Le polemiche su Maradona mentre altrove, il mondo, va completamente in un’altra direzione. Il Napoli manca nella comunicazione aziendale e su internet.
Tutto fa marketing
“La Juventus presenta il nuovo logo, Napoli sta appresso a Maradona”. Così ha scritto Massimiliano Gallo. Un breve testo dal titolo autoevidente: In cui abbiamo chiamato “sguardo al futuro” questa tendenza al modernariato del rapporto con i tifosi. Attraverso i social, la trasformazione in brand, un certo tipo di autonarrazione. Tutto fa marketing, oggi.
E tutto è opinabile. Su Juventibus, un sito che si occupa a 360° della formazione bianconera, ci sono almeno tre opinioni sul nuovo logo della Juventus. Non tutte sono positive o completamente positive. Magari qualcuno può far fatica a concepire come un club che ha sede a Torino presenti il suo nuovo logo a Milano. Però la spiegazione c’è: Milano è un faro sull’Europa, Torino no. Certe operazione vanno fatte a Milano. Anche se può sembrare strano per una fetta di tifosi. Però, come detto su: tutto fa marketing. Evidentemente pure questo, e può andare a farsi benedire chi ha un’opinione contraria, anche se solo in parte. Come noi, che abbiamo una visione tutt’altro che romantica ma non capiamo questa cosa di Milano. Ecco, la frase giusta: ce ne faremo una ragione.
Il Napoli
Ha modificato qualcosa, il Napoli. Nella gestione dei suoi canali social, nelle sue campagne di marketing, c’è più attenzione. C’è più partecipazione. C’è più vita, per utilizzare un termine che raccolga tutto. Rispetto a un anno o due anni fa, ai primi tempi di Twitter o Facebook. Però, come dire: si sente che manca qualcosa. Si sente, perché si legge, una gestione ancora di tipo primordiale del settore. Roba istituzionale, le interviste, i gol, qualche video dell’allenamento. Su Facebook, l’ultimo album fotografico di una partita risale a Fiorentina-Napoli 1-3, finale di Coppa Italia 2014. Dopo, tutti gli scatti delle partite sono inseriti nell’album “Caricamenti dal cellulare”. Ovvero, un nome standard del social.
Gli altri
Ovviamente, e volutamente, stiamo mischiando tante cose insieme. Una cosa è la gestione del brand in quanto identità aziendale, un’altra è veicolare l’appeal della squadra alla gestione dei social network. Entrambe le situazioni rientrano nell’idea di “marketing”, ma sono comunque gestite da professionalità diverse, con competenze diverse. Basta farsi un giro in rete, però, per capire tante cose. Per esempio, la stessa gestione dell’evento “nuovo logo” da parte della Juventus. La location, le foto, la cronaca diretta, i video. Un’altra storia, rispetto alla presentazione della nuova maglia del Napoli. Oppure, basta ricordare la campagna del #Pogback secondo il Manchester United. L’hashtag dedicato e personalizzato per l’acquisto di un calciatore, mentre a Napoli De Laurentiis twitta un benvenuto e tanti saluti.
Per rimanere in Italia, si possono ricordare la gestione della presentazione di Gabigol, oppure giusto qualche giorno fa lo splendido montaggio realizzato dalla Roma per pubblicizzare gli abbonamenti del solo girone di ritorno. I calciatori giallorossi hanno partecipato mettendoci faccia e dichiarazioni. Certo, il Napoli qualche tempo fa ha “prestato” Reina per una campagna pubblicitaria dello sponsor Pasta Garofalo. Ma, come potete vedere sotto, non è che le cose siano realmente simili.
Dal logo in poi
Ci sarebbero tanti discorsi da fare, dunque. Uno, in realtà, l’abbiamo già fatto. Qualche tempo fa, per la precisione ad aprile scorso. Si parlava del pezzo del Daily Mail, che includeva il logo del Napoli nella lista dei dieci più brutti del mondo del calcio. Come facciamo di solito, e come faremo ancora, contattammo un esperto. Michele Galluzzo, storico della grafica ed esperto di simboli calcistici. Che ci disse tante cose interessanti, pure sul rapporto tra città, logo e brand:
C’è una comunità che si riconosce e si identifica in una N cerchiata. E questa è una grandissima cosa. C’è interesse, partecipazione. Ed è questo quello che conta, anche perché i simboli possono variare nel tempo. La stessa storia del logo del Napoli ci dice che le tradizioni sono fatte per essere rispettate, ma possono anche essere violate: la società azzurra, storicamente, è rappresentata da un cavallo rampante che poggia su un pallone da calcio. Poi questo cavallo è diventato un ciuccio, che è un simbolo riconoscibile e a cui tutti associano il Napoli. Ebbene, non parte tutto da un cambiamento?
Io credo che sia rappresentativo innanzitutto per una questione storica, perché è il risultato di un percorso che inizia negli anni Venti (la prima N stilizzata in un cerchio è del 1928) e poi giunge fino a noi con varie modifiche. Il fatto che ci sia solamente una N lo rende ambiguo, in quanto potrebbe riferirsi a qualsiasi cosa inizi con questa lettera, però ormai il rapporto del club con questo simbolo è emblematico. Dal punto di vista ancora e più strettamente tecnico, posso dire che con i colori siamo perfettamente in linea con la storia e con la tavolozza cromatica del golfo.
N=J
Insomma, al di là di tutto. Il Napoli è indietro, ma non così tanto. L’avevamo già scritto, grazie a un’analisi di Roberto Flaminio. Basterebbe impegnarsi, per recuperare. Noi abbiamo offerto la nostra opinione, come al solito. Cercheremo di approfondire l’argomento, intervisteremo esperti di marketing e di social media. Per capire anche noi, come e dove può migliorare il Napoli. Che oggi ha un logo con una lettera di riferimento, la N. Che non è molto distante dalla nuova “J” di Juventus. Pensiamoci, e partiamo da qui. Non da Maradona.