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Hamsik è l’emblema di un Napoli stanco e senza idee (bravo Gasperini)

L’analisi tattica di Atalanta-Napoli: Gasperini indovina la disposizione tattica e le mosse per esaltare Gomez. Sarri tradito dagli uomini più determinanti.

Hamsik è l’emblema di un Napoli stanco e senza idee (bravo Gasperini)

In rete e in televisione, subito dopo la fine della partita, è iniziato a girare il numero delle palle perse dal Napoli nel match di ieri in casa dell’Atalanta. Sono state 65, effettivamente parecchie. Ma il problema, ieri, non è stato questo. O meglio, non solo questo: il Napoli, semplicemente, non è stato in grado di attaccare bene la difesa dell’Atalanta. Delle 13 conclusioni (a 10) scagliate verso la porta dell’ottimo Berisha, 7 sono arrivate da fuori area. Delle 6 tentate dall’interno dei 16 metri, due sono state di Koulibaly e altre tre sono arrivate tra il minuto 43′ e il minuto 45′. L’ultima, la sesta, è quella di Callejon al 22esimo minuto. Causata dallo scivolone di Dramé, quindi una situazione non tatticamente limpida ma comunque frutto di un errore estemporaneo e non indotto. Sotto, il campetto posizionale con tutti i tiri verso la porta atalantina.

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La somma che fa il totale, insomma. Una storia alla Totò, una cosa sopra l’altra: il Napoli di ieri era impreciso negli appoggi e poco fantasioso, quindi pericoloso, quando c’era da attaccare la difesa avversaria. Grande merito va comunque ascritto all’Atalanta, che ha fatto tutto il possibile e anche di più per bloccare il gioco del Napoli. La caratteristica degli orobici è stata quella di mascherare un match di esclusivo contenimento, preparato solo per distruggere il gioco del Napoli, e di farlo sembrare orientato alla ripartenza. Il merito di questo atteggiamento è tutto di Alejandro Gomez, vero e proprio ago della bilancia tattico di Gasperini. Le scelte del tecnico piemontese sono state tutte orientate a favorire il gioco del fantasista ex Catania: lo svuotamento offensivo della fascia destra (sotto, nel capetto posizionale a sinistra vediamo il 5-3-2 asimmetrico dell’Atalanta), tanto che Ghoulam risulterà, a fine partita, il calciatore con più palloni giocati (112); il doppio esterno sulla fascia mancina, l’utilizzo dell’ottimo Freuler (un key pass, 2 dribbling riusciti, 4 cross) sul centrosinistra. Persino uno sviluppo contrario del gioco, con la fascia destra maggiormente utilizzata per la costruzione della manovra prima del rovesciamento di fronte. Insomma, tutto il meglio dell’Atalanta per stimolare il calciatore-bonsai argentino, che ha risposto con una qualità inversamente proporzionale alla sua statura: 5 cross, 3 tiri, 3 dribbling riusciti, 3 duelli individuali vinti su 6 tentati. E il cross che ha spaccato la partita dopo una giocata fantastica, di tecnica, fisica e astuzia.

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L’Atalanta decide di bloccare il Napoli depotenziando il valore di spinta della fascia destra (il numero 29 è Petagna, che supporta il gioco ma non può attaccare il fondo) ed esaltando invece il lavoro sulla sinistra: Conti resta basso per chiudere il corridoio di passaggio verso Insigne e lo spazio a Ghoulam, che come vediamo dal campetto medio posizionale del Napoli (a destra) è costretto a crearsi una traccia centrale. Un inserimento interno, da terzino alla Guardiola.

Il Napoli, come vediamo dal suo campetto posizionale appena sopra (dei due, quello a destra), ha messo in mostra una notevole difficoltà ad esprimersi bene sulle corsie laterali. Non è mancata la spinta, non sono mancati i cross (come si è letto altrove), ma è mancata la qualità nel gesto tecnico: dei 37 tentativi di palla proveniente dalla fascia, solo 4 sono andati a buon fine. Demerito del Napoli, ovviamente, ma anche e soprattutto merito dell’Atalanta. Gasperini, esclusi Gomez e Petagna, ha deciso di ripercorrere in pieno il piano partita dello scorso anno (utilizzato anche da Juric, con successo, dieci giorni fa) e ha creato sei duelli individuali veri  e propri. Marcature uomo su uomo, a tutto campo: i tre difensori piatti ma destinati ai tre attaccanti e i tre centrocampisti (quella la chiave di volta del match, che però chiarisce anche la natura fortemente difensiva delle scelte di Gasperini) a tutto campo sui loro dirimpettai: Freuler su Zielinski, Kurtic su Jorginho e Gagliardini su Hamsik. Il risultato di queste scelte è semplice: Napoli impossibilitato allo sfruttamento dei soliti giochi a tre sulle fasce, con ogni giocatore seguito a tutto campo; quindi, necessità di velocizzare la giocata e conseguente aumento del margine di errore. Questo è avvenuto nei cross (sotto, il campetto posizionale con tutti i cross tentati: in verde quelli riusciti, in rosso quelli errati e in giallo i key passes), come nei passaggi: la storia delle 65 palle perse con cui abbiamo aperto l’analisi, che porta a un’accuracy giornaliera dell’83%. Un risultato molto negativo per il Napoli.

