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Spartaco e Tebaldo, Landini e Bigliardi: da Palermo a Napoli, due di piede ruvido

Due storie colorate di azzurro e rosanero: Landini, ex dell’Inter di Herrera e “riserva” del Napoli di Vinicio; Bigliardi, ovvero non solo Gullit in Napoli-Milan del 1988.

Spartaco e Tebaldo, Landini e Bigliardi: da Palermo a Napoli, due di piede ruvido

Nomi desueti

Li accomuna il nome particolare, il ruolo, quello di difensore, ed infine il passaggio dalla Sicilia a Napoli, da Palermo alle falde del Vesuvio. All’inizio fu Tarcisio, anche questo un nome insolito, poi arrivarono Spartaco ed infine Tebaldo. Attenzione, non stiamo parlando di una compagnia di pellegrini votati a venerare la tomba di un martire cristiano o un gruppo di mercanti che si appresta a vendere la propria merce “alla fiera dell’Est” di branduardiana memoria. E la nostra base di partenza non è nell’antica Roma nè nel Rinascimento italiano ma nel pallone, come poteva essere altrimenti?

Del primo cavaliere errante, Tarcisio Burgnich da Ruda ( Udine ), qui taceremo, troppo conosciute le sue gesta, troppo spiccata la personalità di uno dei difensori più forti di sempre del calcio italiano, una fine di carriera splendida con la maglia azzurra, una nuova interpretazione del ruolo di libero sotto i massacranti insegnamenti di Vinicio, suo compagno all’Inter.

Spartaco e Tebaldo

Discorreremo, invece, di un atleta che ha giocato con la “roccia” friulana sia nell’Inter euro mondiale di Herrera che nel Napoli all’olandese di Vinicio, Spartacus Landini, per le figurine Panini rigorosamente “I” per distinguerlo dal fratello minore Fausto, spilungona ala sinistra che faceva anche dei gol al Bologna.

E poi di Tebaldo Bigliardi, che del Napoli di Maradona ha visto e goduto il meglio anche se con poche presenze. Oggi ci resta ancora il dubbio se abbia più gioito per gli scudetti o imprecato per quel Napoli – Milan in cui Ottavio Bianchi lo mandò in campo stravolgendo la formazione e relegando Giordano in panchina. Prima Gullit, “cervo che esce da foresta” ( cit. Boskov ), e poi Van Basten, gli fecero venire il mal di testa, ad ogni scatto le belve olandesi lo lasciavano cinque metri indietro. Novanta minuti di agonia pura, i fuoriclasse del Milan sembravano extraterrestri e lui a rincorrere. Ed arrivare in ritardo, col fiato corto. Chissà quante bestemmie di Bruscolotti. Ottantamila spettatori ad applaudire i rossoneri, la squadra di Bianchi non aveva più benzina quel primo maggio del 1988.

Esperienza

Nell’estate del 1973 va via Panzanato ed arriva il navigato Landini dal Palermo, è l’epoca in cui anche se hai 30 anni ( e lui ne aveva 29! ) sembravi il nonno coi pantaloncini e la maglietta, look mio fatti da parte. L’intento di Vinicio è quello di avere un rincalzo di esperienza da affiancare a Ripari e Punziano, gli altri due difensori che completano la rosa, se qualcuno dei ‘titolarissimi’ avesse avuto qualche infortunio o squalifica.

La società si fida ad occhi chiusi, il giocatore costa poco, può ricoprire più ruoli ed anche se è reduce da una retrocessione coi rosanero è affidabile e concreto. Landini giocò poco, 26 partite in tre anni, ma la sua esperienza al Napoli non è stata dimenticata. Spesso, infatti, Vinicio ricorse ai suoi modi rudi per bloccare i centravanti avversari, soprattutto quando venne a mancare quello che doveva essere lo stopper titolare, Vavassori, fermato dall’infortunio di Genova contro la Sampdoria.

