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Così il Napoli a Doha rimontò due gol alla Juventus e alzò la Supercoppa

La notte qatariota raccontata da un tifoso: la Juventus favorita, i due gol di Higuain, i rigori, Leonardo DiCaprio. E Rafael Cabral, l’ultimo goleiro.

Così il Napoli a Doha rimontò due gol alla Juventus e alzò la Supercoppa

Doha 2014, l’ultimo trofeo azzurro

Era il 22 Dicembre 2014 – esattamente due anni fa – quando il Napoli conquistava il suo ultimo trofeo, il terzo dell’era ADL, il secondo di Rafael Benitez: la Supercoppa italiana. Le aspettative sulla possibilità di vincere quella gara non erano elevate. Le principali agenzia di scommesse propendevano per la vittoria degli uomini di Massimiliano Allegri. La quota dei bianconeri era di 2,05 per Snai, Better, Paddy Power e Betfair, con William Hill di poco superiore al 2,10. Il successo del Napoli era il meno plausibile della terna con 3,75 per Better, 3,65 per Paddy Power, 3,50 per William Hill e Betfair e 3,35 per Snai. Il pareggio nei 90 minuti era in media al 3,35.

Benitez II

In effetti, tutta la seconda stagione dell’allenatore spagnolo non fu entusiasmante, poiché, nonostante una squadra in lotta fino all’ultimo per i suoi obiettivi stagionali, le emozioni più forti furono in senso negativo (Dnipro e Lazio), salvo una: la notte di Doha. Quel Napoli seppe dare il meglio di se nelle coppe. Non importava quale, ogni qual volta non si trattasse di un girone all’italiana, gli azzurri si ritrovavano. Arrivare alla sfida col Siviglia sarebbe stato un giusto riconoscimento.

Fino a quel 22 dicembre, però, il Napoli sembrava mancare di una componente tanto agognata dalla tifoserie azzurra: l’ardore. Se le vittorie di novembre, contro Roma e Fiorentina, avevano illuso che la giostra potesse ripartire, lo stop in casa con l’Empoli di Sarri e la sconfitta a San Siro avevano riportato l’ambiente con i piedi per terra.

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La partita

Audantes fortuna iuvat è una celebre massima dell’Eneide, proferita da Turno, semidio dei Rutuli, nell’esortare i propri guerrieri alla battaglia. E’ uno sprone all’essere volitivi dinanzi alla casualità degli eventi, poiché il fato – secondo tale filosofia di pensiero – darà ausilio a chi coltiverà in sé audacia.

Devono averla ripetuta durante il corso degli eventi al Jassim Bin Hamad Stadium. Facciamo un passo indietro.

Il Napoli si schiera con il collaudato 4231, affida la fascia sinistra a De Guzman, perché Insigne è infortunato e Mertens non è ancora una garanzia. La corsa e la grinta del centrocampista olandese risulteranno determinanti. Hamsik è al centro (ruolo a lui poco congeniale) coperto da Lopez e Gargano. La Juventus ha fuori Barzagli, e schiera Bonucci e Chiellini come centrali di una linea a 4, in voga all’epoca. A centrocampo un rombo mostruoso.

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Inizia la gara e comincia anche il mio personale turbamento da tifoso, condito di ansie, sentimenti e fantasie. Ero titubante, non perché non tenessi a quegli 11, li stimavo perché indossavano i nostri colori. Però, dopo Bilbao, temevo di assistere ad uno di quei film già visti, con tanto pathos, ove parteggi per il protagonista che, poi, muore; di solito (spoiler) è Leonardo DiCaprio.

Nemmeno a dirlo, 5 minuti e la Juve è in vantaggio. Retropassaggio di Lopez per la coppia Koulibaly e Albiol, arriva Tevez che ruba la sfera, entra in area e trafigge Rafael. Facile. La partita prosegue, ma il destino sembra segnato. I bianconeri amministrano e ci provano ancora, Rafeal para. Sembra ispirato. La gara va avanti e pare che la sceneggiatura possa mutare. Higuain ci prova a fine primo tempo. Portieri protagonisti.

Rafa semidio

Si torna negli spogliatoi e qui, Rafa, si improvvisa semidio e ripete ai suoi: Audantes fortuna iuvat. La squadra torna in campo con un piglio diverso, consapevole della posta in palio. È la possibile notte della riscossa dopo mesi di digiuno, bisogna osare. Higuain vive aria di Sueprclasico con Tevez e colpisce il palo. Al minuto 67 arriva la big chance: a metà campo il pressing partenopeo costringe Vidal a lasciare libera una sfera vagante, conquistata da De Guzman che corre forte sulla sua fascia, un doppio passo semina Pereyra, un altro doppio passo aggira Bonucci, giunge sul fondo e di sinistro la piazza in area di rigore, ove Higuain è solo. Colpo di testa. Gol.  

Non ci credevo, il Pipita aveva salvato la vita a Leonardo DiCaprio. Se (spoiler) gli abbia fatto spazio sul pezzo di legno in mare o bloccato in ascensore non lo ricordo, fatto sta che aveva dato speranza a lui e a tutti noi tifosi napoletani.

Si va ai supplementari, ci stringiamo tutti, amici, parenti, Kate Winslet e Matt Damon. Possiamo farcela, possiamo farcela. Minuto 105, Pogba disintegra i contrasti azzurri a ridosso dell’area e la dà a Tevez, che salta Koulibaly e piazza un colpo da biliardo. Sembra finita, ma ci ripetiamo: Audantes fortuna iuvat, audantes fortuna iuvat.

