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Fabio Pisacane, napoletano dei Quartieri, è il calciatore dell’anno secondo del Guardian

Il terzino del Cagliari raccontato in un pezzo-intervista con Paolo Bandini. La sindrome di Guillain-Barré, il no alla corruzione. E pure il mondo difficile della sua Napoli.

Fabio Pisacane, napoletano dei Quartieri, è il calciatore dell’anno secondo del Guardian

La sindrome di Guillain-Barré

Fabio Pisacane, terzino del Cagliari, è stato nominato “Calciatore dell’anno” dal Guardian. Sì, una delle testate più importanti d’Europa ha scelto proprio il terzino rossoblu, nato e cresciuto a Napoli. La sua è una storia bella di vita e guarigione, come spiegato anche nel pezzo scritto da Paolo Bandini. «La patologia che si verifica quando il sistema immunitario attacca il sistema nervoso periferico – causando grave debolezza muscolare e paralisi. Pisacane aveva 14 anni quando ha scoperto di essere malato. È rimasto paralizzato, anche il suo respiro si deteriorata al punto che ha dovuto essere intubato. Ha trascorso più di tre mesi e mezzo in ospedale, tra cui 20 giorni di coma».

Poi, lo smaltimento della malattia e il lento ritorno alla normalità. Lento come la risalita lungo il calcio professionistico italiano, con tanta Lega Pro (Ravenna, Ternana, Cremonese, Lumezzane) e poi l’approdo in Serie B (con l’Avellino). Qui, l’incontro decisivo con Massimo Rastelli, che lo porta con sé a Cagliari. E oggi, la Serie A. A trent’anni, per la prima volta. Dopo un altro momento chiave della sua carriera, la denuncia per un tentativo di combine subito a Ravenna nel 2011. Lui e l’altro calciatore Simone Farina diventarono gli “eroi” dell’inchiesta Last Bet.

Il riconoscimento del Guardian

«Per la perseveranza nel superare le avversità, e per il suo esempio di integrità, Pisacane è il meritevole vincitore del Guardian Footballer of the Year Award». Bandini scrive così del terzino del Cagliari, aggiungendo che il premio è stato conferito «anche se lo stesso Pisacane è ancora stupefatto dall’idea che chiunque avrebbe considerato la sua storia degna di essere celebrata». Nel pezzo, c’è una lunga intervista al calciatore. Che si apre con questo virgolettato: «Onestamente, nulla di ciò che faccio è fatto per dare un esempio alla gente. Questo non è parte del mio essere. Sono un ragazzo abbastanza semplice. Penso di avere una certa umiltà, forse questa umiltà non mi fa pensare che altri dovrebbero guardarmi come un esempio».

Il resto è il racconto della sua infanzia a Napoli, della vita difficile nei Quartieri. Della malattia, raccontata come «una cosa che alla fine mi ha portato qualcosa di buono». Della sua storia con le scommesse e con il diesse del Ravenna Buffone, che gli offrì 50mila euro per accomodare un match. E, infine, delle lacrime in televisione dopo l’esordio in Serie A. Una bella storia di guarigione e vita, abbiamo detto prima. Ecco, dopo averla letta sul Guardian ne siamo ancora più convinti. E anche un po’ orgogliosi.

 

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