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Guardando una fabbrica abbandonata, ho capito che non avremmo pareggiato

Rinunciare all’abitudine al bel calcio è come andare a casa dei genitori e trovare un’insalata di cetrioli al posto della parmigiana di melanzane.

Guardando una fabbrica abbandonata, ho capito che non avremmo pareggiato
Milik in Atalanta-Napoli. L'ultima partita del polacco in maglia azzurra (foto Cuomo)

Atalanta – Napoli

È lunedì mattina, sono le sei e mezza, il mio treno è partito da poco dalla stazione di Venezia verso Milano. Sono le sei e mezza: molti di voi staranno ancora dormendo, molti altri sono già in piedi, chissà da quanto, e già usciti di casa; le mani in tasca alle fermate degli autobus, o strette intorno a una tazza di caffè. Gli occhi socchiusi per sfuggire alle impietose luci al neon. C’è anche chi a dormire sta per andarci, perché ha smesso di lavorare o di vagabondare. A questa categoria appartengono gli addetti alla vigilanza notturna dei negozi o dei musei, che incrocio in vaporetto all’alba. Sono loro che, tra un sorriso e una battuta, spengono gli smartphone: hanno lavorato e vagabondato, ora vanno a dormire. Uno di loro mi ha raccontato che ogni notte, a piedi, fanno dai venti ai ventidue chilometri, molti di più di quanti ne hanno fatti ieri, tutti insieme, i nostri calciatori. Qualunque cosa facciate o stiate per fare alle sei e trenta, se siete tifosi del Napoli, avrete perso con l’Atalanta, proprio come me. Capirete che questo non è un buon modo di cominciare la settimana, ma dobbiamo cominciarla. Ci accomuna – stamattina – la sensazione di avere un peso ulteriore sulle spalle, in aggiunta a quelli che normalmente ci portiamo dentro. È solo una sensazione perché una sconfitta in campionato non è nulla di grave, ma è una sconfitta, la prima, e con la sosta in mezzo dovranno passare due settimane prima che ce ne si possa liberare. Ci aiuta il fatto che da tifosi questo peso lo possiamo spartire tra di noi, e se da qualche parte qualcuno ci sfotterà sarà solo per qualche ora.

Vedete, non è grave il fatto di aver perso con l’Atalanta, che, mi pare d’aver capito, ha meritato la vittoria; è grave – e da lì viene il peso – dover rinunciare a un’abitudine dal sapore buono, ovvero alla vittoria e al calcio ben giocato. È un po’ come andare a pranzo dai tuoi genitori dopo tanto tempo e trovare, al posto della parmigiana di melanzane, un’insalata di cetrioli poco condita; roba da non ritornarci più per parecchio tempo.

In questi giorni è uscito, in una nuova e bellissima edizione, per Il Saggiatore: “La ragazza Carla”, di Elio Pagliarani; uno dei testi più importanti per la nostra letteratura del Novecento. Proprio nei versi d’apertura possiamo leggere: “Chi è nato vicino a questi posti / non gli passa neppure per la mente / come è utile averci un’abitudine”. Pagliarani attribuisce all’abitudine l’importanza dell’utilità. Avere un’abitudine è utile, ancor più che importante. Perché era utile la nostra abitudine al bel gioco e alla vittoria? Perché ci consentiva di guardare le partite con più gusto, con la serenità di poter concentrare lo sguardo sui dettagli migliori. Cose come l’azione spettacolare che ha portato al fallo di Julio Cesar su Callejón, e quindi al rigore per il Napoli, qualche giorno fa. Noi siamo abituati a vedere sul campo qualcosa di bello e perfetto. Tale abitudine ci consente di essere meno ansiosi. Noi, da molto tempo a questa parte, ci aspettiamo che il Napoli segni in percentuale elevata, di certo molto maggiore a quella che attribuiamo alla possibilità di far gol dell’avversario. Ci aspettiamo, costantemente, che qualcuno dei nostri tagli alle spalle dei difensori dettando il tempo all’ultimo passaggio, che arriverà, naturalmente, per mandarlo in porta.. La nostra abitudine non prevede gol di Petagna, e non prevede che il Napoli non rimonti un gol in più di ottanta minuti, facendo solo tre tiri in porta. Tutti i fattori non contemplati dall’abitudine dovremo imparare a considerarli, perché nel calcio le variabili sono troppe. Le variabili sono nemiche delle abitudini, anche delle migliori.

Mentre si disputavano gli ultimi minuti di Atalanta – Napoli, passavo in auto davanti a una fabbrica tessile abbandonata. Mi trovavo poco fuori Treviso, il cielo era grigio e minacciava pioggia, era tutto molto autunnale. Le fabbriche abbandonate mi procurano da sempre due pensieri (ma forse sono sensazioni): una di tristezza rispetto a qualcosa che c’era, e che dava lavoro, un certo tipo di lavoro, magari diverso, magari migliore, di sicuro con maggiori aspettative di quelle che concede il lavoro in fabbrica (e non solo) di questi tempi. L’idea di una nobiltà del lavoro, concetto da coniugare al passato. L’altra sensazione è di curiosità, mi viene voglia di entrare nello scheletro della fabbrica o del capannone, di toccare i muri e conoscerne la storia, capire le ragioni dell’abbandono, sapere come sono state le vite di chi tra quelle mura, ora piene di crepe, ha lavorato. Ieri, però, passando davanti a quell’edificio, con le finestre ridotte a buchi rettangolari, con l’insegna rotta per metà, con il cielo che dal grigio si faceva nero, con una pizzeria decadente poco più avanti, tutto si è concretizzato in una sola immagine: il Napoli non avrebbe pareggiato. Come poi è stato. Bisogna fidarsi del paesaggio, ma anche dei nostri calciatori e di Sarri, questa è solo una partita persa.

Il post it del drone Giggino

Primo tempo: Gli unici dati che riesco a registrare sono riconducibili alla parola chiavica. Secondo tempo: gli unici dati che riesco a registrare sono certificabili con la parola uallera. Fine partita: Mister, che ci vogliamo fumare? Mi permetto di consigliare roba forte.

Notizie dall’Inghilterra

Il Watford ha pareggiato. Continua, dunque, la serie positiva dei ragazzi di Mazzarri, più luci che ombre. In Inghilterra hanno già scoperto le vere qualità di Zaza, per noi si tratta di un notevolissimo fosso scansato. Il Newcastle di Benitez continua a far faville e a divertire, molto bene. Mi si chiede di seguire il Besiktas di Inler, ci posso provare ma non so se la mia pazienza possa reggere la uallera del campionato turco.

Note a margine:

  • Meno male che il Napoli ha perso di domenica, almeno stiamo intossicati di lunedì.
  • Per i cornetti passate un’altra volta.
  • Abbiamo perso una partita e di questo si tratta.
  • Uè, Insigne, tutto a posto?
  • Due parole per Locatelli del Milan: se a diciotto anni fai il tuo primo gol in serie A meriti gli applausi di tutti, e un in bocca al lupo.
  • #IoStoConSarri dalla prima più di prima
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