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Il frame appena sopra, lo capisci anche dal tempo di gioco, spiega e traduce in realtà il piano partita che abbiamo descritto prima: Atalanta uomo su uomo, Petagna in supporto difensivo sulla fascia destra e Ghoulam con la libertà di avanzare ma all’interno del campo, mai all’esterno. Andrà avanti così per tutta la partita, o almeno fino a quando le gambe dell’Atalanta reggeranno. Dopo, sarà solo trincea bergamasca, contro un Napoli a sua volta stanco (più che altro mentalmente, palesemente privo di idee) che non riuscirà a fare breccia nel muro di due linee piatte eretto nella ripresa.

Il calciatore simbolo di questa partita negativa è ovviamente quello più importante, quello determinante per il gioco del Napoli: Marek Hamsik. Eccezionale contro il Benfica, decisivo contro il Chievo e molto sottotono ieri: un solo key pass (quello per Callejon nel primo tempo, quindi neanche precisissimo perché senza lo scivolone di Dramé forse il pallone sarebbe stato intercettato proprio dal terzino orobico), quindi una sola occasione creata, e quattro conclusioni verso la porta. Tutte fuori misura. Insomma, si continua sulla stessa falsariga di sempre, che ci sia o non ci sia il fuoriclasse offensivo che ti risolve le partite: se Hamsik non gira, il Napoli non gira. L’esempio perfetto in riferimento all’anno scorso (si sono lette tante cose, in giro per la rete, per la serie “queste sono le partite in cui sarebbe servito Higuain) e che depotenzia questa teoria è proprio Napoli-Genoa 3-1, risolta da un gran tiro a giro del centravanti argentino. Tutto nasce, però, da un’imbucata splendida di Marek Hamsik tra le linee. Come dire: forse è vero, se ieri ci fosse stato Higuain sarebbe andata diversamente. Ma non è assolutamente sicuro, perché a Higuain (come a Milik, come a Gabbiadini, come a chiunque) i palloni vanno passati. E vanno passati bene.

In conclusione: c’è da preoccuparsi? La logica suggerirebbe di sì, la realtà è un tantino meno severa. Il Napoli di Sarri è una squadra in pienissima salute tattica e fisica, ha una sua precisa identità e ha scompensi difensivi che sono legati alla sua natura, viene da dire inevitabili. A loro volta, però, questi momenti di difficoltà sono molto limitati anche in una giornata storta come quella di ieri: basta fare un’analisi meno superficiale per rendersi conto che la sconfitta di Bergamo, per quanto meritata, è anche frutto di una serie di circostanze sfavorevoli. Il gol rocambolesco in primis, il momento di difficoltà successivo in seconda istanza. Delle 10 conclusioni concesse all’Atalanta (2 bloccate), 7 sono arrivate entro il 50esimo minuto; di queste 7, 3 si fanno risalire a  un periodo lungo 5 minuti, dal 30esimo al 35esimo. Il resto è poca roba, il dispositivo difensivo del Napoli funziona. Vive ancora qualche momento di sbandamento ma è una cosa francamente accettabile. Specie quando le cose, davanti, funzionano.

Appunto. Il Napoli, quando diciamo e sentiamo e scriviamo che «soffre» è perché non riesce a fare gol. Il primato estetico di questa squadra è inattaccabile, ma per avere riscontri in campo (e sul tabellino) c’è il bisogno che tutti i calciatori, soprattutto quelli decisivi nella costruzione del gioco, siano in buona condizione fisica e mentale. E offrano una buona prestazione. Una cosa che non è successa ieri, semplicemente. Per meriti degli avversari e demeriti propri, per stanchezza mentale e mancanza di idee. È qui la sfida di Sarri, nella risoluzione di quelle “partite sporche” che succedono quando loro giocano bene e i tuoi non girano come si deve. È l’ultima cosa che manca a questo Napoli. Quella più difficile, quella decisiva.

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