Abbiamo ragione. Al 118′ cross al centro, stavolta dalla destra, Higuain di forza la mette dentro e mima i suoi attributi. Si va ai calci di rigore. Matt e Kate ci interrogano sul significato dei calci di rigore in una finale di coppa. Tutto sommato non lo sappiamo bene nemmeno noi. Abbiamo vissuto poche lotterie (andate anche male), figuriamoci in finale.

I rigori

Benitez sceglie i tiratori, ma soprattutto ripete al portiere, Rafel Cabral, che quella notte è sua. Nessuno ricorda chi sbaglia il rigore, ma tutti sanno chi l’ha parato. Il brasiliano ha anch’egli l’opportunità di imporsi e dimostrare che non è lì solo perché Reina aveva pretese di ingaggio elevate. In Europa, poi, c’è sempre stata la convinzione che il portiere, ovvero il goleiro, fosse in Brasile un ruolo di secondo piano. Era l’occasione per sfatare un falso mito.

Si comincia. Buffon para il primo rigore di Jorginho e la pressione sale. Non per Rafael, però, che quella notte è gagliardo. Dà la palla a Tevez affinché si sbrighi, è il momento di dimostrare. Braccio teso e indice puntato al suo lato destro. Lì si butterà e lo mostra, palesemente, al rigorista bianconero che, diffidente, angola il tiro dalla parte opposta, ma in misura eccessiva: palo, fuori. Siamo in gioco. Rafael dichiarerà ai microfoni che era solito sfidare gli avversari anche in Brasile

Oltranza

Dopo 10 tentativi si va ad oltranza. I calciatori azzurri continuano a mimare di avere gli attributi, prima di un esito al cardipalma. Mertens sbaglia, ma Rafael ferma Chiellini; Callejon fallisce, Pereyra spara alto. Ancora pari, ancora vivi, pure DiCaprio. E’ il momento in cui – ricorderete – Agnelli si dispera e gli sceicchi se la ridono.

Sul dischetto giunge Koulibaly. Dopo gli errori precedenti non ci si aspetta che proprio lui segni, ma lo fa: palo, rete. Si appresta a calciare Evra, ma la Juventus ci ripensa e arriva il talismano Padoin; però il fato ha già scelto il suo eroe: Rafael Cabral Barbosa. Il portiere saltella e fissa l’avversario che scaglia un bolide. È sul lato del portiere, Rafael è già lì alza una sola mano e allontana la sfera. È finita, la Muralha Santista è tornata. Braccia al cielo: abbiamo vinto noi.

Calciatori e staff si abbracciano sul terreno verde; noi gridiamo tra le mura domestiche, la storia è cambiata, abbiamo vinto, siamo vivi, DiCaprio bussa alla porta, lo accogliamo, si festeggia come in The Wolf of Wall Street.

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Rafael Cabral, l’ultimo goleiro

Permetteteci una piccola digressione su Rafael, eroe in una notte importante nella storia del calcio Napoli, soprattutto in quella recente. Siamo sicuri abbia ricevuto gli applausi dei colleghi connazionali del passato: Barborsa (anni 40’ e ’50, noto per la disfatta del Maracanazo), Gilmar (anni ’50 e ’60, unico portiere a vincere due coppe del mondo), Leao (anni ’70), Julio Cesar (anni 2000, vincitore del cosiddetto Triplete con l’Inter).

In quegli anni, poi, i verdeoro erano soliti scalzare i gli indigeni della Serie A, con alterne fortune. Negli anni 2000, infatti, la Roma ha affidato la propria porta prima a Doni e Julio Sergio, poi ad Artur; il Genoa ha schierato tra i pali Rubinho, mentre la Sampdoria Da Costa, il Milan Gabriel (passato anche da noi), la Fioretina Neto e il Verona Rafael de Andrade Bittencourt. Il pioniere è stato Taffarel, che negli anni ’90 ha difeso la porta del Parma, vincendo due coppe Italia e una Coppa delle Coppe; altri esempi vincenti sono Dida (Milan) e Julio Cesar (Inter).

Alla fine del 2014, però, il portiere brasiliano più importante d’Italia è stato certamente Rafael del Napoli, dopo la vittoria in Supercoppa. Oltre lo show dei rigori (7-8 il risultato finale) disputò un ottimo incontro, risultando decisivo su almeno un paio di interventi, nonostante sui due gol subiti avrebbe potuto fare di meglio. La sua è stata una rivincita personale, dopo le tante critiche ricevute dalla piazza di Napoli, abituata l’anno precedente alle prestazioni di alto livello – nonostante alcuni errori grossolani – di Juan Manuel Reina, che è stato però il primo a complimentarsi con il suo erede tramite Twitter.

Il tweet di Reina

Sappiamo come si evolsero le dinamiche tra i pali, nei mesi e negli anni successivi. Primo secondo, ora terzo portiere della squadra, Rafael non ha saputo più incidere in modo positivo ed attende, seduto sulla  panchina del San Paolo, un’altra opportunità per dimostrare le sue doti. Oggi però vogliamo ricordarlo vincente, come quando in patria vinceva una coppa Libertadores e tre campionati paulisti. Lui e il Napoli di quella sera di due anni fa, l’ultimo incontro con la gloria.

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