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L’assurdo di Pavoletti, sotto processo dopo 101 minuti

Dieci minuti con lo Spezia, sessanta con la Fiorentina e trenta con il Palermo: Pavoletti è già un passo indietro rispetto a Gabbiadini. E non è giusto.

L’assurdo di Pavoletti, sotto processo dopo 101 minuti

Il teatro dell’assurdo

Questo è un articolo di risposta. Non a qualcuno in particolare, ma a un sentimento. A quello che leggiamo, in queste ore, in questi minuti, di Leonardo Pavoletti. Sarà, come scritto anche in altri pezzi, che Napoli ama. Soprattutto chi va via, soprattutto chi saluta. Per questo, probabilmente, abbiamo odiato Higuain. Perché è andato alla Juventus e non ha salutato. Gabbiadini, invece, l’ha fatto. Quindi è un professionista ancora migliore di quello assolutamente esemplare che abbiamo visto nei suoi due anni esatti a Napoli.

Ma questo è un pezzo che esula da Manolo Gabbiadini. Ne parlerà perché le contingenze costringono a farlo, ma l’attaccante del Southampton non c’entra niente. C’entra, lo ripetiamo, il giudizio sommario e già senza appello che alcuni tifosi del Napoli hanno confezionato per Leonardo Pavoletti. Dopo 101 minuti di gioco. 101. Una partita e undici minuti, senza recupero, divisa in tre spezzoni. Evidentemente, a qualcuno bastano per dire cose che vi scriviamo sotto. E che sono da teatro dell’assurdo.

Il passo indietro

Con Pavoletti, rispetto a Gabbiadini, abbiamo fatto tre passi indietro come centravanti di riserva; Pavoletti è un Pampa Sosa 2 (che poi il tifoso del Napoli, giustamente pure, è storicamente in love con l’attaccante argentino); Pavoletti non fa una sponda; Pavoletti è un vice Milik più scarso, ed è più scarso anche di Gabbiadini.

Ne abbiamo riportati alcuni random, non vogliamo buttare la croce addosso ai tifosi proprietari di queste idee. Anche se, francamente, lo meriterebbero. Perché Leonardo Pavoletti è stato accolto a Napoli con il sopracciglio già alzato, e 101 minuti sono bastati per far sì che l’arcata inquisitoria aumentasse verso l’alto l’angolo di irritazione, di insofferenza. Sono bastati 10 minuti con lo Spezia, 60 con la Fiorentina e altri 30 col Palermo (andiamo a memoria, ma siamo vicini alle cifre esatte) per bollare già quest’attaccante in un modo che non ha definizione. Perché non c’è altro termine, se non “premeditazione” o “malafede”, per interpretare questo tipo di giudizi.

Dubbi, attese, sensazioni

Ne abbiamo scritto, del primo Pavoletti. L’abbiamo fatto con una dose di obiettività che (pensiamo) dovrebbe far parte del corredo genetico di chi accoglie un calciatore. Lo abbiamo analizzato tatticamente, osservando con attenzione i 60 minuti giocati contro la Fiorentina.  Lo abbiamo “presentato” dal punto di vista statistico, scrivendo che il Napoli dovrà in qualche modo cambiare modus operandi in campo per potere esaltare al meglio le sue caratteristiche. Abbiamo scritto: «posto in calce che il Napoli ha bisogno di un centravanti, un investimento come quello per Pavoletti, per un calciatore come Pavoletti, ha senso? Pavoletti saprebbe adattarsi agli schemi di Sarri? In virtù di tutto questo, Pavoletti migliora davvero la situazione o il Napoli acquisterebbe solo per acquistare?».

Anche noi avevamo dei dubbi. Tutti hanno dei dubbi. Però, tutto va collegato alla realtà. E la realtà dice che Pavoletti ha giocato nel Napoli 101 minuti senza segnare. Higuain, tanto per fare un nome, segnò al 70esimo della sua seconda partita al Napoli. Ovvero, dopo 160′. Sì, sappiamo che questa è una grossa forzatura, sono due cose non paragonabili. Ma, al tempo stesso, ci sforziamo di capire su cosa, alcuni tifosi del Napoli, abbiano basato i loro giudizi perentori e inappellabili su Leonardo Pavoletti. Se è sulla mancanza del gol, abbiamo dimostrato che succede anche agli altri e che altri.

Se è sull’aderenza tecnica al progetto, sulle capacità tecniche, sulla voglia di lottare, insomma su tutto quello che rende valido un calciatore, allora davvero non riusciamo a credere a quello che abbiamo letto. Al fatto che siano bastati 101 minuti di Pavoletti per poter definire Pavoletti in un certo modo. Sono “sensazioni”, qualcuno dirà. Sulle sensazioni non si costruisce granché, sulle convinzioni sì. Ma non è detto che siano giuste, attenzione.

Sarri

L’altra faccia del discorso ha un nome e un cognome, una tuta e un’aria burbera: Maurizio Sarri. Il tecnico che ha dato al Napoli questo grande gioco, che ha portato il Napoli quinto di Benitez al secondo posto, l’impiegato di banca diventato genio del calcio, l’uomo della gavetta, tutto quello che volete voi. Non mettiamo in dubbio, il Sarri tecnico e maestro di calcio ci piace tantissimo. E piace tantissimo anche a voi, lo sappiamo. Proprio perché vi piace, chiediamo umilmente: ma la fiducia in questa sua scelta? Non parliamo assolutamente di fiducia verso la società, verso il club, verso la programmazione strategica in sede di mercato. Quel discorso, per una certa parte di tifoseria, è metafisica quantistica: non esiste.

Bypassiamo quindi il Napoli, parliamo del solo Sarri. Che ha preso una decisione precisa, dopo ormai un anno e mezzo di lavoro e di conoscenza della sua squadra. Tutti, più o meno, dicono che sia stato lui a volere Pavoletti. A chiederlo, pure a gran voce. Anche Sarri è improvvisamente diventato un incompetente? Anche lui ha voluto deliberatamente fare tre passi indietro passando da Gabbiadini a Pavoletti?

101 minuti, 28 volte

Domande assurde, che sono una conseguenza di considerazioni assurde. Anche perché, al di là della tempistica di questi giudizi sommari, noi ci fidiamo molto più di un tecnico di professione piuttosto che di un gruppo di commentatori da tastiera, da social, da bar sport, da stadio. Di calcio si parla e si parlerà sempre, è di tutti e ci siamo. Ma c’è, deve esserci, un limite alla totale mancanza di senno. Nel momento in cui si bolla come “bidone” un calciatore dopo 101′ di gioco, quel limite è passato da un pezzo. Abbondantemente, anche. Perché si è passato il limite della memoria, della coscienza, della considerazione sul lavoro altrui. Persino il limite di quell’accoglienza calda che solo noi (?) sappiamo riservare ai calciatori.

Il nostro buongiorno a Pavoletti, perché ancora e solo di buongiorno si tratta, è stato questo qui. Senza motivi validi, se non la cessione (obbligata, a quel punto) di Manolo Gabbiadini. Su cui ci sono giudizi contrastanti, diversi da ogni parte. Almeno, per lui, questa diversità di vedute ha un senso: due anni sono un tempo giusto per poter giudicare un calciatore. Eppure, non bastano: non tutti siamo d’accordo su Manolo, ancora oggi. Ancora oggi che è andato via. Due anni di calcio. Ovvero, 3119 minuti di gioco. 28 volte 101 minuti. Riflettiamo.

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