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La misura del Napoli è data dalla giusta gioia per gli ottavi di finale di Champions

È un traguardo storico. Come tanti altri raggiunti nell’era De Laurentiis. Eppure lo scontento di parte dell’ambiente è perenne.

La misura del Napoli è data dalla giusta gioia per gli ottavi di finale di Champions
Napoli-Real Madrid, partita di ritorno del primo turno di Coppa dei Campioni 1987-88.

Ora che persino Maurizio de Giovanni ha riconosciuto i meriti di Aurelio De Laurentiis, è il tempo per provare a (ri) fare un ragionamento. Che cos’è che ha indotto lo scrittore napoletano a perdere i freni inibitori e a dire quel che mai ci saremmo aspettati? La conquista degli ottavi di finale di Champions League. Già. Il diritto a sedere a tavola con le sedici squadre più forti d’Europa. Qualcuno, passando, potrebbe sorprendersi. Ma come? Tutto questo entusiasmo per un ottavo di finale?

Il Napoli di Maradona

Proprio così. Ed è questa gioia che deve indurci a qualche ragionamento. Gianluigi Trapani è stato tra i pochissimi – se non l’unico, non lo sappiamo – a ricordare che è la terza volta (e non la seconda) che il Napoli raggiunge gli ottavi di finale dell’ex Coppa dei Campioni. Ci riuscì il Napoli di Maradona. Il più debole Napoli di Maradona che si dissolse proprio ai rigori nella serata di Mosca. Non ci era riuscito, invece, il più forte Napoli di Maradona. Che andò a cozzare contro un sorteggio infame che lo oppose a un Real Madrid che accelerò la preparazione proprio a causa del Napoli e infatti ne pagò le conseguenze, in Europa, in primavera. Il Real venne eliminato in semifinale dal Psv Eindhoven che poi vinse la coppa ai rigori contro il Benfica.

Solo tre volte agli ottavi della Coppa più importante

Ma torniamo al Napoli. Tre volte nelle prime sedici d’Europa. Due volte nella gestione De Laurentiis. La formula prima era diversa (con questa formula, il Napoli di Maradona avrebbe partecipato a quattro Champions, forse cinque) ma il calcio cambia. E bisogna stare ai risultati. Questo Napoli è stato anche capace di raggiungere una semifinale europea dopo 25 anni. Sono questi i momenti storici degli azzurri. E ci devono dare la misura della forza di questo club che sta decisamente viaggiando sopra la media della propria storia. Ma tanto sopra.

Spesso a Napoli i tifosi – e non solo i tifosi, anche l’ambiente giornalistico – sono portati a un paragone con la Juventus. Perché adesso Milan e Inter sono caduti nel dimenticatoio. La Juventus, tanto per dirne una, di finali – finali – di Champions/Coppa dei Campioni ne ha giocate otto. Mentre noi stiamo giustamente a festeggiare gli ottavi di finale raggiunti per la terza volta.

Un bambino non tifa Napoli per vincere

Il Napoli, ahinoi, non è una squadra blasonata. Da piccoli, non si tifa Napoli per vincere. Sarà capitato soltanto a quei bambini intorno tra il 1975 e il 1980. Gli altri, credeteci, hanno scelto il Napoli per altri motivi. I più disparati. I più incredibili. Ma certamente non per vincere. Da qualche anno, assaggiato un po’ di bene, il tifo a Napoli ha subito una metamorfosi di cui sul Napolista abbiamo parlato tantissime volte. E invece di godere per i risultati raggiunto, spesso anche attraverso un bel calcio, Napoli ha preferito perdersi dietro grottesche critiche al presidente che ha raggiunto più risultati nella storia del Napoli dopo Ferlaino.

Nulla cambierà, lo sappiamo. Così come abbiamo scoperto che Napoli non è più una città che sa essere leggera e godere di quel che ha. Napoli, almeno la Napoli calcistica, ora cerca soltanto motivi per lamentarsi. Un tempo, ci bastava un pareggio interno con la Juventus. Oggi nulla riuscirebbe a colmare questa rabbia non più arginabile. Ci fa piacere che Maurizio de Giovanni se ne sia accorto. Gli ottavi di finale di Champions sono un traguardo storico. Così come lo sono le sette partecipazioni consecutive in Europa. Così come lo sono i tanti record infranti lo scorso anno dal Napoli di Sarri. E potremmo continuare a lungo. È un Napoli in continua e progressiva crescita. E che, ci auguriamo, continuerà a migliorare. Ci dispiace per chi non riesce a goderselo.

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