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Gli errori di Pavoletti ci fanno capire che è l’alternativa giusta per il Napoli

Analisi sommaria (come le critiche rivolte al calciatore) dei movimenti di Pavoletti. Incoraggianti, pur nell’ambito di una partita senza grandi squilli.

Gli errori di Pavoletti ci fanno capire che è l’alternativa giusta per il Napoli

Il verme dell’obiettività

Qualcuno ha criticato. Sì, qualcuno l’ha già fatto. Ha bollato Pavoletti come un giocatore inadatto, inadeguato, non aderente a questo Napoli. Dopo 64′ di gioco totali tra Spezia e Fiorentina. Francamente, così non va. È ingiusto, è irrispettoso, è privo di fondamento. È polemica per partito preso.

In realtà, noi non possiamo dire il contrario. Noi, divorati dal verme dell’obiettività, dobbiamo dire che Pavoletti non ha giocato bene nei suoi primi 64′ da titolare con il Napoli. O meglio, per dirla in gergo: non ha brillato. Non è andato a segno, non ha offerto qualcosa di palpabile, non è entrato in qualche grande azione né si è costruito una grande occasione da gol. Insomma, non si è fatto riconoscere come un attaccante determinante, che è un po’ il compito primario di chi indossa gli abiti del centravanti. Forzando la chiave narrativa, potremmo dire: “Ecco perché usa il 32 e non il 9”, ma sarebbe polemica sterile e insensata pure quella. Perché neanche Milik ha il 9, tantomeno ce l’ha Diego Costa al Chelsea. Abbiamo detto Diego Costa e Chelsea, giusto per gradire.

Movimenti

Riguardando gli highlights di Napoli-Fiorentina si trovano diversi momenti in cui è possibile vedere, letteralmente, giocare Pavoletti. Questi momenti, al di là dell’esito, sono incoraggianti. Non sono brillanti, per tornare alle frasi scritte sopra, ma descrivono esattamente il calciatore che ci aspettavamo. Che potevamo aspettarci. Più che l’occasione fallita dopo controllo e tiro di sinistro (alto e largo) in area di rigore, vogliamo proporvi questa gif. La gif di un errore di Pavoletti. Un errore incoraggiante, se ci date l’ardire di coniare questa definizione.

È un errore, sì. Nonostante la giocata finale sia positiva, Pavoletti doveva far scorrere il pallone per lasciare la conclusione a Callejon. Una botta sicura, o quasi, di sinistro. Invece, la gioca. La ferma, la controlla. La lavora. Quello che ci interessa, però, perché è incoraggiante, è il movimento: Strinic attacca il fondo, crossa basso al centro (reticenza dell’abitudine a servire Mertens) e Pavoletti non attacca il palo come avrebbe fatto Gabbiadini. Anche perché un attacco alla porta, alle spalle o davanti al suo marcatore, avrebbe richiesto un passaggio in grado di superare comunque il primo uomo della linea a tre. Strinic fa la scelta giusta, e Pavoletti risponde presente. Con un movimento classico di stop & move, che fa andare a vuoto la difesa e permette il controllo del pallone e della situazione tramite il fisico.

A quel punto, un centravanti tenterebbe la conclusione col piede opposto sul secondo palo, con giravolta, oppure un sinistro (più difficile) dritto per dritto. Il cross, invece, è troppo arretrato e Pavoletti ha una sola possibilità. Lo scarico indietro. Fatto bene, pulito. Forse un po’ largo, sul sinistro e non sul destro di Zielinski. Ma questa, esattamente come il mancato velo per Callejon, è solo scarsa conoscenza dei compagni.

Il ruolo dell’alternativa, ovvero offrire variabili

Un altro momento della partita di Pavoletti, a dir poco incoraggiante. Perché descrive un calciatore che sta pian piano adattandosi a un contesto di gioco non solo affiatato, ma molto strutturato. Classica azione del Napoli, con Hamsik che richiama l’esterno difensivo ad uscire su di lui e Insigne larghissimo. Pavoletti fa una prima cosa giusta. Non attacca la porta, tiene occupato il centrale senza andare in fuorigioco. In questo modo, si crea lo spazio per poter chiudere sul successivo cross di Insigne, che ragiona ancora come se ci fosse Higuain e crossa basso, teso. Perfetto per una zampata da Pipita classico, che se può evita lo scontro fisico o almeno anticipa l’avversario senza travolgerlo.

Quello che prova a fare anche Pavoletti. Dopo il passaggio per Insigne, il suo marcatore è costretto a scappare all’indietro, lui attacca il primo palo perché sa, lo sta imparando, che Insigne la giocherà lì. La tocca, non benissimo ma la tocca. Altrimenti si chiamerebbe Gonzalo. Però, ha capito cosa serve in queste situazioni. Ora, sta alla squadra capire che la prossima volta con Pavoletti in attacco, ci sono più alternative. Col senno di poi è facile parlare, ma qui un lob per la testa dell’ex centravanti del Genoa sarebbe stato possibile. Lui, più che d’anticipo come Higuain (tipo gol col Borussia Dortmund, primo anno a Napoli), ci sarebbe andato col fisico, dopo il corpo a corpo.

Doppio senso

Eccolo qui, il doppio senso di Pavoletti: essere un’alternativa e quindi offrire alternative, nel senso di variabili di gioco. Come il Napoli aveva imparato ad accogliere Milik (a metà tra Higuain e Pavoletti, come tipologia di calciatore) e poi Mertens, ora toccherà farlo con Pavoletti. Con un Pavoletti più in forma, magari, perché migliorato nella condizione e più inserito nel contesto squadra. Del resto, a Napoli ci siamo lamentati per un po’ di avere un solo centravanti vero, che si è pure fatto male (anche quello, a un certo punto, sembrava colpa del club). Ora, grazie a Sarri e al mercato, ne abbiamo tre. Tutti diversi. Due sono da settare, Milik da reinserire e Pavoletti da abituare. Ma i primi segnali sono quelli giusti, perlomeno confortanti. Le critiche no, perché sommarie. E sommariamente senza senso.

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