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Woodburn, Enzo Zidane e Alena ci ricordano che l’Italia ha un grande problema con i giovani

Tre giocatori a segno nella settimana di coppe nazionali. L’Italia non è mai riuscita e non riesce a lanciare serenamente i giovani, a differenza di tutto il calcio europeo.

Woodburn, Enzo Zidane e Alena ci ricordano che l’Italia ha un grande problema con i giovani

Tre nomi

Ben, Enzo, Carles. Sono i nomi di questa due giorni di coppe nazionali tra Spagna e Inghilterra, sono i nomi di battesimo dei tre giovani (anzi, giovanissimi) che hanno fatto i protagonisti con le maglie di Real Madrid, Barcellona, Liverpool. Club di un certo livello, dunque.

L’ordine è temporale, e il primo signore viene da Chester, Inghilterra. Ha la nazionalità gallese, si chiama Ben Woodburn. A 17 anni e 45 giorni, è diventato il più giovane goleador nella storia del Liverpool. Il precedente record era detenuto da Michael Owen (17 anni e 145 giorni, gol nel maggio 1997 contro il Wimbledon). Woodburn aveva esordito in Premier League giusto sabato, è stato mandato in campo da Klopp al 67esimo della sfida di League Cup contro il Leeds, ad Anfield Road. La rete è arrivata dopo 14 minuti di gioco. La potete vedere nel video sotto, l’azione parte al minuto 2.00.

Il secondo none Enzo sta infatti per Enzo Zidane, figlio di Zinedine e nome in onore a Francescoli, idolo paterno. Papà chiama, figlio risponde. In Copa del Rey, al Bernabeu contro il Cultural Leonesa, mister Zizou fa esperimenti e lancia il primo prodotto di casa insieme ad altri calciatori di riserva (il 23enne dominicano Diaz, ad esempio) o a prodotti della cantera (Tejero, Odegaard, il terzo portiere Yanez). Enzo entra nella ripresa, al posto di Isco. Diciassette minuti di gioco e fa gol. Benvenuto.

Il Barcellona, qualche ora dopo, affronta in trasferta l’Hercules di Alicante. Per i catalani, è il match di andata. E l’avversario è un tantino più forte, pronto e conosciuto del Cultural. Luis Enrique scende in campo con Alex Carbonell e Carles Alena a centrocampo, Borja Lopez al centro della difesa. Quest’ultimo è un classe 1994, ma gioca comunque nella squadra riserve. Carbonell e Alena, invece, sono nati, rispettivamente, nel 1997 e nel 1998. Alena segna il gol del pareggio dopo l’iniziale vantaggio dei padroni di casa. Sono rimasti tutti in campo, nonostante la brutta piega che stava prendendo il match.

Houston (Roma), abbiamo un problema

Tutto questo per dirvi che l’Italia ha un grosso problema con i giovani. Ce l’ha il Napoli, con Rog che fa panchina. Ce l’ha la Juventus, che non schiera Kean a Genova, accanto a Mandzukic, ma adatta Cuadrado. Ce l’ha l’Inter, che Gabigol vale solo 16′ contro il Bologna e poi più nulla. Ce l’ha il sistema, che considera “giovane” – per la nazionale, soprattutto – la coppia gol composta da Immobile e Belotti. Il primo ha 26 anni, a febbraio spegnerà 27 candeline; il secondo ne ha 23 da compiere nei prossimi giorni.

È una nostra arretratezza culturale, c’è poco da fare. Non è una questione di nomi, di generazioni. È sempre stato così, quella favoletta trita e ritrita dell’esperienza, del pelo sullo stomaco necessario per il campionato italiano. Che poi è lo stesso torneo in cui il Milan e l’Atalanta hanno il miglior rendimento esterno con gli undici titolari dall’età media più bassa. Però, riflettiamoci insieme: se per Gasperini i giovani sono un diktat societario, per Montella sono una (piacevole) imposizione delle contingenze. Il Milan in rifacimento (in attesa dei cinesi), pesca da lì oppure non pesca proprio, semplicemente. Il resto delle squadre vive l’ansia assoluta di dover/poter giocare con calciatori giovani. Quelli “non pronti” che poi marciscono.

Do you remember Pirlo?

Una delle storie più esaustive ed esplicative, in questo senso, è quella di Andrea Pirlo. Che forse, non tutti ricordano. Giovane e geniale trequartista del Brescia, viene acquistato dall’Inter. Gioca poco nella prima stagione, poi un prestito alla Reggina e di nuovo al Brescia. Poi lo prende il Milan, nell’affare che porta Brnicic (!) in nerazzurro. Pirlo, a 23 anni compiuti, gioca 18 partite in Serie A (a singhiozzo). “Non è ancora pronto”. L’anno dopo, Ancelotti si sveglierà e lo trasformerà nel miglior regista del mondo. Così semplicemente.

All’estero non è mai (stato) così. L’esempio di Owen, di cui sopra. Quello più recente di Walcott o Rashford. La Spagna, che nel 2003 lancia Fernando Torres titolare in nazionale a 19 anni. La Germania campione del mondo, con Kramer titolare e Goetze decisivo nell’ultima finale mondiale (23 e 22 anni). Insomma, il problema siamo e ce l’abbiamo noi. È dimostrato, anche da questa due giorni di coppe nazionali in giro per l’Europa. Siamo indietro, e abbiamo paura. Anche quando ne abbiamo la possibilità (vedi Napoli, appunto, e non parliamo solo di Rog). Colpa del sistema, dei tifosi, dell’ansia del risultato. Di quello che volete. Ma non va, così. Ce lo dice il grande calcio europeo.

 

 

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