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“Steve accussì bello, pure il dottore lo aveva detto” (ovvero il Napoli è malato)

Tre vittorie in undici partite sono la spia di un malessere. Ma né Sarri né De Laurentiis sembrano averne consapevolezza. E il Napoli rischia grosso.

“Steve accussì bello, pure il dottore lo aveva detto” (ovvero il Napoli è malato)

Introduzione

“Dottore, ma che cos’ha?”

«Niente, dagli esami non è emerso niente. Il quadro clinico è regolare. Detto tra noi, il paziente è ipocondriaco, è nu poco fissato. Ma non ha nulla, fatelo uscire. Sta solo un filo depresso».

Eppure trascorrono i giorni. Il malato non riesce a tornare quello di prima. Cerca invano di catturare l’attenzione dei familiari che ormai si mostrano sempre più infastiditi e finiscono col non dargli più retta. Mostrano le statistiche del dottore. Sta tutto bene. Finché un bel giorno non lo trovano a letto, fermo, immobile.

“Ma steve accussì bello”.

Il Napoli è malato

Come sta il Napoli? Non sta bene. Non fidiamoci delle apparenze. Di quello che ieri – anche il sottoscritto – abbiamo definito bel gioco. E che in fin dei conti non ha fruttato palle gol nitide come evidenziato da Alfonso Fasano nella sua analisi tattica. Il Napoli non sta bene. Perché non sta bene una squadra che delle ultimi undici partite (dieci senza Milik), ne vince appena tre. Il Napoli ha battuto Crotone, Empoli e Udinese. E basta. Ha perso contro Atalanta, Roma, Juventus, Besiktas. E ha pareggiato contro Lazio, Sassuolo (che era reduce da quattro sconfitte consecutive), Besiktas e Dinamo Kiev. Non è solo una squadra adolescente, come ha detto ieri Maurizio Sarri, è una squadra che non sta bene. Bisogna prenderne atto. Se non si inquadra il problema, se non si mette a fuoco che c’è una patologia, rischiamo di fare la fine del paziente di cui sopra.

Mamma e papà litigano

Il Napoli è malato. Su questo non ci piove. Parlano i dati. Ma sembra che non ci sia consapevolezza di questo stato clinico. Non c’è da parte della società, visto che ancora oggi De Laurentiis si è distinto per la stoccata su Rog. Non c’è da parte dell’allenatore che ieri ha fatto bene – e ci siamo complimentati – a non rifugiarsi nella sfortuna, ma che ha parlato di grandissima prestazione quando in fin dei conti abbiamo pareggiato 1-1 con un Sassuolo decimato e senza che del portiere avversario si ricordi una parata degna di nota. Non sappiamo se questa consapevolezza ci sia da parte dei calciatori che però lentamente, ma progressivamente, stanno perdendo fiducia nei propri mezzi. Che questa consapevolezza la abbiano o meno i tifosi, francamente conta zero.

Squadra adolescente

Sarri ieri ha parlato di squadra adolescente. Non ha detto di più. Ha elogiato la prestazione. Ma ha sottolineato che un problema evidentemente c’è se i risultati non sono all’altezza del gioco espresso. È una delle prime ammissioni di responsabilità da parte del tecnico toscano. Ed è un segnale positivo. Un segnale di chi ha cominciato a capire che un problema c’è. Fin dall’inizio della stagione, Sarri ha rifiutato il ruolo di anti-Juve per il Napoli. Anche se si mostrò contrariato ad agosto, quando la Gazzetta non inserì gli azzurri tra le squadre favorite per il titolo. Sarri ha fornito dichiarazioni mai chiare sul mercato del Napoli. Non si è mai mostrato soddisfatto, questo è palese. Però nemmeno contrariato. Mercato di prospettiva, così lo ha definito. Un mercato composto da quattro Nazionali (Milik, Zielinski, Rog, Maksimovic), un ex Nazionale (Giaccherini), un giovane come Diawara, e Tonelli (convocato da Ventura per lo stage con l’Italia). Tonelli e Rog non hanno mai giocato. Giaccherini scampoli di partite.

