ilNapolista

Jorginho, cronaca di una crisi e di una rinascita

Il regista brasiliano sta riscoprendo le sue migliori misure, dopo aver patito più di ogni altro l’infortunio di Milik e le difficoltà del Napoli.

Jorginho, cronaca di una crisi e di una rinascita

L’anno zero: per il Napoli o per Jorginho?

Un’analisi superficiale della stagione del Napoli ci dice che esiste un periodo Avanti Milik e uno Dopo Milik. L’infortunio del polacco, nella suggestione popolare, rappresenta l’anno zero di questa stagione, un punto di non ritorno. O di cambiamento, ovviamente in negativo. Abbiamo spiegato più volte che non è proprio così. L’adattamento all’assenza del centravanti ha causato scompensi tattici che hanno influenzato il Napoli molto di più dell’assenza di una prima punta in quanto tale. Tanto che, alla fine, Mertens (e finanche Gabbiadini) hanno messo insieme un rendimento strepitoso (il primo) o comunque accettabile (il secondo) sottoporta.

Se per qualcuno l’infortunio di Milik è davvero contato qualcosa in negativo, questo qualcuno si chiama Jorge Luiz Frello. Lo conosciamo meglio, tutti, come Jorginho. Il centromediano brasiliano, pur se in un’altra posizione, e ovviamente anche per un suo scadimento di forma, ha vissuto peggio di tutti il cambio di gioco del Napoli. Anzi, più che il cambio gioco (la squadra di Sarri segue sempre gli stessi principi, in fondo), la leggera modifica nell’impostazione offensiva. Quella necessaria per sottendere, in qualche modo, alla mancanza di un Higuain o di un Milik.

Sorpassare Diawara, di nuovo

Solo ora, nelle ultimissime partite, Sarri ha ritrovato il suo Jorginho. Capace, a suon di prestazioni positive, di scalzare nuovamente chi l’aveva scalzato. Quel Diawara che aveva impressionato (giustamente) tutti. Quel  Diawara che ha appena 19 anni eppure aveva saputo prendere in mano senza remore il centrocampo. Quel Diawara che oggi, semplicemente, sta in panchina. Perché è di nuovo il turno di Jorginho.

Lo leggi nei numeri, questo ritorno. La verifichi nelle statistiche, questa rinascita. Lenta, graduale ma visibile. Palloni toccati: 111 col Cagliari, 121 con il Torino, 84 con la Sampdoria e 159 col Pescara. Il numero, benché influenzato dalla partita e dalla forza degli avversari, tende a salire. Così come sale di nuovo l’accuratezza dei passaggi: 94% contro il Torino, 90% contro gli abruzzesi. Contro la Sampdoria, il dato è molto più negativo (addirittura il 78%), ma fu merito anche dei ragazzi di Giampaolo. Contro il Pescara, nonostante un primo tempo negativo, il ritorno ad alti ritmi ed alti livelli nella ripresa. In coincidenza con i gol del Napoli, non è un caso.

Giocare bene, giocare male

Che poi, per Jorginho, la definizione di “primo tempo negativo” oppure di “prestazione negativa” è molto particolare. Ci siamo mai posti la domanda sul cosa voglia dire “Joorginho ha giocato male”? Nel senso: gioca male il pallone o ne gioca pochi? La risposta, ovviamente, non può essere definitiva. È a metà tra queste due situazioni. Quando Jorginho non è in forma, ricordiamo partite contro quelle contro Besiktas, Roma, Atalanta, è più che altro assente dal gioco. In questo caso, è colpa/merito anche degli avversari. Che, in un anno, hanno capito cosa fare per fermarlo (un uomo addosso, fin dal primo secondo di gioco).

Poi, l’altra faccia della medaglia. Ovvero, i passaggi gestiti male. L’errore (di sufficienza) contro il Besiktas è lo zenit di queste situazioni, ma più che altro si tratta di appoggi che non riescono a seguire il solito ritmo. Quello tipico, veloce e sincopato, del Napoli di Sarri. Nella nostra biografia stagionale dello scorso anno, di Jorginho dicevamo questa cosa qui:

Jorginho è il calciatore di Serie A che ha giocato più palloni in assoluto (3487), che l’ha fatto meglio in proporzione a tutti gli altri (91% di pass accuracy) e che ha la quinta quota di passaggi chiave dell’intero campionato, primo tra i cosiddetti registi (61).

[…]

Il resto è calma, è magistero, è capacità di far salire la squadra in maniera armonica e di appoggiare e coprire perfettamente tutta la zona centrale del campo e di assorbire i tocchi dei compagni. Jorginho detta i tempi, tiene alto il ritmo della squadra. La palla arriva a lui e lui te la restituisce pulita, lavorata. Pronta all’ennesima azione offensiva. Jorginho è perfetto per il Napoli e il Napoli è perfetto per Jorginho. Non c’è altro da aggiungere.

Back to the Future

Ecco, oggi Jorginho sembra stia tornando quello lì. Che ha patito più di ogni altro l’assenza di un riferimento centrale fisicamente piazzato, sempre presente. Un regista offensivo alla Higuain, un uomo dalla sponda elementare come Milik. Jorginho non trovava Gabbiadini o Mertens, e inoltre ha dovuto fare i conti pure con l’assenza di Albiol. Che, per chi costruisce il gioco, rappresenta il riferimento arretrato.

Un Napoli sistemato attraverso piccoli cambiamenti, e con un Albiol ritrovato, ha iniziato a recuperare proprio Jorginho. Che ha fatto un assist e ha sfiorato il gol, due situazioni belle che però sono solo complementi d’arredo. Il vero Jorginho è quello che macina gioco, 150 palloni a partita e che gioca soprattutto pulito. Quello visto nella ripresa con il Pescara, o contro il Torino. Ecco, quello lì. Che sembra non essere mai cambiato dall’anno scorso, dall’infortunio di Milik. Che ha saputo piegare il suo anno zero, rovesciarlo e tornare in pista. Che poi, tra 15 giorni, il polacco rientra. E Albiol c’è, di nuovo. È al suo posto. Per il bene del Napoli, ma anche per il bene di Jorginho.

ilnapolista © riproduzione riservata