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Agnelli sull’indagine Juventus Stadium-‘Ndrangheta: «Biglietti ai gruppi per stare tranquilli»

Dal Fatto Quotidiano: nessun dirigente bianconero è indagato, ma nel suo memoriale Agnelli ammette: «Il rapporto con gli ultras è una necessità per mantenere l’ordine pubblico, ma nessun sospetto sui rapporti con la criminalità».

Agnelli sull’indagine Juventus Stadium-‘Ndrangheta: «Biglietti ai gruppi per stare tranquilli»

Qualche giorno fa abbiamo riportato sul nostro sito la notizia della chiusura delle indagini sulle infiltrazioni della ‘Ndrangheta nelle curve dello Juventus Stadium.  Nessun dirigente bianconero indagato, e un memoriale di Agnelli messo agli atti del processo. Oggi, il Fatto Quotidiano in edicola pubblica una parte delle parole del presidente bianconero, analoghe a quelle di Fabio Capello: «il calcio italiano è in mano agli ultras». Diciamo che la situazione non è tanto dissimile da quella disegnata dall’ex tecnico di Milan, Juventus e nazionale inglese.

Sì, perché il senso del memoriale di Andrea Agnelli è riassumibile in poche parole. Concedeva i biglietti ai gruppi organizzati in cambio di tranquillità, nel rapporto con le forze dell’ordine e col resto della tifoseria. Nessun legame con la criminalità organizzata, comunque. O meglio: nessun sospetto che dietro ai gruppi ultras bianconeri potesse nascondersi la ‘Ndrangheta, interessata al business dei ticket di ingresso allo Stadium.

La ’ndrangheta no,  Andrea Agnelli non l’ha vista. Sa solo che gli ultras esercitano una “silente pressione” per avere i biglietti dalla società, minacciandola con “comportamenti violenti o anche solo verbalmente censurabili” capaci di danneggiarla. Perché i leader della curva bianconera hanno “la forza e la ‘credibilità’ di condizionare” gli altri tifosi e influenzare “il comportamento da mantenere durante le gare, nei confronti della società e del resto della tifoseria”.
Insomma, comandano loro.

Comincia così il pezzo del Fatto in cui si parla del memoriale di Agnelli. La prima parte dell’inchiesta si è chiusa con l’arresto di 18 persone, ora sono in 23 a rischiare il processo. Anche perché le indagini hanno rivelato come «alcuni presunti ’ndranghetisti legati alla cosca Pesce-Bellocco avessero creato un gruppo ultras, “I Gobbi ”, che nella primavera 2013 aveva messo il suo striscione nella Curva Sud dello Juventus Stadium. A ideare questo gruppo, due degli arrestati per associazione mafiosa e altri reati, Saverio Dominello e il figlio Rocco, fratello di Michele e Salvatore, condannati in primo e secondo grado per associazione mafiosa».

Un esempio del trattamento dei biglietti arriva dalla partita Juve-Real Madrid, semifinale di andata della Champions League 2014/2015. Un ticket da 140 euro sarebbe stato venduto a un tifoso svizzero per 620 euro. Ancora il Fatto: «“Guadagna sei volte…”, diceva un indagato. Secondo il gip Vitelli c’era un “preoccupante scenario che vede alti esponenti di un’importantissima società calcistica a livello nazionale ed internazionale consentire di fatto un bagarinaggio abituale e diffuso come forma di compromesso con alcuni esponenti del tifo ultras”, bagarinaggio tollerato “in cambio della tranquillità di tifosi e società”».

In questo sentiero si colloca il memoriale del presidente Agnelli, che però nega qualsiasi tipo di rapporto senziente con le cosche. Sempre dal Fatto

Il presidente spiega di aver delegato “una persona che conosco da sempre, di mia fiducia, che mi ha dato e mi dà, nell’inevitabile confronto con i gruppi, dimostrazione di correttezza e soprattutto di onestà”. Parla di Alessandro D’Angelo, security manager dello Stadium, il cui compito “comporta necessariamente il contatto con personaggi particolari”. Quelli che esercitano la “silente pressione, dovuta alla capacità ampiamente dimostrata in passato di porre in essere comportamenti violenti”. Afferma che “possono sicuramente condizionare l’even -to gara”, attraverso “i ‘chiarimenti’ con i giocatori e altri eventi simili e anche più gravi”. Ancora: “Il D’Angelo ha acconsentito alle richieste di biglietti avanzate dai gruppi, ma sempre nel rispetto delle procedure interne Juventus, a fronte del regolare pagamento degli stessi e soprattutto senza sconti né omaggi.

Una parte significativa (e amara) del pezzo spiega che comunque Agnelli avrebbe in qualche modo confermato i sospetti del gip Vitelli. Spiegando come il mantenimento dell’ordine pubblico sia un obiettivo per il quale si accettano malvolentieri delle necessità. Tipo il fatto che i biglietti venissero venduti solo a «persone che guidano il tifo organizzato e rispetto alle quali nessun dipendente Juventus ha mai nutrito il benché minimo sospetto anche solo di collusioni con associazioni criminali».

Il punto è proprio questo: possibile che nessuno sapesse o quantomeno sospettasse? Secondo le indagini, è andata proprio così, quindi evidentemente è così. Anche se Il Fatto chiude con una chiosa: «Un leggero dubbio, però, qualcuno lo aveva. Il 15 gennaio 2014 al telefono con Germani, Stefano Merulla, responsabile del “ticket office”, parlava di Rocco Dominello: “Ho la percezione – diceva – che abbia un’influenza abbastanza forte all’interno della curva».

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