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Gabbiadini ha tutte le qualità per prendersi il Napoli. Dipende anche da lui

Due stagioni venti gol, 15 in serie A. Sarri deve aiutarlo correggendo il Napoli. Ma solo Gabbiadini può aiutare Gabbiadini a diventare un frontman.

Gabbiadini ha tutte le qualità per prendersi il Napoli. Dipende anche da lui

Oggi, nella nostra redazione virtuale, non riuscivamo a trovare le parole per definire Manolo Gabbiadini. Abbiamo scritto tanto, su di lui. Ed è strano, perché nell’ultima stagione e un quarto ha giocato poco e niente. Evidentemente, è uno che riesce a muovere le menti pur senza fare grossi spostamenti d’aria e d’emozione. Uno di noi, poi, ha pronunciato la frase perfetta: «Secondo me, Gabbiadini non ha avuto gli attributi per essere un vero frontman, finora». Ovviamente “attributi” non era proprio “attributi”, ma “frontman” era proprio “frontman”. Ed è la sintesi perfetta di tutte quelle cose che vogliamo dire di un attaccante quando questo è (stato) Higuain, quando poi è diventato Milik.

Secondo il dizionario Garzanti online, questa è la triplice definizione di frontman.

1. addetto (m.) alle pubbliche relazioni in una grande impresa

2. (fig.) uomo (m.) di punta

3. (mus.) frontman (m.), cantante (m.) di un gruppo.

A naso, quello che serve al Napoli orfano di Pipa e Arkadiusz è un mix tra numero 2. e numero 3. È la capacità di essere uomo di punta non solo nel ruolo, ma di punta in senso assoluto: caricarsi sulle spalle difficoltà e responsabilità, non sparire nella partita, non adombrarsi dietro un controllo sbagliato, un inserimento non assecondato dai compagni, una sponda che era una buona idea ma che poi è venuta male. Un frontman non può essere arrendevole, dimesso, senza nerbo. È uno che canta, che ti tiene su il concerto e finalizza nella voce e nelle grida il lavoro della band. Lo rifinisce, lo esplica mentre gli altri lo esprimono.

Il Gabbiadini col Chievo era un buon compromesso, e andiamo molto al di là del gol. Parliamo della rabbia, della vita nell’esultanza, nella partecipazione emotiva. Quello che manca a questo ragazzo, quello che gli è sempre mancato. Insieme a una fiducia reale, ma questa è colpa un po’ sua e un po’ delle contingenze. L’anno scorso c’era Higuain e Higuain era Higuain, che ci vuoi fare. Quest’anno, Milik ci ha messo 45′ per prendersi i galloni da titolare. Facciamo 90′, i 45′ di Berlino (amichevole con l’Hertha) e i 45′ di Pescara. Più di quelli col Milan, perché è già una conseguenza. È stato prima, l’inghippo. Certo, il Gabbiadini che conoscevamo noi c’entra(va?) poco con il ruolo di centravanti che Sarri ha cucito addosso a Higuain, ma poi qualcosa era già diventato diverso quest’estate (del resto, Gabbiadini ha segnato quattro gol al Monaco, non proprio la Virtus Entella). Poi, il Chievo e qualche sensazione positiva sparsa, lo ripetiamo, al di là del gol. Ora, però, andiamo anche oltre l’esultanza (finalmente) rabbiosa: 4 tiri verso la porta, il 70% dei passaggi riusciti, una presenza reale e diciamo anche costante nella costruzione del gioco. Insomma, detto francamente: per una partita, il Napoli non si era sentito addosso l’assenza di Milik. Era bastato Manolo.

Che deve ripartire da qui, ma anche dalla certezza che ora tocca a lui. Lui, un giorno all’improvviso, è diventato il frontman del Napoli. Senza se, senza ma, senza concorrenza. Dipende solo da lui. Sarri potrebbe anche cercare di aiutarlo, magari lavorando a un metodo di rifornimento alternativo per la prima punta, qualcosa che si sostituisca ai canali classici di trasmissione palla per il centravanti (cross dalle fasce, appoggi a venire incontro spalle alla porta). Un po’ di profondità in più, magari, in cui Gabbiadini si trova benissimo grazie alla lettura del movimento sul tocco del compagno (quella sì, decisamente da grande attaccante) e alla grandissima qualità di tiro. D’altronde, parliamo di un ragazzo dalla grande narrazione, da sempre etichettato come un grande campione in divenire. Non è una patente di certa e incontrovertibile nobiltà, ma il fatto che sia transitato per la Juventus (senza mai giocare nemmeno un minuto in bianconero) è quantomeno indicativo.

Ma poi, suggestioni a parte: i gol. Quelli realizzati anche a Napoli, nella primissima parte della sua esperienza. Nella stagione 2014/2015, quella vissuta a metà tra Napoli e Sampdoria, Gabbiadini ha segnato 15 gol in campionato. Tre in meno di Higuain, senza calciare rigori. E quella stagione in totale arrivò a quota venti, compresi in due in Europa League contro il Trabzonspor e a Wolfsburg. Perché, chiariamolo bene: una cosa è non essere adatti al ruolo di centravanti secondo Sarri, una cosa che Il Napolista ha sempre “riconosciuto” al ragazzo di Calcinate; un’altra, invece, è non saper giocare a calcio o non saper far gol. E questo, francamente, non l’ha mai detto nessuno. La verità è che Gabbiadini sembra sempre in down mentale, e questa è una dote quando giochi accanto a Higuain, come nel primo anno di Napoli. Racconta freddezza, aiuta nel momento della conclusione. Diventa un limite quando la tua squadra cambia modo di giocare, si appoggia su un solo attaccante di ruolo o comunque abbandona il modulo con due centrocampisti e quattro uomini offensivi e quindi taglia una possibilità di inserire una seconda punta. Sarri ha creato una macchina perfetta per funzionare con un calciatore diverso da Manolo, ora deve trovare soluzioni per aiutare Manolo a diventare un ero frontman. Le possibilità, lo dicono i numeri del passato e i piccoli miglioramenti intravisti quest’anno, ci sono. Eccome.

Il più degli ingredienti, però, devono essere proprio made in Manolo. Qualcuno ama racchiudere tutti i parametri nel concetto definitivo, totalitario e totale di “palle”, ma dire garra permette di intendere lo stesso tipo di agonismo positivo senza essere volgari. La stessa garra che poi è un po’ l’essenza primordiale del frontman, la sua skill fondamentale. Trasporto, partecipazione, grinta. Tu che lo prendi dal pubblico e che lo restituisci a tua volta, in uno scambio vicendevole di emozioni che vanno oltre il gol, le doti in campo. O quelle canore, se parliamo di musica. E allora, dando l’in bocca al lupo a Manolo per la serie di sette partite che ci aspetta da qui alla prossima sosta, l’occasione definitiva per dare lo strappo decisivo alla sua carriera, vi mostriamo cosa vuol dire frontman. Così, per buon augurio, per tutti. Qui è Wembley. Non è un caso, forse. Perché c’è qualcosina che ha sempre a che vedere con il calcio, in quasi tutte le cose della vita.

 

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