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Caro Higuain, invece sei proprio un traditore (ma la Juve non c’entra nulla)

Un’analisi personale del caso Higuain: non è un problema dove sia andato a giocare, ma il modo scelto per farlo. Gonzalo è un opportunista mascherato da professionista.

Le ragazze dei calciofili e la loro condanna

Scrivo questo pezzo di mia iniziativa, dopo aver letto quello di Luigi Rusciano, “Grazie Higuain per me non sei un mio traditore”. È una risposta a quelle parole, ma anche una chiarificazione necessaria in vista di Napoli-Juventus. E poi lo devo alla mia ragazza. Voi direte: e cosa c’entra? C’entra, c’entra.

Lei è una specie di condannata al calcio, io e suo fratello la costringiamo a sentir parlare di questo sport praticamente da sempre. Poi ci si è messo il fatto che io abbia iniziato a lavorarci, col pallone. Quindi, la sentenza definitiva: lei, attraverso me, è costretta a sentir parlare di calcio giocato, di calciomercato, di reazioni dei tifosi e tutto il resto della storia. Povera figlia.

Le devo questo pezzo perché una sera, sotto casa sua, siamo stati un’ora a parlare di Higuain alla Juventus. Lei è siciliana, ma si è laureata a Napoli e quindi apprezza la nostra città e i suoi abitanti. Quella volta, però, insisteva su un concetto su cui non ero d’accordo. Su cui io, personalmente, non ero d’accordo. Il concetto che sta alla base di questo pezzo, che mi ha permesso di costruire un certo titolo.

Lei diceva che i napoletani «si sono incazzati in questo modo, per Higuain, solo perché è stato ceduto alla Juventus». Le ho spiegato che a me, che sono napoletano, non importa una mazza della Juventus. Il fatto che sia andato ai bianconeri è un’aggravante, se vogliamo, ma non è il nocciolo del problema. Higuain resta un traditore per il modo in cui è andato via. Avrei detto lo stesso se fosse andato, nella stessa identica maniera, all’Arsenal o al Bayern Monaco.

Rifiutare l’ipocrisia

Con questo, ovviamente, non voglio dire che sia felice che Higuain abbia scelto la Juventus. Sono stato perfettamente d’accordo con un mio amico che su WhatsApp, il giorno del suo sbarco a Torino, l’ha apostrofato con un napoletanissimo “Faccia Gialla”.  Ma è stata una reazione a caldo. Come ho letto nei commenti sotto il pezzo di Rusciano, il tifo è bello per questo. Perché è irrazionale. Però non è detto che debba esserlo per forza, e in maniera perpetua. E allora ho ragionato un po’, mi sono fatto due conti (economici) e due domande (esistenziali) e sono arrivato alla mia conclusione sulla vicenda: Gonzalo Higuain è un traditore? Assolutamente sì. Ma la Juventus non c’entra niente.

Gonzalo Higuain è un traditore perché si è fatto vedere solo ed esclusivamente a cose fatte. Per le visite mediche a Madrid, come un ladro, di notte. Perché non si è mai assunto la responsabilità di questa sua scelta nei confronti del suo pubblico. Non di quello con cui saltava, cantava i cori della città: stigrancazzi, la prima parte del pezzo di Rusciano è perfetta e Higuain è un professionista. Il suo mestiere è giocare a calcio, non sentire l’amore di 55mila persone in uno stadio e tutte quelle altre fuori. Non ha disatteso promesse, ha fatto quello che si sentiva di fare, sempre. Prima e dopo.

Ci sarà un motivo per cui i tifosi della Roma amano così tanto Totti, no? Ecco, è lo stesso motivo per cui noi non amiamo così tanto Ferrara o Cavani, ma magari Hamsik sì. Ognuno, dal punto di vista emotivo, si qualifica per quello che è attraverso quello che fa – è la frase simbolo dello splendido film Batman Begins. E i calciatori sono professionisti dello sport, non dei sentimenti.

