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La sindrome di Schmäler (ovvero della squadra che passava all’indietro)

Posta Napolista / Albiol come De Napoli, Lisbona come Stoccarda, Raul Jimenez come il mitico Olaf Schmäler. Eppure possiamo essere bravi, felici e vincenti anche noi.

La sindrome di Schmäler (ovvero della squadra che passava all’indietro)

Il gol di Schmäler

Siamo oramai vicini alla vittoria, guardiamo i secondi scorrere e vorremmo che la partita fosse già finita. Ma intanto c’è ancora da giocare. E allora decidiamo di farla finire da soli, facciamo melina, congeliamo il gioco. Ma meglio ancora, facciamo un lungo ed inutile retropassaggio che arrivi fino al difensore più lontano, al portiere, o anche fino al parcheggio oltre gli spalti. Saremmo disposti a tutto pur di chiuderla lì. È quello che chiamano il braccino (in questo caso sarebbe ‘la gambetta’), o la paura di vincere.

Saranno forse queste le ragioni che, nella serata così positiva di Lisbona, hanno spinto uno dei nostri (sembrava proprio Mertens) ad effettuare dalla fascia sinistra una sorta di lunghissimo lancio al contrario, che sommato poi all’indecisione, più comprensibile, di Raul Albiol, ha aperto la strada al gol dei portoghesi. Le stesse ragioni che nella partita di andata avevano allentato i nervi di Jorginho, ripetutosi poi anche contro il Besiktas. Insomma, ogni volta in cui siamo ad un passo dall’impresa mai realizzata prima, quando siamo sul punto di agguantare una qualificazione o il primo posto nel girone, ecco che arriva la vertigine a trascinarci giù, o piuttosto all’indietro.

Raul, Nando

Era già successo anche in un’altra grande partita che tutti conosciamo bene, giocata a Stoccarda il 17 maggio 1989, e che ha consegnato il Napoli definitivamente alla storia. Nando De Napoli è sulla fascia, quella destra. Si guarda intorno e forse già si immagina mentre abbraccia i compagni alzando la coppa al cielo. Ma così facendo la sua mente rallenta e contemporaneamente aumenta il timore di essere pressato. È esattamente il tipo di situazione in cui torna utile il passaggio conservativo per eccellenza, quello in cui la palla, anziché andare in avanti, va all’indietro, allontanandosi dagli avversari. Un passaggio talmente sicuro da potersi fare anche senza guardare, o quasi. E invece…

E invece, direttamente dalla cittadina di Lüneburg, dove è nato, arriva proprio il tedesco Olaf Schmäler, che in assoluta calma ha osservato nel frattempo la scena, ed ora tocca di testa il pallone, giusto di quel tanto che serve a prolungare in porta la traiettoria lenta della giocata ‘autoreverse’ del nostro Rambo. È il 90’ minuto, quello del fischio finale, ma anche quello della paura che ha bussato ancora una volta alla nostra porta, proprio sul più bello. Una paura che ha il sapore di un 3-3 vittorioso, addirittura glorioso, ma comunque un poco timoroso ed esitante. Abbiamo vinto proprio noi? Ma siamo sicuri?

Sì, possiamo dirlo, ne siamo sicuri! Ma, ancora oggi, rimaniamo quasi increduli. E forse sarebbe ora di superare questa sindrome. Perché possiamo essere bravi, felici e vincenti anche noi, proprio come gli altri. Non c’è niente di male. Tutto ok. Non occorre alcun nullaosta, nessun permesso speciale, e tanto meno la raccomandazione. Basta volerlo, fare gioco di squadra, avere un pizzico di ambizione e pure di fortuna. Con buona pace del biondissimo Olaf!

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