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Meglio Napoli seria che con identità. Seria come Marotta (e Callejon)

Un anno fa moriva Marvin Minsky, oggi Gerardo Marotta. Il primo demolisce l’esistenza dell’identità. Il secondo lo conferma dimostrando che anche lui è Napoli.

Meglio Napoli seria che con identità. Seria come Marotta (e Callejon)
Gerardo Marotta

Marvin Minsky, il padre dell’intelligenza artificiale

Un anno fa moriva Marvin Minsky, uno dei padri dell’intelligenza artificiale. Basterebbe a ricordarlo il suo capolavoro, La società della mente, un libro che vede al principio del suo prologo un celebre monito di Einstein: “Ogni cosa va resa il più semplice possibile, ma non più semplice”. Basterebbe, anzi, stampare e conservare solo gli ultimi tre capitoli di quel capolavoro, quelli relativi al libero arbitrio ed al mito della terza alternativa, la più agevole da tollerare per ogni essere umano: piuttosto che prendere coscienza del fatto che non esiste alcun Io ed ogni uomo sia il risultato di un complesso di agenti interni sostanzialmente fuori controllo, abbandonandosi a questa idea o combattendola invano, meglio creare l’illusione del libero arbitrio. Il vasto mito delle nostre scelte.

“Significa che dobbiamo abbracciare la visione della scienza moderna e mettere da parte l’antico mito del libero arbitrio? No. Non possiamo: troppo di quanto pensiamo e facciamo è collegato a questa antica convinzione”. Per poi chiosare: “Eccetto, ovviamente, quando siamo ispirati a trovare i difetti in tutte le nostre convinzioni, qualunque sia la conseguenza sulla nostra quiete mentale”

Demolisce l’esistenza dell’identità

Minsky demolisce, con gli occhi spalancati di un brillante uomo di scienza, l’esistenza dell’identità. Ma, con il senso pratico del vero uomo di laboratorio, afferma che da quella imprescindibile illusione dipende la nostra sopravvivenza. Un uomo di coraggio, il vecchio Marvin.

Seria, che bella parola

Sarebbe stato bello fare con lui una passeggiata a Napoli, dove molti si accapigliano (falsamente) sulla presunta esistenza di una identità addirittura cittadina, mentre si lotta contro lo scorno presunto di sentirsi dire che Napoli una identità non ce l’ha. Ma cosa avrebbe di più moderno una città con una identità chiara? In cosa consisterebbe questo vantaggio? Napoli una identità non ce l’ha mai avuta – perché, per fortuna, un po’ ha vissuto, e sa che illudersi che esista un noi è da fessi eppure obbligatorio come affermare che esista un io. Questa è la laicità di una città seria. Seria – che bella parola – come la partita dell’undici azzurro contro la Fiorentina in Coppa Italia nelle succinte ed efficaci parole di Callejon.

Il Napoli non è più un museo pedagogico del calcio

A proposito. Se esiste una di queste agenzie sociali – per dirla alla Minsky – cui proprio una identità manca, di certo è il Napoli. Che dall’inizio dell’anno è radicalmente mutato, seguendo un processo di cambiamento che io ritenevo enormemente improbabile. Da museo pedagogico del calcio con padiglioni dedicati ai vari indicatori di possesso palla in questa o quella zona del campo a fucina di veri figli di buona donna. Una trasfigurazione che è presto dire definitiva, ma il cui principale artefice è di certo Maurizio Sarri.

Ad un anno dalla scomparsa di Minsky, ha deciso di morire anche il nostro Avvocato Marotta. Lo ha fatto per dimostrare la veridicità del lavoro del cibernetico americano, lui che di Napoli è sempre stato la voce del dissenso che non può svanire e non trova requie all’ombra del portone del Palazzo Serra di Cassano. È Napoli anche Marotta col suo ricordo della Rivoluzione del ’99 e dei suoi ragazzi ammazzati come animali. Poi possiamo illuderci che l’unità esista. Forse basta essere solo seri, a volte segnare a volte coprire la fascia. Come Jose Maria Callejon.

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