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Storia breve e triste del Napoli in Calabria, da Mammì a Sedivec

I precedenti del Napoli nella regione più a sud della penisola: tanto Catanzaro, ma anche Reggio Calabria e un passaggio a Crotone, nel 20070

Storia breve e triste del Napoli in Calabria, da Mammì a Sedivec

“Calabrisella mia, Calabrisella, facciamo l’amore, questa Calabrisella morire mi fa” cantavano gli antichi per magnificare le bellezze di una tra le regioni più ricche di storia d’Italia. Oggi parlare di Calabria nel calcio è come discutere della “questione meridionale”, ovvero di un “anno” che rimane ancora “zero” visti i risultati fin qui raggiunti dalle squadre calabresi in massima serie. Presenze sporadiche ma a ‘cicli’, si veda appunto il caso di Catanzaro e Reggina, poi le scomparse improvvise, addirittura i fallimenti e la ripartenza dalle serie minori. Quest’anno il Crotone, simpatica neo promossa dalla B, poteva tentare di aprire un altro mini ciclo ma le premesse non sono delle più rosee, l’approccio alla massima serie mostra ancora delle difficoltà. Un punto in otto partite è boccone amaro da digerire per chi aveva creduto in un nuovo miracolo Sassuolo o Chievo.

La regione, che costituisce la punta dello stivale, che fu prima greca e poi romana, ricca quindi di storia e cultura, ha sempre rappresentato la Cenerentola del Calcio meridionale rispetto alla Puglia (Bari, Lecce e Foggia hanno un passato glorioso alle spalle), alla Sicilia (Catania e Palermo hanno dato lustro al calcio isolano negli anni ’50 e ’60), alla Sardegna (la lunga militanza del Cagliari in A, il nome stesso di Gigi Riva, valgono da soli nei confronti delle sporadiche presenze delle ‘provinciali’ del sud), alla Campania stessa (Napoli ed Avellino hanno giocato infuocati derby tra gli anni ’70 e ’80). La classifica delle presenze in serie A la chiudono malinconicamente la Basilicata ed il Molise di cui probabilmente non vedremo mai una squadra lottare per la conquista di un posto al sole.

Numeri alla mano, prima del Crotone, la serie A l’hanno fatta, a periodi alterni, solo il Catanzaro e la Reggina, mentre ci è andato vicino il Cosenza (fu quinto nel torneo 1991/92). Oggi la squadra che gioca allo “Scida”, a meno di clamorosi miracoli, non è destinata a fare il percorso che fu dei giallorossi di Catanzaro e degli amaranto dello stretto, squadre che la A l’anno giocata per 7 e 9 anni rispettivamente, coprendo un arco di tempo che parte dal campionato 1971/72 fino ad arrivare, con alterne fortune, al 1982/83 per il team che fu di Claudio Ranieri e dal 1999-2000 al 2008/09 per l’equipe del presidente Lillo Foti. Il Mare Jonio bagna sia Catanzaro sia Crotone, città che fu uno dei centri più importanti della Magna Grecia, e tra i due centri passano poco più di 70 km. Di kilometri ne passano, invece, circa 230 tra Reggio Calabria e Crotone, quindi il nostro “amarcord” prende decisamente la strada per Catanzaro per ricordare come la prima volta in A dei giallorossi fu simile a quella del Crotone. Non vestiremo i panni dell’uccello del malaugurio nei confronti dei rossoblu crotonesi ma alla sua “prima notte di nozze” la squadra che sarà di Palanca, tristemente noto alla tifoseria napoletana, fallì. Notte in bianco fu, terzultima in classifica, la serie cadetta di nuovo alle porte. Eppure quell’anno il Napoli, nel giorno di Santo Stefano (Il Boxing Day del calcio italiano è esistito!) raccolse uno striminzito 0 a 0 al “Comunale” che più tardi sarà intitolato allo storico presidente Nicola Ceravolo. Era il Catanzaro di Mammì e Spelta, di Maldera e Busatta, dei baffuti D’Angiulli e Zuccheri, era la squadra che, sul proprio campo, battè la Juventus con un gol di testa di Mammì facendo la Storia. Che sfizio, prima vittoria in serie A, vittima sacrificale la Juventus che vincerà lo scudetto. Queste erano le ‘macchie’ del Totocalcio, quelle che facevano saltare il banco, altro che centro scommesse!

