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Camorrino (Proforma): «La comunicazione nel calcio è sottovalutata, il Napoli è una miniera»

L’esperto di comunicazione politica: «De Laurentiis è all’avanguardia, sa comunicare Ma non ha ancora dotato il Napoli di una narrazione coerente che avrebbe un effetto dirompente. Sarebbe un pioniere in Italia»

Camorrino (Proforma): «La comunicazione nel calcio è sottovalutata, il Napoli è una miniera»

Grande imprenditore e grande comunicatore

«De Laurentiis è un grande imprenditore, un comunicatore, non potrebbe essere altrimenti per uno che lavora nel cinema da una vita. Da tifoso del Napoli, lo amo. È uno dei pochissimi che conosce il valore della programmazione che al giorno d’oggi sembra quasi una parolaccia. Pensa di cinque anni in cinque anni in un settore come il calcio in cui si ragiona a venti giorni. Però, probabilmente, sconta il suo essere uomo di un’altra generazione. È novecentesco. Non si rende conto che il Napoli potrebbe essere la prima società di calcio in Italia a dotarsi di una propria narrazione e, per tante ragioni, è la società che potrebbe farlo meglio di qualsiasi altra».

A parlare è Andrea Camorrino, napoletano, socio di Proforma società leader della comunicazione politica. Proforma ha contribuito a cambiare il modo di comunicare in Italia. Ha contribuito non poco al successo di Nichi Vendola. Oggi è un punto di riferimento (se non il punto di riferimento) per tutto quel che si muove soprattutto nel centrosinistra. Chi meglio di lui per parlare della comunicazione del Napoli?

Non è stato populismo il suo

Il punto di partenza della nostra conversazione è ovviamente l’esternazione post Napoli-Real Madrid. Quell’attacco all’informazione del Nord. Che il Napolista ha bollato come populistica. Un’interpretazione che Camorrino non condivide: «Populistica? Non lo so. Diciamo la verità, a parte la caduta di stile sul giornalista Malfitano, che si sarebbe dovuto risparmiare, che cosa ha dichiarato di sbalorditivo De Laurentiis a proposito della Gazzetta e dell’informazione del Nord? Niente. Ha voluto implicitamente dire che il re è nudo. Non credo che queste sue esternazioni siano dovute al desiderio di recuperare consenso tra i tifosi, spesso le uscite di De Laurentiis sono invece impopolari. Quindi non vedo populismo nella sua performance televisiva.

Ci considera provinciali

Credo invece che lui consideri l’Italia e il mondo del calcio – compresi noi tifosi – molto provinciali. A un certo punto raggiunge il livello di non sopportazione (per evitare una frase volgare) e ce la racconta tutta fino in fondo. Non credo fosse figlia di una fredda e studiata strategia. La sua intervista ci ha fornito due conferme: la prima è che lui sa comunicare; la seconda è che non si capisce come mai non si adoperi affinché il Napoli abbia una comunicazione all’altezza sua e della squadra che ha costruito, come ha peraltro detto al Napolista anche Mario Bologna».

Andrea Camorrino

Per Camorrino, De Laurentiis è tutt’altro che uno sprovveduto: «Non scherziamo. De Laurentiis è molto più avanti di quel che siamo soliti immaginare. Gli è stata affibbiata, o si è lasciato affibbiare, quest’etichetta di provincialotto persino un po’ cafone. È una tesi che mi fa sorridere. Parliamo di un imprenditore che gira il mondo, vive tra gli Stati Uniti e l’Italia, ultimamente sta andando in Cina per espandere il proprio mercato, fa affari con il cinema e col calcio, e viene bollato come provinciale da chi magari a stento ogni tanto fa un viaggio all’estero o non varca nemmeno i confini dell’Italia. Poi, lasciatemelo dire, l’analisi giornalistica della comunicazione talvolta lascia il tempo che trova. Ricordo un dottissimo editoriale sulla scelta di un brano in una convention politica senza sapere che fu frutto di un caso: l’addetto era andato in bagno e il tecnico fece partire la sua playlist personale».

Il linguaggio del calcio ormai simile a quello della politica

Resta il fatto che la comunicazione del Napoli lascia a desiderare, per usare un eufemismo. È una comunicazione umorale perché risente dell’umore di De Laurentiis. «Qui mi piacerebbe allargare il discorso. Quale club italiano ha una comunicazione all’altezza? Rispondo io: nessuno. Fare comunicazione vuol dire costruirsi una narrazione coerente. E Napoli è il luogo ideale per elaborare questo racconto realmente popolare. Sarebbe fichissimo se la prima società di calcio in Italia a realizzare un percorso di comunicazione degno di questo nome fosse il Napoli.

Paradossalmente, il calcio in Italia è sottovalutato. Riesce a smuovere passioni come null’altro, ha una potenza incredibile. Solo il sesso ha la stessa forza dirompente. Non a caso, la comunicazione è piena di allusioni calcistiche e sessuali. Eppure nel calcio una comunicazione efficace non esiste. Oggi, poi, sarebbe anche più semplice. Viviamo in un periodo storico in cui la politica e il calcio utilizzano linguaggi simili, iperconosciuti. Non c’è più il linguaggio della prima repubblica, l’ormai dimenticato politichese. È tutto uno strattonarsi e gridare al rigore se c’è o non c’è a seconda della convenienza. In politica come col pallone».

