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Leonardo Pavoletti è del Napoli: il senso di questo acquisto e cosa può dare a Sarri

Analisi tattica e non solo del nuovo centravanti del Napoli. Il suo ruolo nei meccanismi di Sarri, l’alternativa che può rappresentare per Milik e per il gioco della squadra.

Leonardo Pavoletti è del Napoli: il senso di questo acquisto e cosa può dare a Sarri

Pavoletti, per noi

Ci avevamo fatto la bocca, nel senso che ormai lo sapevamo già. Leonardo Pavoletti è il nuovo centravanti del Napoli, il famoso “attaccante di peso” mancato da agosto ad ora. Sui nostri canali social, questa mattina, abbiamo ricondiviso un pezzo scritto il 14 dicembre in cui si parlava di questa operazione. La davamo già per fatta. La giudicavamo giusta fin quando fosse stata avallata da Sarri. Scrivevamo così:

Calcisticamente, Pavoletti è più un calciatore “di rabbia”. Intendiamo fisico, sportellate, capacità di occupare e difendere lo spazio e lo spazio del proprio controllo di palla. Per dirla con termini enfatici, un centravanti del passato perfettamente calato nel presente.

Dal punto di vista strettamente tecnico e tattico, l’upgrade rispetto a Gabbiadini dovrebbe essere netto. Non perché la qualità sia così alta, anzi – confermiamo la nostra visione iniziale -, ma per una questione di aderenza. Il fatto che sia quasi a costo zero, considerando il quasi certo addio dell’ex Sampdoria, mitiga un po’ quelle che sono le (solite) perplessità sparse dei tifosi azzurri su questa operazione. Che poi, sono un po’ anche le nostre, solo che differiscono nella concezione iniziale. Pavoletti è poco, per una certa parte dei tifosi, perché ci vuole da Kalinic in su. Pavoletti potrebbe essere “poco”, per noi, a livello di prospettiva futura, di crescita dell’organico.

Quindi, ben venga Pavoletti se Pavoletti è stato voluto da Sarri. Ben venga anche se, magari, i soldi di Gabbiadini potevano attirare un altro giovane alla Milik, un calciatore dal pedigree internazionale importante ma comunque con un margine di crescita più ampio.

De Laurentiis contro De Laurentiis

La nostra visione di questo acquisto, in prima istanza, analizza la distanza tra l’idealtipo di acquisto “secondo De Laurentiis”, quindi secondo il Napoli. Pavoletti ha 28 anni, è un calciatore nel pieno della maturità agonistica e quindi impossibilitato a grandi miglioramenti. O che, almeno, dovrebbe aver già raggiunto l’apice delle sue prestazioni. Certo, esistono nel passato precedenti di attaccanti esplosi a questa età, uno per tutti Diego Milito (anche lui, curiosamente, “scoperto” dal Genoa). Ma sono eccezioni, non la regola. Come è stata un’eccezione Pavoletti, un fuori tema rispetto a una campagna trasferimenti estiva tutta improntata all’upgrade giovane della rosa. Alla crescita dell’organico in prospettiva futura.

Il campo (ovvero Sarri)

Poi, c’è il lato tecnico. Qui, siamo un po’ più tranquilli. Intanto, perché la narrazione (leggenda) comune sostiene che sia stato proprio Sarri a chiedere a gran voce l’acquisto di Pavoletti. Noi crediamo a questa tesi, anzi la sposiamo appieno: difficile che un allenatore sia realmente poco presente sul mercato, tanto da non esprimere alcuna opinione sugli eventuali obiettivi di un diesse. Soprattutto quando lo stesso allenatore applica un e pratica un gioco tanto strutturato e organico. Quindi, ci fidiamo di questi rumors e quindi ci fidiamo di Sarri.

Il campo/2 (ovvero Pavoletti)

E poi, ci fidiamo di Pavoletti. Nel senso di una aderenza reale, non solo “sperata”, alle dinamiche di gioco del Napoli. Le caratteristiche che Sarri richiede al suo centravanti 2.0, quello del post-Higuain, sono presenza e partecipazione nella costruzione del gioco. Ovvero, non il magistero tecnico di Higuain, ma la capacità di far salire la squadra in senso armonico, aggregativo. Fosse anche elementare, ma attraverso lo smistamento, il movimento a pendolo nel chiedere di giocare il pallone, nella protezione del possesso.

E poi, dopo tutto questo, il lavoro da terminale offensivo. Un lavoro differente da quello di Gabbiadini, e qui l’assoluta o comunque visibile mancanza di comunicazione tra Manolo e la sua squadra. Se l’ex Sampdoria tendeva a nascondersi dietro la linea difensiva, sul filo del fuorigioco, ed esprimeva solo raramente le sue qualità al servizio della manovra offensiva, in posizione di playmaker d’attacco, Pavoletti è più presente nel contatto corpo a corpo coi difensori. Più come Milik, per intenderci.

In più, con la skills che nel polacco non siamo riusciti a verificare (per mancanza di tempo): la propensione all’attacco dell’area di rigore in acrobazia o comunque attraverso inserimento centrale. I gol e le migliori giocate di Milik nascono attraverso altre dinamiche, più partecipative: l’inserimento da dietro e il tiro da fuori col Bologna, i tre colpi di testa contro Milan e Dinamo Kiev. Più un gol da centravanti d’area, il primo contro il Milan, e il calcio di rigore contro il Benfica. Manca un gol da attacco della profondità su palla laterale, la caratteristica migliore del Pavoletti visto a Genova.

Variazione

L’attaccante ex Varese e Sassuolo offre quindi un’alternativa valida non solo a Milik, ma a tutto il gioco d’attacco del Napoli. Confermiamo la nostra valutazione sul senso dell’acquisto, magari avremmo preferito una scommessa straniera dall’abilità potenziale più alta nel tempo. Ma, allo stesso tempo, siamo certi che il miglioramento (tattico) rispetto a Gabbiadini sia praticamente certo. Facciamo ancora autocitazione, prendendo una frase scritta il 14 dicembre e che riprende l’ultimo concetto dietro questa operazione di mercato.

Era possibile pensare a qualcosa di meglio, che però non è facile trovare a gennaio. Va riconosciuto anche questo, al Napoli. Che ha preso il miglior profilo disponibile sul mercato italiano, pur con tutte le incertezze di questa condizione.

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