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Angelo Mammì

Nel 1976/77, azzurri guidati da Pesaola e calabresi condotti da Di Marzio, in campo con gli ex Sperotto, Boccolini e Improta, le due squadre impattano ancora per 0 a 0. Due anni dopo, Napoli affidato a Vinicio e Catanzaro gestito da Mazzone, in campo gli ex Improta e Mattolini, il risultato non si schioda dallo 0 a 0. Sembrava destino che ogni volta che il pullman del Napoli prendeva l’autostrada per Catanzaro riportasse a casa giocatori che commentavano un pari ad occhiali fino a quando non si andò a chiudere malinconicamente un campionato da decimo posto, nel 1979-80, con la squadra affidata a Sormani per le dimissioni di Vinicio, perdendo col più classico dei punteggi. Due a zero, Palanca e Bresciani lasciarono di stucco un pur bravo Castellini. La monotonia riprese l’anno dopo con l’ennesimo 0 a 0, anche Marchesi, che sfiorò lo scudetto proprio nel 1980/81, andò a prendersi il classico punticino esterno contro una squadra allenata da un altro ex illustre, Tarcisio Burgnich, e con giocatori che volevano dimostrare al Napoli che non erano finiti, vedi Majo, o che si affacciavano alla massima serie come Mauro.

La prima vittoria in Calabria arrivò, certo che arrivò. Meglio tardi che mai. E’ il 24 gennaio del 1982, il Napoli di Marchesi, con Palanca in maglia azzurra, affronta i giallorossi di Pace che piazza un prodotto del nostro vivaio, Celestini, sulla mediana ad interrompere le folate dell’ispiratore di gioco Criscimanni. Al 10′ minuto il matusa Santarini fa autorete e regala una preziosa vittoria al Napoli. Anche l’ultima partita giocata dagli azzurri in terra calabra porta due punti preziosissimi ( la vittoria di allora ) . Stavolta la gara è drammatica, l’atmosfera è tesa, le due squadre attraversano un periodo che definire buio è poco. Rambone e Pesaola hanno preso il posto di Giacomini e hanno trovato il Napoli con 7 punti dopo 11 giornate. Un fallimento gestionale che ha del clamoroso, la squadra è a pezzi, il morale sotto i tacchetti. Pochi giorni prima della trasferta di Catanzaro Ferlaino rassegna le dimissioni e la presidenza viene assunta, pro tempore, da Marino Brancaccio. Da una parte la paura della grande squadra che vede il baratro sotto i piedi e cerca la vittoria, dall’altra la paura di una provinciale che lotta con tutte le sue forze ma che chiuderà ultima il campionato. Da una parte lo zoccolo duro di una squadra che il Petisso cercò di motivare in tutti i modi con Ferrario, Bruscolotti, Krol, Vinazzani, Pellegrini e Castellini, dall’altra Musella, ancora un ex, a fare da trequartista tra illustri comprimari. Finisce 2 a 1, segna Bivi, ex oggetto misterioso e poi prolifico bomber di provincia, risponde con una doppietta Pellegrini e regala ossigeno al Napoli.

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Pellegrini

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Musella

Col Crotone, che a fine campionato retrocederà, c’è un solo precedente in serie B, quello di dieci anni fa allo “Scida”. Il Napoli, che vincerà il torneo a mani basse con la Juve, il 17 marzo del 2007 le va a buscare in Calabria e si deve piegare ai gol di Sedivec e Giampaolo. Salva la faccia un’autorete di Zamboni, ex anche lui. Di quella squadra sono rimasti in attività solo Cannavaro al Sassuolo, Domizzi al Venezia e Calaiò al Parma. De Zerbi allena il Palermo e Bucchi il Perugia. Sembra ieri.

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