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Scuola, l’assessore Palmieri: «Non si può portare il cibo da casa. La gara per la refezione non è al ribasso»

«C’è un dibattito filosofico sui legumi da passare o meno. L’Asl ha certificato che l’insetto non è stato originato dagli alimenti».

Scuola, l’assessore Palmieri: «Non si può portare il cibo da casa. La gara per la refezione non è al ribasso»

Dopo il caso del coleottero che ha tenuto in scacco le scuole del Vomero per 48 ore torniamo sull’argomento con un’intervista ad Annamaria Palmieri, assessore alla Scuola e all’Istruzione del Comune di Napoli, alla quale abbiamo chiesto anche chiarimenti sul ribasso con cui la ditta Sodexo si è aggiudicata la gara per la refezione scolastica nella V municipalità fino a giugno 2017 e su altri argomenti relativi all’appalto.

Sodexo. Annamaria Palmieri

Assessore, parliamo del caso Sodexo-Piscicelli. Che novità ci sono?

«Per oggi ho riunito la commissione mensa centrale e incontrerò l’Asl. Dopodiché stabiliremo una data per incontrare i genitori della Piscicelli. La dirigente della scuola ha seguito il protocollo giusto: è venuto fuori che si trattava di una singola mosca, che non c’erano vermi né pappici e la preside quindi è molto tranquilla e giustamente non vuole autorizzare l’ingresso di pasti dall’esterno».

La mosca nel piatto

Nel Verbale di Constatazione dell’Asl si parla di “un coleottero di 4 mm privo di elitre e con ali raggrinzite”. L’Asl scrive che queste caratteristiche probabilmente sono da attribuire alle temperature elevate a cui  stato sottoposto l’insetto e che “trattasi di impurità biotica che non costituisce un pericolo sanitario”. Che vuol dire in parole semplici?  

«È proprio la mosca nel piatto. Potrebbe essersi cotta anche col calore della scodella, non è detto che si sia cotta nella pentola. Se è finita dentro il piatto nel momento dello scodellamento, è chiaro che si cuoce. Perché si presuppone che il cibo sia caldo. Non so se l’Asl abbia il potere di stabilire il momento in cui l’insetto è finito nel piatto. Di certo hanno stabilito che è un animaletto ma che non è originato dagli alimenti, cosa che sarebbe stata preoccupante. In realtà il vero punto è che le lenticchie non erano passate. Pare che la precedente ditta le portasse passate. Poi c’è tutta una discussione filosofica anche sul lasciare le fibre e non lasciarle ma questa è tutta filosofia. Anche nei comitati mensa una parte vuole le lenticchie passate e una parte no…».

Gran parte dei dubbi dei genitori deriva dai precedenti della ditta: vermi e larve nei piatti, qualità scadente…

«Guardi, il cambio non fa bene mai, crea sempre squilibri. Ovviamente ci sono i controlli da fare, sempre. Ma una cosa deve essere chiara: nessun intervento della politica sarà mai sulle gare che devono essere sempre trasparenti. Tra l’altro la gara in alcuni lotti è ancora aperta. Chiunque però chieda all’assessore interventi sulle ditte pecca di ingenuità».

Il ribasso anomalo di Sodexo

Assessore, la Sodexo si è aggiudicata la gara con un ribasso molto alto, del 17%. Il Comune le ha chiesto di giustificarlo?

«Certo. La norma dice che quando la ditta fa un ribasso eccezionale, il cosiddetto “ribasso anomalo”, viene invitata a giustificarlo, solo se lo giustifica il ribasso viene accettato. Lo dice il codice degli appalti».

E tutto questo nel caso della Sodexo è stato fatto?

«C’è una commissione di gara che deve farlo, perciò non lo deve chiedere a me. Ma do per scontato che sia stato fatto, non potrei immaginare non lo fosse. Ci sono gli atti che lo dimostrano».

La retta dei genitori

In tanti si domandano come mai se la gara è stata fatta con un simile ribasso la retta che pagano i genitori sia rimasta invariata.

«Attenzione. La gara non è stata fatta al ribasso ma con l’offerta economicamente più vantaggiosa. Bisogna spiegare. I genitori pagano una retta che è un contributo alla refezione scolastica rispetto all’appalto, che indichiamo secondo il costo unitario del pasto, che supera di molto le rette dei genitori. Le faccio un esempio: il Comune deve spendere 10 milioni l’anno per la refezione scolastica. Facendo pagare rette che sono le più basse in Italia, i genitori contribuiscono per il 30%. Il Comune mette i 10 milioni ad appalto con un costo unitario del pasto di 5 euro, dopodiché la ditta, per aggiudicarsi la gara, dice che invece che a 5 euro fornirà la refezione a 4,10 euro, perciò dei 10 milioni se ne risparmiano 900mila.

