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Giocare senza centravanti è come giocare senza dadi al gioco dell’oca

Il Napoli gioca bene ma sembra un cubo di Rubik per chi, come me, non è in grado di realizzarlo.

Giocare senza centravanti è come giocare senza dadi al gioco dell’oca
Gabbiadini e il problema del centravanti
Il mio Napoli – Lazio 1-1
– Ancora una volta, quando il Napoli perde, nella gara successiva non si riescono a conquistare i 3 punti.
– L’Atalanta ha aperto la porta alla Roma, la Roma al Besiktas e la Juve di nuovo ai turchi e alla Lazio.
Se non ci fosse stato il Crotone, dopo la batosta casalinga contro Quaresma e Co., avremmo fatto en plein.
– Nel campionato scorso, l’iter, sino a tre quarti del cammino, è stato molto simile: le prime tre sconfitte (su 6) ci hanno automaticamente regalato uno o due pareggi nelle partite successive: 3-1 a Sassuolo e pareggi in casa con Samp e fuori con l’Empoli; 3-2 a Bologna e x in casa con la Roma; 1-0 con la Juve e pareggi in casa con il Milan e a Firenze. Le altre tre sconfitte furono assorbite con 3 vittorie, ma c’è da dire che si verificarono quasi a fine campionato.
– Dopo le sconfitte, ci si aspetta sempre una reazione di forza e di carattere e invece è come se le certezze retrocedessero di un paio di caselle prima di tirare di nuovo i dadi.
– In questo gioco dell’Oca in cui si avanza e si retrocede che è un piacere, ieri la squadra ha forse disputato la migliore partita in campionato. Ma non è andata oltre l’1-1.
– Sul banco degli imputati, volti noti: in primis, Gabbiaridi.
Dal fischio finale fino al raggiungimento dell’auto dietro la curva B, più una buona ora di radio con tanto di interventi in diretta da parte dei tifosi, l’avrò sentito nominare, seguito da una bestemmia a piacere o da epiteto poco lusinghiero, da più della metà degli aventi parola.
Quando arriva un pallone, Gabbiaridi si perde. Quando scorre la vita, si scansa.
Ieri Gabbiaridi ha però giocato circa 20 minuti. Solo 20 minuti.
– A seguire: Reina.
Se prima ci si lamentava solo dei tiri e dei cross provenienti da lontano, ieri si è fatto fregare da Keita dall’interno dell’area sul primo palo. Il suo palo. E sotto la sua manona. Per alcuni, avrebbe potuto stoppare il pallone con i piedi. Bendato. Per altri, avrebbe potuto giocare centravanti. Bendato.
– A seguire Sarri: perché sacrificare il tuo uomo più in forma e unico in grado di creare superiorità numerica (Mertens) buttandolo a sperdere tra i centrali avversari? Comunque non hai centravanti e comunque lo perdi anche nel suo ruolo naturale in cui, spesso, è devastante.
Perché, non avendo una punta adatta al tuo gioco, non modifichi l’assetto della squadra?
Perché El Kaddouri, se l’ultima volta che ha risolto una partita è stato in un futuro lontano?
Queste le domande più gettonate.
– A seguire, ma mai per ultimo, De Laurentiis: dopo quasi 2 anni, anche la miopia di Reina si è resa conto che Gabbiaridi può fare il portiere o il lanciatore di pietre a mare, ma non il centravanti di manovra, né il centravanti di area di rigore, né il centravanti. Specie ora che ha la stessa fiducia di una Juve in Champions o di una Inter su un campo di calcio.
Perché e chi ha deciso di non prendere uno tra Aubemayang, Icardi, Kalinic, Pavoletti, Lapadula, Max Vieri, Mattia Graffiedi o Varricchio?
– Per anni abbiamo avuto in rosa 3 soli centrocampisti (ricordo tra squalifiche e infortuni un Santana – espulso – adattato a Catania), 4 centrali di difesa che all’epoca giocava a 3 (ricordo un Cribari a Cesena), Maggio e Zuniga esterni di centrocampo che praticamente non rifiatavano nemmeno nella partitella del giovedì e mai, e dico mai, abbiamo avuto problemi in attacco.
