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Gabbiadini: «Con Benitez, turnover scientifico e il Napoli ha vinto. Con Sarri, titolari e riserve»

Gabbiadini alla Gazzetta: «Sarri è uno dei migliori con cui abbia lavorato, ma preferisco chi dice le cose in faccia. Con Rafa, sono arrivati due trofei».

Gabbiadini: «Con Benitez, turnover scientifico e il Napoli ha vinto. Con Sarri, titolari e riserve»

L’intervista alla Gazzetta

Manolo Gabbiadini è l’uomo del momento. Ed è anche giusto, dopo lo splendido impatto con la realtà del Southampton, le cinque reti in quattro partite e il corollario di complimenti e rimpianti (napoletani) del caso. L’ultima uscita in ordine di tempo è quella alla e della Gazzetta dello Sport, un’intervista che racconta i suoi primi approcci di e con l’Inghilterra e mette un punto definitivo, forse, con il suo recente passato. E con Sarri.

«La mia esperienza a Napoli va divisa in due momenti. I primi 6 mesi con Benitez le cose funzionarono bene. Il gruppo era davvero unito. Benitez fece una scelta coraggiosa, ma importante: applicava in modo scientifico il turnover. Tra campionato e coppe varie, si giocava ogni tre giorni e c’era spazio per tutti. Le cose sono cambiate con l’arrivo di Sarri».

Titolari e riserve

«Sarri ha scelto d’intraprendere un’altra strada: punta sempre sugli stessi. Gli altri devono fare anticamera. C’è una linea ben marcata tra titolari e riserve. È una politica anche questa, ma è chiaro che chi resta fuori alla lunga non può essere contento. Considero Sarri uno dei migliori allenatori in assoluto con i quali ho lavorato, ma con lui non è mai scoccata la scintilla. Per me la sincerità e i rapporti umani vengono prima di qualsiasi altra cosa. Mi piacciono le persone che ti dicono le cose in faccia. Per me è una regola di vita fondamentale: vale non solo nel calcio, ma anche nella sfera privata».

In conclusione, la stoccata su Sarri-Benitez: «La politica di Benitez ha portato al club una Coppa Italia e una Supercoppa. Non credo che la sua strategia fosse sbagliata».

Southampton

Il resto dell’intervista è il racconto in prima persona della nuova esperienza. Dei primi tempi a Southampton, almeno: «Tutto bello, tutto fantastico, ma sono il primo a tenere i piedi a terra. Il calcio è strano: all’improvviso voli verso il cielo e altrettanto rapidamente vai giù in picchiata. Però sarei bugiardo se dicessi che mi aspettavo un inizio come questo. Ho capito subito che quassù ci sono meno rigidità. Dopo tre allenamenti, sono stato buttato nella mischia. In Italia c’è invece molta prudenza. Qui no, ti mandano subito al fronte. Puel mi ha chiesto di giocare centravanti, di attaccare sempre il primo palo. Il gol dell’1-2, quello sul cross di Ward-Prowse, è figlio di questa logica».

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