«Questi soldi risparmiati sono economie di scala che vanno nel bilancio comunale. Sono soldi che tornano ai cittadini sotto forma di servizi. È divertente che il genitore che ha i bambini alla refezione scolastica contribuisce per il 30% ma per il restante 70% contribuiscono tutti i cittadini napoletani perché le tasse le pagano anche quelli che non hanno figli in età di refezione! Quando si pagano le tasse al Comune si pagano le scuole, le strade e anche la refezione scolastica. Il bilancio non è privatistico: tutti i cittadini concorrono a comporre un bilancio all’interno del quale le risorse vengono destinate a seconda di vari capitoli di spesa.

«Ecco spiegato. Non si tratta di ribassi sui contributi, ma di ribassi all’interno dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Non ha vinto chi ha offerto di meno: se la gara fosse al ribasso ci sarebbero dei delinquenti che cercherebbero di aggiudicarsela a ribassi molto più alti, anche del 50%. Invece in questo caso il ribasso vale tra due ditte che offrono la stessa qualità».

Dunque la refezione non viene pagata dai contributi della refezione?

«Esatto. Al Nord ci sono comuni che offrono il servizio di refezione scolastica a copertura totale dell’utenza e fanno pagare fino all’ultimo centesimo solo a chi mangia. Il Comune di Napoli non copre il servizio con le tariffe. Se volessi fare questo, ogni genitore pagherebbe 150 euro al mese e pagherebbero tutti uguale. Ecco perché alcuni comuni del Nord rifiutano la refezione a chi non paga. Il nostro è un servizio educativo e per questo lo diamo facendolo pagare a tutti i cittadini e non solo agli utenti: se lo dovessimo far pagare solo agli utenti del servizio, lo faremmo pagare tutto intero. Insomma, il genitore non paga il pasto ma un contributo al pasto che alcuni pagano a formula piena e altri in modo ridotto, a seconda del reddito».

Il panino da casa, sì o no?

È vero che la dirigente della Piscicelli ha dato la possibilità ai genitori di prelevare i bambini, farli mangiare a casa e poi riportarli a scuola per il completamento delle lezioni?

«Non è che ha autorizzato a farlo: è l’unica cosa che un dirigente può e deve fare se i bambini non vogliono la refezione scolastica. Non può mica lasciarli digiuni a scuola! Le spiego: la norma prevede che nel momento in cui si scelgono il tempo pieno o quello prolungato, si scelga anche la refezione. Purtroppo c’è una carenza nella norma che l’Anci (Associazione Nazionale Comuni Italiani, ndr) sottolinea da sempre e cioè che il servizio è a domanda per cui non si può imporre a un genitore di prendersi la refezione: il genitore deve volerla. Nel momento in cui la rifiutasse, il genitore ha due possibilità: o prendere il tempo ridotto, quello normale, con uscita alle 13, oppure portare il cibo da fuori, cosa che molti dirigenti scolastici, per ragioni igienico-sanitarie, non vogliono perché la responsabilità diventa totalmente loro.

«Non solo: nel momento in cui si fa entrare il cibo dall’esterno si danneggia anche chi prende la refezione perché a meno che due bambini non mangino separati – e se lo facessero sarebbe terribile perché si vanificherebbe la modalità educativa e il principio stesso di refezione scolastica – se il bambino che porta il panino al prosciutto da fuori lo fa assaggiare al compagno che invece prende la refezione e questo si sente male, perché allergico, ad esempio, o per altri motivi, come si fa a dire che la colpa è della ditta per quello che ha fornito? Ci sono una serie di motivazioni di natura igienico sanitaria e di sorveglianza per cui buona parte dei dirigenti scolastici napoletani non accetta il cibo dall’esterno tant’è che anche rispetto alla famosa sentenza del Tar hanno preso una posizione molto netta».

La sentenza del Tar

La sentenza del Tar, pur autorizzando l’ingresso di cibo dall’esterno, non prevede però un adeguato protocollo sanitario. È giusto?

«Sì. E infatti ha creato un grave problema tanto che l’Anci ha scritto con molta nettezza al Miur e al Ministero della Salute di esprimersi perché noi non siamo un servizio di catering, ma continuiamo a fornire solo un servizio di refezione alle scuole che la chiedono. Laddove non la chiedessero, diventa un problema delle scuole la gestione dell’orario scolastico. Per questo motivo la preside, giustamente, di fronte ai genitori che non vogliono la refezione, non ha comunque autorizzato l’ingresso del panino dall’esterno perché non le dà sicurezza dal punto di vista igienico sanitario. Quindi se i genitori non vogliono la refezione, devono ritirare i bambini e poi riportarli a scuola dopo mangiato. Se hanno scelto l’orario lungo, non è possibile altrimenti. L’orario lungo prevede che dopo la refezione si continui l’attività didattica e non si può danneggiare certo il curriculum scolastico».

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