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Il derby tra Canottieri e Posillipo meglio della notte di Champions

Finisce 8-7 per i giallorossi, una partita ad alta intensità alla Scandone. Quando la pallanuoto, il parente povero e ignorato, è più bello dello sport reclamizzato.

Il derby tra Canottieri e Posillipo meglio della notte di Champions

La mezza palombella di Baraldi dopo una “beduina” veloce come una pietra sparata da una fionda hanno legittimato la vittoria della Canottieri Napoli sul Posillipo. Due prodezze dopo un’alternanza entusiasmante di gioco e di emozioni, di ripartenze veloci e di iniziative singole di grande presa, come i tre gol di Ale Velotto. Un grandissimo derby, insomma. Pochi gol (8-7 il finale) ma tantissima sostanza e un gagliardo agonismo. “Sporcato”, però, al fischio finale, da un accenno di rissa. Poca roba, comunque. Già domani i ragazzi di Zizza e Occhiello torneranno ad allenarsi insieme. E la sera andranno, sempre insieme, a mangiare pizza e mozzarella da Mimmo Mastrogiovanni  in piazza Sannazaro. È questo il fascino di uno sport nobile e povero ma ancora capace di emozionare e fare emozionare.

Napoli, cultura del mare

Ieri sera alla Scandone  il risultato più equo sarebbe stato un pareggio. Ma quando la “mano” di Baraldi, lungagnone nato a Carpi e rigenerato al Molosiglio, si comporta come quella magica di Enzo D’Angelo, scugnizzo di Baia con laurea al Borgo Marinari, non ce n’è per nessuno. E candida, per ora, la Canottieri Napoli ad un ruolo di protagonista assoluto. Al quale, però, può ambire anche il Posillipo. Questa è la forza, oseremmo dire eterna se non avessimo timore di fare peccato, della inesauribile scuola pallanuotistica napoletana. Perennemente in bolletta ma sostenuta da una vocazione che nessuna avversità potrà spegnere, arriva là dove dettano legge. Ma non consensi, Recco, Brescia e Verona impegnando ingenti risorse.

La differenza è tutta nella diversa cultura del mare. A Napoli e a Genova è nel dna delle città, altrove è costruita, cioè fredda e incapace di fare presa. Al resto pensano i dirigenti inventando soluzioni addirittura rivoluzionarie. Come la Canottieri Napoli. Grazie al lavoro di Mario Morelli, Giampaolo Tartaro, Paolo Zizza e Enzo Massa ha lanciato una provocazione di grande prospettiva, licenziando l’unico straniero in organico – il bravissimo Brugulian – e schierando una formazione tutta italiana rinforzata dall’arrivo di un campione come Alex Giorgetti. Il risultato più apprezzabile di questa strategia è l’accelerazione impressa al processo di valorizzazione dei giovani del vivaio, che crescono nella scia di Alessandro  Velotto, il vero leader (medaglia di bronzo a Rio), Fabrizio Buonocore, Fabio Baraldi, e Umberto Esposito, anche lui giovanissimo.

Il futuro

Piccoli campioni crescono: Vassallo, Campopiano, Borrelli, Baviera, Maccioni  e Massimo Di Martire. Quest’ultimo diciassettenne figlio d’arte che Sandro Campagna ha già adocchiato per la nazionale A dopo averlo visto all’opera con l’under 17 e l’under 20. Diciassette anni e tre calottine azzurre. Un vero record. Addirittura roba d’altri tempi che sta regalando nuovi motivi di speranza ad uno sport che il calcio invano tenta di relegare ai margini. Senza riuscirci, però, al punto che ieri sera il confronto tra l’alta spettacolarità del derby in piscina e la profonda depressione provocata dal match di Champions al San Paolo è stato vinto alla grande dal parente povero ignorato, anzi mortificato, dalla televisione e dal circuito informativo.

E qui potrebbe aprirsi un nuovo capitolo perché il cronista ricorda che  un tempo la pallanuoto i suoi spazi li aveva e sapeva difenderli. Oggi sono stati azzerati. Ma partite ad altissimo tasso di adrenalina come quelle di ieri sera alla Scandone aiutano a credere che non tutto è (ancora) perduto. Crediamoci e incrociamo le dita.

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