Domenica il Napoli ha sbagliato

Per fare un esempio non bisogna tornare chissà quanto indietro. Camorrino, come il Napolista, pensa che domenica il Napoli abbia perso un’occasione dal punto di vista comunicativo. «Se muovi quelle accuse, come ha fatto De Laurentiis, poi non ti puoi fermare. Quale impatto avrebbe avuto domenica il Napoli se fosse andato in tv a dire che con ogni probabilità Rog andava espulso e che comprendeva i mal di pancia sui rigori assegnati? Sarebbe stato dirompente dal punto di vista comunicativo e sarebbe stato coerente col messaggio di pochi giorni prima. La coerenza nella comunicazione è tutto. Avrebbe inviato un messaggio spiazzante: a noi interessa il rispetto delle regole, non vincere la singola partita magari con decisioni arbitrali dubbie. E invece si è trincerato nel consueto balbettio del post-partita, c’era rigore su Mertens e le dichiarazioni che abbiamo ascoltato. La solita minestra. Debole».

 

De Laurentiis è figlio della sua generazione

Sul perché De Laurentiis non abbia compreso l’importanza della comunicazione per il Napoli, Camorrino un’idea ce l’ha: «Beh, è anche figlio della sua generazione. È novecentesco, non c’è nulla di male, è semplicemente così. Ricordo quando escluse le testate web dalla presentazione di Sarri o anche da qualche conferenza stampa. Errori non solo comunicativi. Errori che evidenziano un’incapacità di cogliere le risorse di questo momento storico. Il web, i social, sono strumenti di dis-intermediazione, ti consentono di non dover ricorrere ad altri. Adesso non vorrei scantonare, ma De Laurentiis dovrebbe guardare (solo per questo aspetto, si intende) all’esperienza di Trump, alla sua campagna elettorale. Trump ha vinto le elezioni anche perché ha detto: “voi giornalisti siete elite e ci avete rotto”».

Creare il racconto del Napoli

Camorrino, che vive di comunicazione da vent’anni ed è reduce dal Lingotto di Torino dove ha seguito il Pd, ha le idee chiare: «Il calcio ti offre la possibilità di scrivere un grande romanzo. Puoi decidere tu l’indirizzo che vuoi dare al racconto, senza attendere che lo facciano gli altri. Sei tu che stabilisci il canovaccio. Gli altri, e per altri intendo i media, sarebbero costretti a inseguire. Chi più di Napoli e il Napoli offrono la possibilità di fare questo? È la città ideale per una simile operazione. Voglio rovinarmi, faccio qualche esempio. Pensiamo al Napoli raccontato dai calciatori del Napoli, a un calciatore che racconti un suo errore, che parli di un suo infortunio. Penso all’umanizzazione dei sentimenti, a un canovaccio comunicativo che a Napoli sarebbe potentissimo. Ma non una tantum, ovviamente. Serve un disegno, serve quella programmazione di cui De Laurentiis si è fatto portatore nel calcio dove invece si cambia idea ogni cinque giorni».

Meno intemerate e più con-senso

Meno intemerate e più con-senso. Questo è l’indirizzo da seguire. «Il Napoli procede a strappi. Non capisco il silenzio stampa ma non è nemmeno questo il problema. Mina non parla ma lascia parlare i suoi dischi. Il problema è, se parli, come parli. Quando decidi di farlo. Quale sia la strategia. Indire un silenzio stampa dopo le dichiarazioni di Madrid è un segno di debolezza, equivale ad ammettere di aver sbagliato e di non essere in grado di gestire le conseguenze della situazione che è stata creata. Così come debole è stata in questi mesi la gestione comunicativa del rapporto tra De Laurentiis e Sarri. Il Napoli subisce troppo, gioca troppo spesso in difesa. E invece avrebbe un universo da raccontare. Nella comunicazione conta la ciccia, la sostanza, i guru non servono a nulla. La comunicazione funziona se hai qualcosa da dire. E una città come Napoli, una squadra come Napoli, con De Laurentiis e Sarri offrono tanta sostanza in un contesto che sembra nato per essere comunicato».

Ogni tanto, aggiunge Camorrino, «sembra che prendano per i fondelli. Come nel caso dell’incontro Sarri-De Laurentiis. Possiamo mai pensare che abbiano parlato 28 minuti di sceneggiature e di cinema? Non è credibile. Hanno seguito il comandamento di Benitez: “il calcio è bugia”. Ma, ripeto, va incastonato in una trama». Come quella del marchese del Grillo? chiediamo provocatoriamente facendo riferimento alla famosa frase “io so’ io e voi nun siete un cazzo”. Camorrino ci pensa qualche secondo e poi risponde: «No, così è troppo brutale, è esagerato».

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