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Gullit da Fazio difende Maradona: «Messi è protetto dagli arbitri, Diego no»

Gullit parla di Mandela, ricorda l’ossessività di Sacchi e spende parole importanti per Maradona. «Con quelle treccine, sembravo un attore porno».

Gullit da Fazio difende Maradona: «Messi è protetto dagli arbitri, Diego no»

Se vi siete persi Ruud Gullit da Fabio Fazio, vi consigliamo di recuperarlo su internet. Innanzitutto perché è stato molto simpatico e divertente, poi perché ha detto cose molto interessanti, col suo solito stile naif, sul suo passato in Italia: sul Milan, su Sacchi e anche su Maradona.

Io e Mandela

Toccante il ricordo di Mandela, con cui Gullit ha avuto un rapporto molto intenso: il campione olandese gli dedicò il pallone d’oro vinto nel 1986, quando era ancora in carcere.

Ricordo ancora quando mi disse: “Ora che sono presidente ho tanti amici, tu sei uno dei pochi che era mio amico anche quando ero in carcere”.

Gullit è in trasmissione per presentare il suo libro “Non guardare la palla. Che cos’è (davvero) il calcio” (Piemme), in cui racconta la sua vita di calciatore (e non solo). A cominciare ovviamente con il suo rapporto con il nostro paese.

Italia, Paese del ‘bello’

Grandi apprezzamenti per l’Italia e gli Italiani. Il tono sembra sincero, le sue frasi non di maniera, ma frutto di reale convinzione

Quando sono venuto dall’Olanda ho trovato un mondo nuovo. Tutto era diverso. E per capire e farmi capire ho dovuto imparare la lingua. Credo che l’italiano sia una delle lingue più belle del mondo. In generale, in Italia ho imparato ad apprezzare la bellezza della vita. Perché agli Italiani piace tutto ciò che ha a che fare con la bellezza: le donne, le macchine, il cibo, la moda…

Una sensibilità che fra l’altro viene ricordata anche in un altro episodio, quando Ruud fece cambiare le divise del Psv perché troppo brutte.

I difetti di Sacchi

Molto gustosi i racconti su Arrigo Sacchi, suo primo allenatore in Italia, nel famoso Milan degli olandesi. E, incredibilmente, scopriamo che Gullit non ha di Sacchi quel timore reverenziale che vediamo nei salotti televisivi ormai da un paio di decenni. Certo, ne sottolinea il grande valore di innovatore tattico, ma si diverte a raccontarne difetti e aneddoti.

Sacchi non sapeva parlare inglese, io quando arrivai non sapevo parlare italiano, quindi la comunicazione fra di noi era complicata. Di certo l’inglese di Sacchi era peggio del mio italiano. Così i primi tempi ci limitavamo ai gesti. Lui mi diceva ‘go e come’, indicandomi che dovevo fare la spola fra centrocampo e area di rigore. Poi, una volta, voleva spiegarmi come fare una finta, fece un rapido movimento della testa e si stirò il muscolo del collo. Fu costretto a un mese di terapia.

E giù risate.

Altri difetti di Sacchi erano la tensione nervosa, la pignoleria, l’ansia da partita e soprattutto le urla:

Era fanatico. Urlava sempre, in continuazione. Ma ben presto perse la voce. Così si procurò un megafono, ma purtroppo urlava pure nel megafono, così la sua voce risultava ancora più insopportabile. Poi un’altra cosa che odiavamo era la sua abitudine a parlare coi calciatori prima delle partite. E non è tanto piacevole parlare di calcio alle 11 di sera. Così, quando eravamo in ritiro, se si sentivano dei passi nel corridoio, tutti spegnevano la luce e facevano finta di dormire.

Maradona uomo perbene

Se i complimenti al Maradona calciatore erano pressoché scontati, belle e inaspettate sono state le considerazioni sul Maradona uomo:

Maradona era il “pacchetto completo”. Lui non era soltanto un grande calciatore, era un leader. Sapeva vincere da solo, come ha fatto al Mondiale. Era una bravissima persona. Il suo problema era che voleva essere amato da tutti. E quando i giornalisti lo stuzzicavano lui ci rimaneva male e reagiva subito. Nel suo cuore era una buona persona. Quando vedo Messi penso che è un grande calciatore ma è protetto: dagli arbitri, dalle telecamere, dal regolamento. Messi può limitarsi a dribblare. Diego doveva saltare alto così, non per fare dribbling ma perché volevano spezzargli le gambe.

Anche Gullit prendeva calci. Ma aveva un modo tutto suo di reagire:

Io mi rialzavo subito. Per intimorire gli avversari. Così, quando mi rialzavo e li guardavo negli occhi, loro pensavano: “Ma come, non si è fatto male? Ora sarà arrabbiato…”. Così aveva più paura di me. Ma quello peggio di tutti era Rijkaard. Lui all’inizio, subito il fallo, non diceva niente. Si vendicava sempre, non subito. Faceva passare del tempo, poi, quasi alla fine della partita, bam, faceva il fallo.

Sembravo un attore porno

Girano sullo schermo vecchie immagini di Gullit, con baffi e treccine d’ordinanza. E qui il simpatico Ruud dà il meglio di sé:

Non mi piace riguardare le vecchie foto. Con quei baffi e quelle treccine sembravo un attore porno. Che brutto! Sono molto meglio adesso.

Deluso dal Milan

Si associa Gullit al periodo rossonero, pochi ricordano però che (per ben due volte) lui lasciò il Milan per andare alla Sampdoria e Fazio, tifoso doriano, non si fa sfuggire l’occasione, ricordando la famosa frase di Boskov (“Gullit è come cervo che esce di foresta”) che appunto allenò l’olandese nel periodo blucerchiato. E qui viene fuori un rancore poco noto nei confronti della società rossonera:

Mi trattavano come un calciatore finito. Mi dicevano sempre che non potevo giocare a causa dei problemi al ginocchio. Io invece fremevo. Mi sentivo bene. Per questo poi, quando ho segnato al Milan con la maglia della Sampdoria, ho esultato. Per sfogare la rabbia che avevo dentro. In blucerchiato ho vissuto una delle migliori stagioni dal punto di vista realizzativo. Mi sentivo libero. Eppure il Milan era nel mio cuore. Per questo poi, quando mi chiesero di tornare, non riuscii a resistere: fu una scelta di cuore. Ma fu un errore. Perché era cambiato tutto.

Gullit ha concluso dicendo che è contento della sua vita, sa di essere stato fortunato, ha commesso errori e ha fatto cose giuste, ma oggi è una persona felice.

Ho sempre pensato che non bisogna pentirsi delle decisioni che si prendono nella vita. Bisogna viverla appieno, facendo al meglio ciò che si sa fare. E io credo di esserci riuscito. Una bella avventura.

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