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Napoli, se il miglior attacco della Serie A viene messo sotto processo

27 gol in 10 partite come i 16 risultati utili consecutivi: all’improvviso, l’attacco è da cambiare e il Napoli è da rifondare. Ovvero, ingratitudine e memoria corta.

Napoli, se il miglior attacco della Serie A viene messo sotto processo
Callejon ringrazia Mertens per l'assist (Cuomo)

Ingratitudine (forse)

Ne abbiamo lette tante, stamattina. Tante, nel senso numerico. Ma pure in quanto a varietà della tesi. Cioè, tanta roba diversa. La più bella, suffragata da un ex calciatore oggi opinionista (Roberto Pruzzo), riguarda una critica all’attacco del Napoli. Al fatto che il Napoli, ieri sera, non ha segnato. A questa frase, si dovrebbe aggiungere “più di un gol”. Semplicemente, perché il tabellino recita 1-1 e quindi un gol l’abbiamo fatto. Qualcuno ha detto che la rete di Mertens è in realtà un errore di Posavec. Nella stessa misura, gli altri nove tiri parati da Posavec sono da addebitare come gol. Facciamo la metà meno uno, quattro, perché il portiere fa parte del gioco in un senso non condizionale e non condizionato. Quindi, se quello di Mertens è gol per un errore del portiere, altri quattro tiri non sono gol per effetto di grandi interventi.

Sì, è una forzatura. Ma serve per sottolineare l’ingenerosità e l’ingratitudine esplose questa mattina nei confronti dell’attacco azzurro. Che, se proprio vogliamo fare i puntigliosi, resta il primo della Serie A. E che, se proprio vogliamo continuare a fare i puntigliosi, ha segnato 27 gol nelle ultime 10 partite di campionato. 2,7 a partita. E solo in due occasioni non ha superato effettivamente i due gol a partita. Non è un caso, i due pareggi: Sassuolo e Palermo. Queste critiche, al paese nostro, sono frutto di ingratitudine. E l’abbiamo detto. Ma anche di memoria corta.

Centravanti

Le parole usate da Pruzzo sono state semplici: «Sarri ha due centravanti, come fa a non schierarne nemmeno uno?». In molti hanno fatto proprio questo concetto, o magari lo pensavano anche loro e non sono stati influenzati dal vecchio Bomber. Dimenticandosi velocemente quello che è stato e ha fatto Mertens in un ruolo che, lo dicono i numeri, lo ha esaltato e lo esalta ancora. Il belga è a 17 reti stagionali. Di queste, 13 in campionato. Di queste 13, 10 nelle ultime 7 partite. L’ottava l’ha saltata per squalifica (Napoli-Inter).

In realtà, anche Sarri sa. Sa che ieri, in una partita così, sarebbe servito il miglior Pavoletti. Quello carico, in forma, tonico, fisicamente al top. Possibilmente, aderente ai concetti tattici della squadra – anche se è solo una questione di tempo. L’ha detto nel postpartita, quando ha sottolineato che il Napoli deve abituarsi ad avere un centravanti così. Diverso dai centravanti cui questa squadra è stata ed è ancora abituata. Perché Milik, lui sì che poteva sfruttare al meglio anche un bel cross dalla fascia da inzuccare in rete. Solo che si è fatto male dopo un mese e mezzo di (ottimo) Napoli.

Quindi, Gabbiadini. Anzi, quindi Mertens. Adattamento fisiologico, poi il Napoli ha preso a volare. Si è inceppata solo ieri, la macchina del gol. E contro il Sassuolo, è vero. Ma si tratta di un tempo lontano, esattamente tredici risultati utili fa (con due soli pareggi in mezzo, Fiorentina e ieri Palermo).

I gol come i risultati

Il Palermo si doveva battere. Però, si fa presto a fare la stessa cosa fatta con l’attacco. Ieri non si è segnato più di un gol, va cambiato. Trasliamo il concetto alla squadra –> Il Napoli non ha battuto il Palermo penultimo, quindi è una squadra che ha dei problemi. Nonostante, ma questo scolora, 16 risultati utili consecutivi (con il rapporto di quattro vittorie per un pareggio) e successi importanti come quello di Milano. Contro lo stesso Milan che ha battuto la Juventus. La stessa Juventus che a Palermo, tanto per dire, ha vinto tirando ben 6 volte in porta. La metà rispetto al Napoli. E con un gol nato da un tiro deviato di Dani Alves. E subendo pure più tiri del Napoli, 4 contro 2.

Insomma, tutto questo per spiegarvi e spiegarci che siamo di fronte a una partita storta. Che il Napoli, in casa, aveva battuto Sampdoria e Pescara nelle ultime due. Che quindi, nelle ultime due, non c’è stato alcun caso clamoroso di mancanza di mentalità. Per spiegare e spiegarvi che l’attacco è la metafora della squadra: non servono catastrofismi, il Napoli è in salute. Dal punto di vista fisico, dal punto di vista tattico. Mentalmente, questo sì, non è ancora una squadra al top perché non riesce a venire a capo di alcune situazioni. Eppure, tre delle cinque vittorie precedenti (Sampdoria, Milan e Fiorentina Coppa Italia) sono arrivate col coltello tra i denti, con la maturità, il cinismo e quello che volete voi.

Memoria

Occorrono equilibrio, oggettività, obiettività, Dopo, per esempio, si può dire che magari far partire Zielinski dall’inizio (più “offensivo” rispetto ad Allan come mezzala) avrebbe portato più varietà offensiva. Forse, chissà. Noi la pensiamo così. Dopo, magari, si può dire che l’ingresso di Pavoletti poteva avvenire prima o non avvenire proprio. Fermo restando che, sul gol di Mertens, una delle chiavi è lo spazio più ampio di manovra garantito al belga dalla presenza di un altro attaccante. Si può dire tutto, e avrete comunque ragione perché il Napoli non ha battuto la penultima in classifica. Però, magari, non si dovrebbe dimenticare quanto successo fino a poche ore prima. Siamo quelli sempre pronti a ricordare Maradona, e guai a toccarcelo. Si può fare anche col Napoli di oggi, o no?

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