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Allegri e Sarri: il duttile vincente (poco amato) e l’esteta dogmatico adorato dai napoletani

Analisi e confronto di due tecnici che sono due casi di studio sul calcio e sulla percezione calcistica. Il camaleonte liquido contro il maestro di (un certo) calcio.

Allegri e Sarri: il duttile vincente (poco amato) e l’esteta dogmatico adorato dai napoletani

Il bello in comune

Maurizio e Massimiliano. Probabilmente, saranno anche amici. Prima di ogni sfida, saluti e abbracci e sorrisi. Giusto così, ci mancherebbe. Colleghi, toscani, gente di gavetta. Probabilmente, due delle facce felici di Napoli-Juventus. Le migliori, anzi. Il miglior clima possibile, come visto anche dai complimenti di chi ha perso (Allegri) nella corsa alla panchina d’oro. E un riferimento continuo (forse anche eccessivo) alla forza sul campo della Juventus da parte di Sarri. Una forza che arriva anche, se non soprattutto, da un tecnico che ha saputo dimostrare, col tempo e sul campo, un valore ch non tutti erano pronti a riconoscergli.

Diversità

Parliamo proprio di Max, prima che di Maurizio. Allegri è un caso di studio calcistico e della percezione calcistica. Arrivare dopo Conte, in una situazione complessa come un ritiro appena cominciato dopo uno scudetto da 104 punti, e migliorare i risultati dell’ingombrante predecessore. Eppure, non far mai breccia nei tifosi, non entrare mai nel loro cuore. Tanto da essere attaccato, come primo bersaglio mobile, ad ogni momento di difficoltà tecnica e tattica. Questioni di gioco, di moduli, di uomini. Di gioco non scintillante ma redditizio. Ogni occasione è buona o quasi per criticare un allenatore che, numeri alla mano, ha vinto due scudetti (e mezzo) su tre, due Coppe Italia (con superattico sulla terza finale di fila) e in Europa ha raggiunto il miglior Conte in due occasioni, toccando anche la finale di Berlino.

Ma che, soprattutto, è riuscito a fare una cosa complicata: trovare sempre la miglior Juventus possibile, sempre risultati alla mano, pur vivendo due rivoluzioni di mercato. Quella del 2015, Dybala, Mandzukic, Alex Sandro e via discorrendo (con le partenze di Pirlo, Tevez Vidal, senza mai lamentarsi); e quella del 2016, Higuain, Pjanic ce le ricordiamo. È un merito enorme: Allegri ha dimostrato di essere un tecnico liquido, fluido, capace di adattare se stesso al materiale a disposizione. Di cambiare. A questi livelli, è una dote di un certo peso. A meno che non sei un tecnico come Maurizio Sarri.

L’estetica

È strano che il secondo tecnico dell’ultimo campionato, terzo in quello in corso (quindi abbastanza bene pure quest’anno) abbia una narrazione completamente diversa rispetto a quella di Allegri. Un dogmatico del bel gioco, un asceta dell’estetica, uno che cambia poco (inteso come modo di giocare, di far stare la squadra in campo) e che giusto da pochissimo ha scoperto le gioie della rotazione dell’organico.

Difficile immaginare o descrivere un profilo tanto diverso da quello di Allegri  Anche Sarri è un caso di studio sulla percezione: il suo indice di gradimento è stabile, sempre altissimo, probabilmente come solo Vinicio nella storia azzurra. È una bella cosa, ci mancherebbe. È la forza del gioco, l’abbiamo scritto lunedì a proposito della panchina d’oro. Nessun problema, anzi. È solo che ci mettiamo nei panni di Allegri e pensiamo ai due scudetti vinti e a una tifoseria comunque meno affezionata. Nonostante sia riuscito a fare, alla Juventus, quello che la Juventus chiede per impostazione genetica: vincere.

Uno contro uno

Finora la sfida tattica tra i due tecnici premia Allegri. Il Napoli di Sarri ha perso tre volte su tre, allo Stadium. Migliorando partita dopo partita le sue prestazioni, sì, ma alla fine si tratta di sconfitte. Decisive, almeno quelle in campionato: lo strappo scudetto dello scorso anno e una grossa distanza a ottobre. Poi la Coppa Italia, che è un’altra cosa perché si gioca sui 180′. Ma comunque è 1-3.

Tra una settimana, la bilancia dei precedenti tornerà in pari tra casa e trasferta. Sarà il primo ritorno al San Paolo un anno e mezzo dopo il 2-1 firmato Insigne-Higuain. Una delle notti della prima rivelazione sarrista. Poi venne la pressione, l’obbligo del risultato anche se non soprattutto contro le grandi. Ora è un nuovo esame di maturità, una partita diversa. Sarri e Allegri si giocano una buona fetta di stagione, fanno campo in mezzo alle polemiche. L’abbiamo scritto prima, le facce migliori. Diverse, ma entrambe apprezzabili. È possibile pure questo.

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