ilNapolista

Il Barcellona, all’improvviso, è diventato «un club senza progetto»

Un pezzo di Repubblica sulla crisi del Barça: il mercato che viene prima della Masia, i tormenti di Luis Enrique, Piqué e lo spogliatoio. La realtà è che i giovani di oggi non sono all’altezza di quelli di ieri.

Il Barcellona, all’improvviso, è diventato «un club senza progetto»

Un articolo di Repubblica

Nonostante la vittoria nei quarti di finale di Copa del Rey (ieri sera, 3-1 al Camp Nou contro l’Athletic Bilbao dopo l’1-2 dell’andata), il Barcellona è nell’occhio del ciclone. Un pezzo pubblicato oggi da Repubblica mette a nudo il club azulgrana, esposto alle critiche della stampa e del tifo catalani. Il problema sarebbe la «mancanza di progetto». Una locuzione che, dalle parti di Napoli, è utilizzata spesso. Vediamo cosa significa in accezione culé.

In pratica, il Barcellona sembra «aver smesso di credere nella propria storia», mettendo il mercato in primo piano rispetto allo sviluppo della Cantera, della Masia. Gli acquisti delle ultime due sessioni non hanno dato grandi frutti. Si pensi a Aleix Vidal, Paco Alcacer, Arda Turan, Umtiti, André Gomes. Dopo questo, i punti in classifica: mai così male, il Barça, dal 2008. I campioni di Spagna in carica sono lontani 5 punti dal Madrid capolista, e senza le giocate di Messi questa squadra fa una grandissima fatica.

Inoltre, come spiegato anche su Repubblica, i tecnici che fecero grande l’ultima generazione di talenti della Masia sono stati mandati via. «Oggi – si legge – li troviamo in giro per l’Europa, in Messico, in Paraguay, in Cina». Insomma, un problema di identità che manca al termine di un ciclo. E di punti in classifica che scarseggiano, soprattutto. Due anni e un anno fa, la cosa non era tanto diversa. Eppure, non ci si lamentava così.

Madridizzazione

Un altro passo importante del pezzo riguarda la presunta madridizzazione del club azulgrana. Una sorta di tendenza ad essere come il Real, che «specula da sempre sulla grandezza». Il Barça, invece, ha sempre incarnato la rivoluzione del gioco, della politica di reclutamento, della fantasia. Oggi, la vecchia formula non funziona più. Colpa di tante contingenze: Luis Enrique che pare non avere grandi rapporti con lo spogliatoio, le frizioni tra i calciatori, tensioni sparse. Come quella di Piqué, che critica gli arbitri e da cui lo stesso tecnico si dissocia. E poi il digiuno di Neymar, ieri a segno ma fermo al gol (in Liga) dal 2 ottobre scorso.

Tante cose belle (brutte per loro), tante cose vere. La verità sostanziale, però, l’aggiungiamo noi. Semplicemente, si è esaurita una grande generazione di campioni. Gli Xavi, gli Iniesta, i Pedro, gli stessi Messi. Le basi (a costo zero, perché provenienti dalle giovanili) su cui costruire una grande squadra di campioni. I giovani eredi non sono stati all’altezza della situazione. Oggi, nella squadra titolare, solo Sergi Roberto è un prodotto giovane della Masia. E, in più, al mercato si può sbagliare. E l’errore può essere costoso, anche se ti chiami Barcellona.

Non è altro che questo, e poi tutto quello che ha giustamente scritto Repubblica. Perché se nel calcio vuoi fare la rivoluzione, devi partire sempre e solo da un punto: il campo. E i rivoluzionari di oggi non sono all’altezza di quelli di ieri.

ilnapolista © riproduzione riservata