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Roberto Fiore, il presidente più amato dai tifosi del Napoli

È stato un innovatore. Comprò Sivori e Altafini, accarezzò l’idea Pelè. Inventò l’abbonamento a rate: le tessere furono 70mila. Lasciò perché si sentì tradito. Il rapporto con Pesaola.

Roberto Fiore, il presidente più amato dai tifosi del Napoli
Roberto Fiore con la Coppa delle Alpi e un abbonamento firmato da lui (Archivio Morgera)

Il presidente dei centomila cuori

Il titolo dell’autobiografia uscita cinque anni fa, quando Roberto Fiore era alla soglia dei 90 anni e credeva di essere arrivato al “capolinea” di una bella vita, fatta di passioni e idee innovative, di capo popolo educato e sorridente, elegante e compito, oggi suona beffardo. “Chi sono stato?” si chiedeva l’ex presidente del Napoli sulla copertina del bel volume e sembrava chiederlo anche a noi, vecchi aficionados che avevano visto la sua squadra in azione, a quelli della generazione di mezzo che ne avevano solo sentito parlare (“il presidente che acquistò Sivori ed Altafini” si diceva e si dirà sempre) e a coloro che ricordavano solo le gestioni societarie da Ferlaino in poi.

Il suo addio fu doloroso

Insomma, lo chiedeva a tutto un popolo, a quello che aveva coinvolto in brillanti trovate, si veda l’abbonamento a rate per sfondare il muro delle 70.000 tessere, a quello cui aveva tentato di spiegare i perché della sua fuoriuscita dal Napoli, a quelli che non avevano compreso i motivi dei suoi contrasti con Lauro. Invero il suo abdicare fu doloroso perché siamo certi che su quella poltrona ci sarebbe rimasto volentieri fino a che morte non ci separi. Non andò così, è inutile rinvangarne i motivi.

Roberto Fiore con Pesaola

La sua presidenza durò appena tre anni

Roberto Fiore fu protagonista, suo malgrado, di una presidenza breve, solo tre anni, quella di un condottiero che dovette fronteggiare una svolta che sembrò irreversibile. Arrivò allo scettro del comando a 40 anni, comprese quali erano le strategie del fare mercato da buon napoletano, vendere e comprare a buon prezzo, senza mai farsi sfuggire gli affari. In questa ottica vanno letti gli acquisti dei due desaparecidos juventini e milanisti. Sivori, che stava andando addirittura al Brescia, e Altafini, che invece dovette strappare, con uno dei suoi stratagemmi, proprio alla Juventus.

Sivori, Altafini e l’idea di comprare Pelè

Vinse molto, certo. In una piazza reduce da altalenanti stagioni tra la serie A e la B, Fiore portò una mentalità vincente. Voleva il meglio, spesso lo ottenne con la riconferma di Pesaola ma anche con l’ingaggio oculato di giocatori che servivano a lubrificare e far funzionare i due fuoriclasse, si veda l’acquisto di Bandoni, Bean, Zurlini, Bianchi, Stenti o Orlando. Mancò, ma non per sua volontà, il colpo del decennio, quello di Pelè, per 100 milioni. Ancora pochi giorni fa mostrava orgoglioso la cartolina in cui l’asso brasiliano lo ringraziava ma declinava l’invito per il troppo amore nei confronti del Santos.

Si sentì tradito e andò alla Lazio

Come in un film, dunque. “Venne, vide, vinse” ma affondò anche. Anzi lo fecero naufragare a tal punto che nella stagione 1967-8, sentitosi tradito, accettò l’incarico di Lenzini ed andò a fare il direttore sportivo della Lazio. Fu presidente popolare e popolano, non a caso il suo quartiere d’adozione fu il Vasto dove il papà poeta aveva un famoso bar, ritrovo dei tifosi azzurri. Gli striscioni del San Paolo recitavano “Fiore è il nostro comandante” anche in aperta polemica con Lauro, raramente si sono visti tifosi così apertamente schierati col proprio massimo dirigente.