Le frecciate del presidente

Anche De Laurentiis ha parlato poco e male. Si è distinto per una serie di frecciate all’allenatore. Dal tweet di annuncio di Rog («Un acquisto che arricchisce un centrocampo ora tra i più completi possibili, che darà alla sapiente mano di Sarri la possibilità di utilizzare più moduli, passando da un centrocampo a 3 a un centrocampo a 2 a seconda delle squadre») al comunicato con cui rispose alle accuse in diretta tv di Sarri alla società che lo lasciava solo a polemizzare con gli arbitri, fino alla stoccata sul presunto rifiuto dell’allenatore ad Aubameyang e alla dichiarazioni di oggi («Aspetto con interesse il debutto di Rog»).

Quali sono gli obiettivi del Napoli?

Di fondo, De Laurentiis è convinto di avere messo a disposizione di Sarri una squadra molto competitiva. Concetto che quasi mai abbiamo ritrovato nelle dichiarazioni dell’allenatore, tranne delle eccezioni come ad esempio dopo la vittoria di Udine. Né Sarri né De Laurentiis hanno mai parlato di obiettivi del Napoli. Che, a occhio e croce, dovrebbero essere il passaggio del turno di Champions in un girone tutt’altro che proibitivo, e uno dei primi tre posti in campionato. Più la variante Coppa Italia.

Rischia di uscire dalla Champions e dal campionato

Il Napoli naviga al buio. E alla vigilia di due partite che possono realmente indirizzare la stagione – e stavolta non è retorica – si ritrova con presidente e allenatore separati in casa e più attenti alle scaramucce tra di loro che alle condizioni del figlio malato. Perché il Napoli adesso giocherà venerdì in casa contro l’Inter e martedì prossimo a Lisbona contro il Benfica. Facendo i debiti scongiuri, il Napoli potrebbe ritrovarsi fuori dalla Champions e a nove o undici punti dalla testa della classifica, risucchiato anche dall’Inter di Pioli. Diciamolo, non una prospettiva allettante.

Siamo preoccupati

Si sarà capito, siamo piuttosto preoccupati. Ci preoccupa l’atteggiamento. Ci preoccupa questa iacovella che non accenna ad arrestarsi. Ciascuno dei due va per la propria strada. A nostro avviso, l’errore più grave lo ha commesso De Laurentiis. Sarebbe dovuto intervenire già in estate su Sarri. Da agosto, l’allenatore si è mostrato malmostoso, probabilmente scontento del calciomercato, sicuramente tradito per la partenza di Higuain. Un tradimento, una sofferenza che Sarri ha mostrato per lungo tempo di non aver superato. Eccessiva a nostro parere. De Laurentiis è il capo-famiglia, il padrone dell’azienda, colui il quale deve assumere decisioni, deve intervenire per riportare la nave sulla rotta prefissata. Invece è rimasto alla finestra, a lanciare qualche stoccata e là. Come un tifoso o un opinionista qualsiasi.

Il malato sta peggiorando

Di fatto, De Laurentiis ha consegnato il Napoli a Sarri. È in qualche modo prigioniero di Sarri. Nel bene e nel male. È un comandante nella forma ma non nella realtà. Mostra insofferenza come se fosse un ospite. Ha sperato che le cose si accomodassero da sole. E invece il malato sta peggiorando. In un modo però non eclatante, ed è questo l’aspetto più inquietante. Perché il Napoli le imbarcate non le prende mai. Un errore individuale qua, una leggerezza là; un rilassamento mentale oggi, un errore arbitrale domani. E lentamente il Napoli è entrato in una spirale negativa di risultati. Il pubblico applaude (a proposito, complimenti al tifo ieri sera, è bello il San Paolo quando fa il San Paolo), qualcuno rumoreggia, la tifoseria si divide: i sarriti versus gli aureliani. Di fondo, siamo tutti tifosi del Napoli. Tutti in cerca di un alibi o di una motivazione per questa situazione. Che sia Milik, il calciomercato del pappone, la remissività nelle dichiarazioni di Sarri, la testardaggine tattica dell’allenatore.

Fatto sta che il Napoli somiglia sempre più al paziente dell’inizio. Il medico dice che sta bene, i familiari lo invitano a non farla troppo pesante. Finché un bel giorno non lo trovano nel letto. Finalmente sereno. Ecco, non vorremmo che finisse così.

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