giocato col Toro a Napoli. Era per dire: ‘Io contro di voi non ho niente, voi non mi avete fatto niente e neppure io a voi. Capitemi’”, racconta riferendosi alle mani unite verso la curva del Napoli durante la partita Napoli-Torino, in cui segna un rigore contro la sua ex squadra. Era quasi un chiedere perdono, il suo, ascolto, una preghiera e invece fu proprio quel gesto a fargli rompere ogni rapporto con il Toro.

Dal lato della Società

Le Iene non indugiano troppo sul lato della Società Calcio Napoli, sul suo punto di vista, sulle motivazioni che spinsero De Laurentiis a sbarazzarsi di Quagliarella. E in questo non li seguiamo, giornalisticamente parlando. Ci rendiamo conto che forse Fabio avrà preferito non chiamare in causa il presidente o che le stesse Iene lo abbiano ritenuto inopportuno nell’economia del servizio dedicato al calciatore. Ma almeno una domanda alla società, a nostro parere, andava fatta. Perché dare credito in modo così sbrigativo a voci screditanti neppure confermate? Perché non dargli la possibilità di difendersi, prima di decretarne la cessione? Perché non offrire al calciatore un supporto, sia giuridico che, soprattutto, morale, tenendolo con sé? Domande che resteranno insolute, come resterà indelebile la sconfitta del tifo partenopeo, che oggi solo in piccola parte chiede scusa all’ex attaccante azzurro, e della città tutta. Ma, soprattutto, della Società.

Una sconfitta per tutti

Intanto resta una vicenda bruttissima, di grande solitudine, di sconfitta per tutti, ma soprattutto per un calciatore che oggi, sì, segna un gol importante con la condanna del suo stalker, ma che non riceverà mai più indietro ciò che gli è stato ingiustamente tolto per un comportamento folle e immotivato, del quale non ha potuto fare parola finora per salvarsi: un futuro nel Napoli, la squadra della sua città. Che non ha esitato, tuttavia, a scaricarlo di fronte ad accuse immotivate solo in nome di un tradimento, quello di essere passato con la Juve, cessione che, tra l’altro ha dovuto subire. È vero: non sapevamo nulla di questa storia, non avevamo gli strumenti per giudicare. Eppure lo abbiamo fatto e questo resta. E a scaricarlo sono stati anche i tifosi del Torino. Il tifo e il calcio ne escono ancora una volta sconfitti.

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