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Io a Maradona voglio bene. Ma i ricordi sono bellissimi proprio perché sono ricordi

A volto provo un certo fastidio. Maradona non deve stare nello spogliatoio del Napoli in versione Al Pacino. E non va invocato come una reliquia.

Io a Maradona voglio bene. Ma i ricordi sono bellissimi proprio perché sono ricordi
Il discorso di Maradona nello spogliatoio del Napoli al Bernabeu

La premessa

Io a Maradona voglio bene e questa è la premessa. La frase che vorrei teneste presente mentre leggerete il resto. Io a Maradona voglio bene e ne voglio pure a mia mamma e a mio padre, che trovo perfetti nel loro modo di essere, mai invadenti, ma presenti nella memoria, in ogni gesto, in ogni cosa che faccio, ma sono mia mamma e mio padre, che comunque stanno a 900 chilometri. L’importanza della giusta distanza. I miei genitori.

Maradona, chi è? Un estraneo a cui voglio bene, a cui tutti i tifosi del Napoli vogliono bene. Maradona, un estraneo a cui sono riconoscente. Nel tempo ho dedicato a Maradona alcune poesie, precisamente quattro, tutte scritte intorno al gol che fece a Zenga a San Siro, dopo quel lunghissimo stop di petto; la mia prima trasferta a Milano.

Se Diego non fosse venuto a Napoli

E poi negli ultimi anni due articoli abbastanza lunghi, uno tecnico e romantico, che raccontava il calciatore, la sua importanza per il calcio e per noi che eravamo i ragazzi di quegli anni, si chiamava “Maradona e il futuro”, un pezzo che parlava del più forte di tutti e della sua capacità di vedere (e sapere) prima degli altri; il secondo, nato da un suggerimento del giornalista Davide Coppo e dello scrittore Cristiano de Majo, immaginava una Napoli senza Maradona, un’ucronia partenopea, ovvero una Napoli nella quale Ferlaino non sarebbe riuscito nell’impresa di acquistare Diego dal Barcellona.

In quel racconto mi sono divertito molto, permettendomi il lusso di trasformare la città, ribaltare l’essenza dei quartieri, rendere Bruscolotti un damerino e dare mandato a Costanzo Celestini di incendiare il San Paolo. A Maradona vogliamo bene. Tutto sommato, nella misura in cui uno sport può farlo, ci ha aiutato a credere – in anni difficili – che i sogni ogni tanto possano avverarsi; o meglio ancora che non bisogna mai smettere di credere alla possibilità del sogno. Questa è una cosa molto importante ma è anche soltanto una cosa, ed è una cosa legata a un uomo e a fatti di trent’anni fa.

Maradona non può non essere ingombrante

Uno come Maradona è sempre ingombrante, non può non esserlo e, credetemi, a volte lo è anche contro la sua volontà. Io dico, però, che a un certo punto, caro zio Diego, per i più giovani nonno Diego, devi stare sulla tua poltrona di Baires o di Dubai a guardarti le partite, andare a giocare a golf, occuparti della famiglia, o non occupartene. E poi osservare, tifare, tacere. Sì, tacere. Che non vuol dire non parlare vuol dire non comparire, vivere defilato. Che bellezza, starsene in disparte. A chi non piacerebbe. Verremmo noi a trovarti ogni tanto, perché ci mancheresti, verremmo a intervistarti o fare solo quattro chiacchiere, per il piacere vero di sentirti raccontare storie di campo o pezzi di quella cosa incredibile che deve essere stata la tua vita. Zio Diego.

Io a Maradona voglio bene. Che fortuna che abbiamo avuto a vedere giocare Maradona, di andare a Soccavo a vedere gli allenamenti; queste frasi le ho (abbiamo) pronunciate così tante volte che quando sento la mia voce ripeterle mi stanco, mi sento vecchio e noioso. A Maradona voglio bene. Non dico che non voglio vederlo alle partite del Napoli, non fraintendetemi; io spero che venga a vederle tutte quante e che al fischio finale vada a casa, e che prima del fischio iniziale vada al bar e non negli spogliatoi, lì non è più il suo posto.

