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Il Real fu la mia prima finale di Champions, il Napoli andò in B. Oggi è un’altra storia

La partita contro il Real Madrid è un punto a capo. Soprattutto per chi è nato troppo tardi per Maradona ma in tempo per gli anni bui, dal 1998 in poi.

Il Real fu la mia prima finale di Champions, il Napoli andò in B. Oggi è un’altra storia

Predrag Mijatović

La prima finale di Champions League che ricordo di aver visto è Real Madrid-Juventus. Cioè, in realtà mi ricordo anche Ajax-Milan del 1995, e per me da quel giorno la seconda maglia dei lancieri è nera anche se in realtà non è sempre così. Però, la mia prima memoria nitida di una finale europea importante è quella lì. Amsterdam 98, Real Madrid-Juventus, 1-0 gol di Mijaitovic.

Mio padre era uno di quelli che si sostengono sempre le squadre italiane in Europa. Era, sì. Da quando il Napoli è tornato a giocare match internazionali, diciamo che si fa coinvolgere di meno da queste altre. Soprattutto quando vestono il bianconero. È venuta fuori l’anima del tifoso, che è in perenne combattimento con quella di sportivo. Comunque, allora faceva (quindi facevamo) parte del gruppo di “sostenitori” bianconeri. Allora, conobbi il Real Madrid. Che non vinceva una Coppa dei Campioni dal 1966, che per me era semplicemente una squadra spagnola. Il Barcellona era più radicato nell’immaginario di un tifoso estero.

Eppure, ricordo mio padre guardare e parlare con deferenza di quelle maglie bianche, colletto viola, marchiate Kelme. “Eh, il Real Madrid”. Io sapevo che era un club importante, che aveva vinto sei Coppe dei Campioni (conoscevo già l’albo d’oro a memoria), ma per me era una novità ad altissimi livelli. Forse, in realtà, la novità ero io. La verità è che la narrazione del “grande Real” rinacque proprio quella sera. Da allora, hanno vinto altre quattro volte la Champions, prima a intervalli di due anni (2000 e 2002), poi DecimaUndecima più recentemente (2014 e 2016). Ho imparato a conoscerli, ecco. Mentre mio padre li guardava con l’ammirazione che questi grandi club meritano a prescindere, esattamente come lo guarderei io oggi.

Galacticos

Nel frattempo, mentre crescevo, il Real diventava di nuovo il riferimento assoluto per tutti gli appassionati del mondo, quindi anche per noi. Due esempi veloci, così per dire:

Ho giocato mille partitelle sull’asfalto o sulla terra battuta. Ginocchia scassate, parolacce e ragazzine urlanti a bordocampo (molto raramente, per me). In match come questi, chi vinceva di parecchio era ” ‘o Real Madrid”.

Dopo il mio quindicesimo compleanno, io e i miei amici decidiamo di fondare una squadretta amatoriale e quindi andiamo a “farci i completini”. Con nome e numero, una cosa bellissima. Li volevamo azzurri, il negoziante dice che ce li farà. Alla consegna, sono bianchi. Noi, troppo contenti di avere il cognome stampato sulla schiena, decidiamo di tenerli. Diventiamo il Mini-Real. Lo siamo ancora, forse. Il secondo “completino che ci facemmo” era rosa e nero, ma non cambiammo il nome alla squadra.

Io e il Napoli, intanto

Non è un caso che, nello stesso 1998, il Napoli retrocedeva in Serie B. Due vittorie, me le ricordo ancora, contro Vicenza ed Empoli. Il gol di Stojak. Con una vita di distacco tra di loro, e io bambino ad aspettare una roba che non succedeva mai. I tre punti al Napoli, da segnare su una di quelle classifiche da muro che i mensili calcistici regalavano a inizio campionato. Il poster, calendario più classifica da aggiornare ogni domenica sera. Non sono mai andato oltre la settima/ottava giornata.

Comunque, io cresco e il Real Madrid cresce con me. Il Napoli, invece, è in Serie B, poi ci sarà il fallimento. I Galacticos, Beckham mediano, Queiroz in panchina, Ronaldo letteralmente rubato all’Inter, Zidane e Raul tornante di sinistra. Nella mia vita da adolescente, sono andato a periodi. Anzi, ad allenatori: se c’era Capello sulla panchina del Madrid, Hala Madrid e Barça vaffanculo. Quando arrivò Schuster, Força Barça e Real vaffanculo. Solo che mi piaceva il calcio, vedevo giocare il Real Madrid contro il Milan, la Juventus, la Roma di Spalletti e non potevo che rimanere estasiato. Guardavamo il calcio, al Bernabeu, e intanto chiedevo a mio padre: ce la giocheremo pure noi una partita così?

Oggi

Oggi ho visto il sorteggio di Champions. Senza ansie. In una chat di gruppo con dei miei amici/colleghi, un napoletano, un laziale e uno juventino, ho scritto (alle 12.08): «è bello fare un sorteggio con tutta la tranquillità del mondo, senza avere velleità di arrivare in fondo. Mi ricordo che con l’EL stavo malissimo. Mo sto una pace, a parte..» una cosa che non si può scrivere perché è meglio censurare. Vi assicuro che ho copincollato. Poi, esce il Real Madrid. Lo ha pescato Gullit, che mattacchione. Eppure, io, sono contento. Sorrido, non riesco a spiegarmelo. Nella stessa chat, ho scritto:

che bello
sono contento.
non sto scherzando.

Reazioni

Tre messaggi, in fila. Il mio amico napoletano risponde “Io no”. Poi, parte una discussione che non sto qui a dirvi. Però io sono ancora contento. Lo sono perché ho rivisto me bambino, il Real Madrid che è una cosa grande e noi che oggi l’affrontiamo da pari a pari, che è una cosa diversa rispetto al Chelsea perché il Chelsea non è mai stato nessuno e loro invece sono il Real da sempre; perché abbiamo sfidato Bayern Monaco e Manchester City, ma non era il doppio confronto andata e ritorno decisivo, quindi a febbraio e marzo sarà un’altra cosa; perché non c’è niente di meglio del Real Madrid, forse solo il Barcellona ma quello non lo potevamo prendere; perché noi possiamo anche perdere, fa parte della logica delle cose però pensa se vinciamo.

Perché tutto quello che ho scritto sopra, che è la storia del mio calcio e quindi della mia vita, il 15 febbraio del 2017 farà punto e a capo. Per me, per la mia generazione.

Oggi pomeriggio, prima di iniziare a scrivere questo pezzo, ho letto quello di Massimiliano Gallo. C’è scritto così: «Napoli-Real Madrid. Da oggi non è più solo roba per persone adulte. Ne potrà parlare anche chi è nato dopo il Duemila». Ecco, in una frase ha detto tutto quello che ho pensato. Tutto quello che vuol dire, per me, questa partita. È un sogno che si avvera, semplicemente. E non c’è cosa più bella al mondo, nel calcio e nella vita. Vediamo se è possibile realizzarne anche altri, di sogni.

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