Fu proprio in quella partita terribile, che costrinse lo stopper titolare ad un calvario e all’operazione dal Prof. Trillat in Francia, che l’ex palermitano subentrò a Vavassori per non uscire più di squadra. Landini, come lo schiavo trace Spartacus, era un giocatore elegante a vedersi, soccorreva i compagni in difficoltà e diventò un piccolo eroe delle aree di rigore, zone che si tramutarono in arene da combattimento. Saranno stati gli insegnamenti di Helenio Herrera quando era all’Inter, sarà stata la sua indole a non mollare mai, ma quando Spartaco doveva marcare l’avversario di turno si trasformava ed anche il gioco a zona che Vinicio stava inculcando agli azzurri diventava un pò più ‘sporco’, un po’ più all’italiana.

Adattamento

Accadde proprio quando dovette andare ad affiancare Bruscolotti, Pogliana e Zurlini per qualche partita diventando il nuovo stopper del Napoli. Quando poi un incidente stradale, che poteva costargli la vita, fermò anche Zurlini, Landini fu reinventato libero e prese il suo posto in pianta stabile, fino alla fine del campionato. Fu così che anche lui imparò a fare il fuorigioco e diede un sostanziale contributo ai tre campionati col tecnico brasiliano, i primi due indimenticabili.

Dopo tanto calcio giocato ad alti livelli, tra cui otto anni nell’Inter, il toscanaccio Landini andò a chiudere la carriera nella squadra da dove era partito, la Sangiovannese. Successivamente fece una fugace apparizione sulla panchina dell’Avellino prima di comprendere che la sua strada era dietro una scrivania. Diventò così  direttore generale e general manager di decine di squadre, anche se le sue esperienze al Catanzaro e al Genoa restano le più significative. Quando lo chiamò il Varese, l’ultima squadra per la quale pare abbia lavorato, aveva già superato i 70 anni. Evidentemente il suo fascino da gentleman, l’essere mai fuori misura, la sua compostezza, ma soprattutto la sua esperienza, parlavano per lui.

Shakespeare

L’iracondo cugino di Giulietta si chiamava Tybalt, Tebaldo appunto. Il nostro Bigliardi sembrava avere tutto fuorchè il carattere del personaggio di Shakespeare anche se in campo ce la metteva tutta. Mite, raramente sorrideva in pubblico, anche se i gavettoni in ritiro li faceva anche lui, cadenza spiccatamente calabrese, un bravo ragazzo di provincia, legò molto con Maradona. Il Napoli lo prese dal Palermo nell’estate del 1986, dopo 123 gare con i rosanero, per rinforzare la difesa, perchè era un giovane di belle prospettive e per la continuità che aveva dimostrato nei campionati giocati in Sicilia.

Nella nostra città ritrovò Volpecina con il quale aveva formato una bella coppia proprio a Palermo. Dal 1986 al 1990 giocò solo 31 partite con gli azzurri, impiegato in tutti i ruoli della difesa, sempre a tamponare e a rincorrere avversari nel “campionato più bello del mondo”. Purtroppo di lui si trovano più citazioni sui libri dedicati alle meteore del calcio che a quelli che sono stati ‘giocatori normali’. Eppure Bigliardi nel suo palmares ha due scudetti, una Coppa UEFA ed una Coppa Italia, mica bruscolini.

Oggi Bigliardi ha un agriturismo e gestisce alcune case vacanza in Sicilia, continua a fare la spola con Bergamo, a cui è rimasto legato dopo la parentesi napoletana, ed ha completamente abbandonato il mondo del calcio. Faceva l’osservatore per l’Atalanta ma poi ha mollato tutto, pare per il troppo stress e i continui spostamenti. Si sa, i calabresi hanno fama di essere un pò pigri, li chiamano i messicani d’Italia. Date loro un sombrero e saranno pronti per una bella siesta. Di fronte al mare, prima di andare a pescare, proprio come fa oggi Tebaldo Bigliardi.

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