– Oggi invece ci lamentiamo perché alcuni giocatori non scendono mai in campo (Rog e Tonelli): abbiamo 6 centrocampisti, 5 centrali (in una difesa a 4), 5 esterni d’attacco e 4 terzini. E in attacco un solo elemento effettivamente di ruolo. Infortunato.
– Cosa tra l’altro che si protrae, in silenzio, dalla scorsa stagione.
Giocare senza centravanti nel calcio è come giocare senza schiacciatore nel volley, senza stecca nel biliardo, senza dadi al gioco dell’Oca.
– Il Napoli attuale sembra una macchina complicatissima con centinaia di domande irrisolte. Sembra un cubo di Rubik per chi, come me, non è in grado di realizzarlo. Completo la faccia rossa e, con molta fatica e troppo tempo, riesco a completare anche la faccia gialla. Ma mentre tento di ultimare quella verde, mi ritrovo una casella blu nella rossa e due bianche nella gialla. E così all’infinito.
– Mentre si risolve il problema dei gol balordi subìti in difesa, si inceppa l’attacco. Segna Calle e svirgola Ghoulam. Segna Hamsik e si inceppa Reina. Para Reina e si inceppa Calle. E così all’infinito.
– Quando in realtà, il gol resta la panacea di tutti i mali. Le domande, le sfortune, le complicazioni, i moduli da cambiare, svaniscono nel nulla grazie alla semplicità del gol.
– Nella partita di ieri credo che i numeri siano stati impressionanti. Tra possesso palla, tiri fuori, tiri nello specchio, angoli, azioni pericolose, potenziali azioni pericolose e bestemmie, penso che non ci sia stata competizione.
– Sarebbe bastata una partita anche con un ritmo meno incalzante, con la metà dei tiri e meno bestemmie, ma con un chicchessia che la buttasse dentro. Ora, la parola sfortuna non avrebbe alcun sostenitore e, sul gol di Keita, faremmo finta di parlare di un errore veniale, che ci può stare, che succede quando il portiere è chiamato solo mezza volta in 90 minuti ecc. ecc.
– Il problema c’è. È palese. È banale. Non sarà l’unico, ma è quello più importante. Quello che rende gli altri piccoli, risolvibili e passeggeri.
– Allo stesso tempo, è controproducente ricordarlo in ogni istante della settimana: prima, durante e nelle interviste post partita. Anche perché persisterà per ancora due mesi, se non di più. E restare nello stagno a sguazzare nelle nostre lacrime serve solo a non guardare avanti e compromettere una stagione che aveva ben altre aspettative.
– Alle sconfitte si reagisce. E alle oggettive difficoltà pure.
– Della gara di ieri teniamoci stretti la prestazione e cerchiamo di azzerare prima di tutto gli errori individuali. Perché se non segni, non vinci, ma se commetti cappellate, non vinci, rischi di perdere e se per caso la stai vincendo, vanifichi più di un’ora di assalti.
A tal proposito, una domanda nasce spontanea: ma Albiol? Si hanno notizie? È vivo?
Di questo passo, è più facile che rientri prima Milik che lo spagnolo.
– Infine, questa pagina potrebbe autodistruggersi perché ogni pensiero o riflessione non ha ragione di esistere, se poi tra le componenti della società si continua con lo stillicidio suicida. La mancanza di una prima punta, la mancanza della vittoria dopo una sconfitta, le stupidaggini difensive, i cambi sbagliati, Rog e le papere di Reina sono bazzecole in confronto ad una rottura tra presidente ed allenatore. A tutto c’è rimedio, tutto può migliorare sul campo, ma se i due continueranno a non parlarsi o ad usufruire di un microfono e una telecamera per mandarsi messaggi d’amore in mondovisione, tutto diventa inutile.
– Intanto ho comprato il libro per risolvere il cubo di Rubik.
Forza Napoli Sempre

La 10 non si tocca.

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