L’inno del Napoli

Trasformò il Napoli in società per azioni

Fu il presidente dei centomila cuori azzurri ma anche quello che cambiò la denominazione della squadra da “A.C. Napoli” a “S.S.C. Napoli” facendola diventare una società per azioni. Fu il primo ad intuire che la folla napoletana andava, oltre che arringata, anche coccolata, e si inventò il 45 giri con l’inno ufficiale degli azzurri. Lo chiamò “Il grande Napoli”, riconoscimento del prestigio che la squadra stava ottenendo in quei mitici e colorati anni sessanta. Nel disco in vinile si possono udire tutte le voci dei protagonisti di quel Napoli, dei personaggi più popolari di quella incredibile avventura, dalla sua stessa voce, il vero artefice della riscossa azzurra, a quella di Pesaola, da Altafini a Canè, da Juliano a Sivori.

Partì dalla presidenza del Vasto

Roberto Fiore, “Robbertino” per gli amici più vicini, era accorto, lungimirante, sapeva guardare sempre oltre il suo naso e il suo presente, fu manager moderno e competente. Partì dal nulla, dalla presidenza del Vasto, la squadretta del suo quartiere e arrivò in un batter d’occhio a quella della prima squadra cittadina. E la sua fu una svolta, dopo le gestioni di personaggi già passati alla storia come Ascarelli e Lauro il quale aveva spinto per insediarlo alla massima carica. Molti gli episodi che riguardano la sua vita brevis al comando dei partenopei.

L’acquisto di Altafini

Fu, ad esempio, un capolavoro di astuzia e diplomazia l’acquisto di Altafini, fu quella la molla che fece scattare l’amore dei tifosi napoletani nei suoi confronti. Il giovane dirigente, infatti, si lanciò nella trattativa senza avere il becco di un quattrino. Pesaola, che era a Coverciano per il patentino di allenatore di Prima Categoria, ascoltò voci che davano Josè già alla Juve dopo la rottura col Milan. Il Petisso immediatamente chiamò Fiore al Gallia, sede del calciomercato, e lo avvisò. Questi corse in sede dal Milan ed offrì 300 milioni al collega rossonero Felice Riva che fu ben lieto dell’offerta poiché non voleva rafforzare la Juve, sua concorrente per lo scudetto. Alla fine il presidente del Milan onorò la promessa fatta al Napoli e litigò furiosamente con Viani, artefice dei contatti con la Juve.

Roberto Fiore con Achille Lauro al San Paolo (Archivio Morgera)

L’assegno di 300 milioni

Acquisito il giocatore, bisognava pagarlo. Fiore, sapendo che avrebbe dovuto scontrarsi col “grande capo”, mandò Pesaola a chiedere la cifra pattuita col Milan al Comandante. Lauro rispose prima picche e spedì il Petisso da Corcione il quale si giustificò dicendo: “Non ho il libretto degli assegni con me”. Gelo totale fino a quando Lauro estrasse il suo libretto personale e firmò per una cifra che non copriva tutti i 300 milioni. Il resto fu coperto grazie alle idee di Fiore e agli enormi incassi del botteghino, prima fra tutte l’amichevole in notturna al San Paolo contro il Milan in agosto.

Il Napoli arrivò terzo da neopromossa

Con lui il Napoli vinse il torneo 1964-5 di B, arrivò terzo in A da neo promossa l’anno seguente, si aggiudicò la Coppa delle Alpi nel 1966 e fu quarto nel 1966-67. Un curriculum di tutto rispetto, un grande triennio che solo le beghe interne interruppero. Con l’uomo di Bellavista, dove era nato due anni prima che fosse fondato il Napoli da Ascarelli, va via un altro pezzo di storia. Adesso Robbertino sta raggiungendo il Petisso, chissà che insieme non vadano a fare altri acquisti in Paradiso.

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