La cosa più facile

Gonzalo Higuain è un traditore perché ha fatto una scelta “normale”, per alcuni pure condivisibile, nel modo peggiore possibile. Sentendosi in diritto di spiegarne i motivi solo dopo, dicendo che non è stata colpa sua, anzi soprattutto non dicendo niente quando era il momento. Quando mi sono espresso sulla vicenda, i miei interlocutori (compresa la mia ragazza) mi hanno sempre chiesto: “E cosa avrebbe dovuto fare?”. Una cosa semplice, ma al tempo stesso difficilissima.

Dopo Napoli-Frosinone, dopo Argentina-Cile, o comunque anche un’ora prima di sbarcare a Caselle, avrebbe dovuto presentarsi in conferenza stampa o rilasciare un’intervista al Corriere di Capracotta. E avrebbe dovuto dire quello che ha detto a Vinovo, in giacca e cravatta prima di abbracciare Marotta: «Vado via per colpa di Aurelio De Laurentiis». Vi dimostro la mia buona fede: avrebbe potuto dire questo senza menzionare la Juventus. Della Juventus, vi giuro, a me non importa. L’ho capito dopo: non è mai importato davvero. Invece Gonzalo ha scelto la cosa più facile. Il silenzio, prima. E dopo, sparare sul bersaglio più facile da colpire.

Qualcuno mi e vi riporterà con la memoria a giugno, alle parole di quell’altro bel tipo di Nicolas Higuain. Le prime avvisaglie. Mi potreste dire “Sì, ma lui aveva avvertito”. Facendo parlare chi, Nicolas? E facendogli dire cosa? Che «a queste condizioni noi non rinnoviamo»? Perdonatemi, non è la stessa cosa. Il suo è stato puro opportunismo mascherato da professionismo. Sì, perché uno è professionista e professionale quando si assume la responsabilità di questa sua condizione. Quando è il momento, però. Non dopo.

Il ritorno

Ora Higuain tornerà a Napoli, e per me è solo il centravanti di un’altra squadra. Il fatto che sia un ex calciatore del Napoli fa parte del ciclo della vita. Il calcio, del resto, è una riproduzione delle dinamiche umane con dentro un pallone che rotola e rimbalza su un prato. Quindi capirei e capirò i fischi del San Paolo. Anzi, fischierei anch’io. Ma avrei fischiato comunque, qualsiasi colore avesse avuto la sua maglia da avversario. Probabilmente fischierei un po’ di più perché ora gioca con “loro”? Non lo so, a quasi un anno di distanza credo di aver riflettuto così tanto a freddo che la reazione calda oramai sia superata. Ci sono altri che proprio non ce l’hanno fatta, non li comprendo ma non è cosa che mi riguarda. Io sono del Napoli, ma a modo mio.

Non ne farei nemmeno una questione di città “etichettabile” o troppo radicata nel passato, come scrive Rusciano. Perché è successo ovunque, e succederà ovunque. Barcellona (Figo), Milano (Ronaldo e Leonardo), la stessa Torino. La Juventus, con Pogba. In parecchi scrivono e hanno scritto che Paul è un professionista, è andato a Manchester per soldi quindi tutto giusto. Intanto, però, gioca l’Europa League e noi la Champions. È un odio più sottile, un vaffanculo più subdolo, se vogliamo meno eticamente condannabile e più etimologicamente raffinato di quello dei napoletani. Questo posso dirlo anch’io, lo riconsoco. Ma è lo stesso genere di cosa: noi viviamo nella retorica dell’amore, loro in quella delle vittorie. A ognuno la propria autonarrazione.

Vedrete: succederà, presto o tardi, con Dybala. Che non verrà a Napoli, e questo è normale. Normale, come Higuain che va alla Juventus. Ma si è sempre meridionali di qualcuno. Basta rendersene conto, esattamente come quando si ha a che fare con la gente. Con certa gente. Perché non è tanto chi sei, ma quello che fai, e come lo fai, che ti qualifica. Professionista, uomo, traditore o salvatore della patria. Ognuno, facendo, decide qual è il proprio destino.

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