Napoli è cambiata moltissimo, ed è anche cresciuta

Si parla spesso di come Napoli non cresca, non cambi. Io credo l’esatto contrario, io credo che Napoli sia cambiata moltissimo e che sia pure cresciuta. Napoli è sempre cambiata, cambia continuamente. Oppure è sempre la stessa, ma quell’immutabilità è composta da così tanti piccoli pezzetti che non stanno mai fermi; potremmo perciò dire che Napoli ha il gene del cambiamento ben radicato in sé perché nasce già in trasformazione. No, Napoli non rispecchia quell’idea retorica dell’attesa perenne, del qualcuno che ci venga a salvare e bla bla bla. Napoli è fatta di acqua e fuoco, ma di che stiamo parlando? Mi permetto di scrivere queste cose guardando Napoli da lontano, da osservatore esterno, ma che credo attento. Napoli è una continua novità.

Ogni tanto ci prende il complesso

Eppure, ogni tanto, ci torna il complesso, ci prende come una nostalgia che non è altro che un ricordo di noi più giovani, altrove, con una birra in mano e con un mare di possibilità davanti. Ogni tanto abbiamo bisogno di dirci: “Ah, però”. Appena possibile abbiamo bisogno di tirare in mezzo Maradona. Io a Maradona voglio bene, ma certe volte (lo dico con un po’ di difficoltà) provo un certo fastidio. Vi faccio alcuni esempi.

Mi infastidisce quando, intervistato, si perde in certe dichiarazioni: questo è bravo, questo no, ai miei tempi non sarebbe successo, non mi piace come gioca il Napoli. Per poi qualche giorno dopo sostenere l’esatto contrario. Laddove Insigne era scarso è diventato fortissimo. Lì dove Sarri non era nessuno si è trasformato nell’allenatore migliore del mondo. E così con Benitez, e così con chi vi pare, e così è se vi pare.

Mi ha fatto piacere vederlo a Castelvolturno

Mi ha fatto piacere quando è andato a Castelvolturno, è stata cosa buona. Ho trovato, però, insopportabile la sfilata per il bacio come per una benedizione (o altro). Lui con quest’aria seria e i calciatori del Napoli con le facce contrite, un po’ spaventati, non tutti, c’erano pure sorrisi, per carità. Ma capite cosa voglio dire? Non sopporto questa deferenza, questa modalità. Perché sarebbe stato più divertente e più umano e meno strano se si fosse soltanto messo a palleggiare lì con loro, se avesse fatto le foto. Tutto questo non è grave ma è fastidioso, mi irrita. Non ce li voglio i miei genitori in camera da letto, non voglio che tocchino i miei libri.

Mi infastidisce il Maradona moralista, quello che vuole insegnare agli altri a campare. Mica a giocare a pallone, no proprio a campare.

Il suo posto non è nello spogliatoio del Napoli

Veniamo a Real Madrid – Napoli. Vedo passare questa foto di Maradona in camicia nello spogliatoio del Napoli e per un attimo spero che sia stata scattata dopo il fischio finale. E invece no, è stata scattata pochi minuti prima dell’inizio della partita. Maradona nella versione minore di Al Pacino che fa? Incita? Spiega? Carica? Per quello che mi riguarda è nel posto in cui non dovrebbe essere. Vai in tribuna, vacci subito e tifa. Non entrare nello spogliatoio. E dopo non stare per tutta la partita con questa faccia appesa come se fossi nella sala di attesa di un dentista. Non lo so, davvero. Io a Maradona voglio bene.

Gli chiedo di guardarsi le partite, di lasciare che i ragazzi facciano il loro, ovunque questo “loro” possa portarli. E poi chiedo a noi di non invocarlo continuamente, le reliquie stancano sia gli adoratori che gli adorati. A Maradona voglio bene ma quando mi riguardo i gol, quando mi voglio ricordare, come quando penso a un racconto di mio nonno, ai miei amici di infanzia, a certe domeniche memorabili. Guarda Diego, i ricordi sono bellissimi ma proprio perché sono ricordi, cose a cui ritornare quando se ne ha voglia. La nostalgia è un fatto privato.

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