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Che cos’è e come funziona il fair play finanziario

Introdotto dalla Uefa nel 2009, in realtà non è ancora entrato in vigore. Il Napoli è quarto nella classifica del Fair play finanziario.

Oggi i tifosi parlano e (soprattutto sui social) scrivono tanto dei bilanci delle società di calcio. Il motivo è uno solo: il calciomercato!

Il tifoso vuol sapere se la propria società è in grado di comprare i campioni che lui sogna. Si dirà che è sempre stato così, tuttavia l’era dei presidenti mecenati è finita, almeno in Italia, e il tifoso ha iniziato a domandarsi perché il proprio club non può più comprare i campioni. In questo scenario, si è inserito il Regolamento del Fair Play Finanziario, un progetto introdotto dal Comitato Esecutivo Uefa nel settembre 2009, che costringe i club ad adottare una filosofia gestionale basata sull’autofinanziamento e quindi di prestare la massima attenzione ai ricavi e ai costi, perché le società devono acquisire l’attitudine a durare nel tempo, basandosi sulle proprie forze.

In effetti il progetto (allo stato ancora non è entrato a regime) risponde a delle logiche che tendono a preservare una “sana” competizione in un settore che fa della competizione la sua ragion d’essere. In sintesi, i club devono competere utilizzando le risorse economiche che hanno a disposizione. Il ricorso all’indebitamento eccessivo è equiparabile all’uso del doping che falsa le competizioni. La competizione deve svolgersi contando esclusivamente sulle proprie forze senza avvalersi di aiuti esterni di qualsiasi genere.

Occorre impedire, come avvenuto nel passato (Lazio, Parma, Olympique Marsiglia ), che un club allestisca una squadra competitiva promettendo di elargire enormi quantità di denaro sia ai calciatori che ai club di provenienza, senza poi essere in grado di onorare l’impegno.

Però il Regolamento del Fair play finanziario deve essere giudicato quando entrerà nella fase a regime. Siamo ancora nel periodo transitorio e gli effetti ancora non si sono fatti sentire. Sono stati sicuramente raggiunti degli accordi con molti club che hanno evidenziato delle criticità. Negli accordi, ovviamente accettati dalle società calcistiche, è sempre previsto l’impegno a mettersi in regola entro un determinato periodo.

Ad ogni modo in questa fase di implementazione graduale sono state già introdotte delle regole basiche, alcune delle quali ci lasciano un po’ perplessi:

  1. Le squadre che si qualificano per le competizioni della Uefa devono dimostrare di non avere debiti insoluti verso altre società, giocatori e altre entità sociali e fiscali per tutta la stagione. Perfetto!
  2. Nel 2013 i club sono tenuti a bilanciare le spese con i ricavi e ridurre i debiti. Molto bene!
  3. Nel 2015 i limiti del Fair play finanziario  sono stati modificati per incentivare gli investimenti: le spese per le costruzioni di stadi, di infrastrutture per gli allenamenti e per i settori giovanili e femminili sono state escluse dalla verifica dei bilanci. E qui qualche riflessione la farei sui rischi di falsificazione dei bilanci insiti nella gestione dei vivai, tema che affronteremo più approfonditamente nelle prossime puntate della rubrica
  4. Esiste anche una particolare tolleranza nei confronti dei club che necessitano di una ristrutturazione d’impresa, che affrontano gravi problemi economici e che sono alle prese con problemi che dipendono dalla loro regione di appartenenza. In questo caso, trattandosi di analisi soggettive, chi garantisce che non si attui una politica di “figli e figliastri”? Ad esempio privilegiando “politicamente” con il silenzio qualche club tedesco e invece stigmatizzando le sanzioni inflitte a squadre turche (il Galatasaray è stato escluso per un anno dalle coppe europee per non aver rispettato i parametri previsti dal Fair play finanziario e per non aver raggiunto gli obiettivi concordati con la Uefa dopo le prime sanzioni)?
  5. Ai club è concesso spendere fino a 5 milioni di euro in più di quanto hanno guadagnato nel periodo di tre stagioni valutato dalla Uefa: chi sfora i 5 milioni non incorre in sanzioni se rimane entro i trenta milioni e se successivamente la proprietà provvede a coprire i debiti. Successivamente? Occorre un termine preciso altrimenti 30 milioni da ricapitalizzare sono tanti!
  6. Ma per avere una idea del fenomeno dobbiamo far presente ai nostri lettori che gli ultimi dati analizzati attestano che il debito calcistico si aggira su 1,6 miliardi di euro e che è in crescita del 36%, mentre il 75% delle società non riesce a far pareggiare il bilancio!!

P.s. Dimenticavo di sottolineare che il nostro Napoli è quarto  nella classifica del fair play finanziario dietro Arsenal, Real Madrid e Tottenham e davanti a Bayern Monaco e Udinese! Chapeau Presidente, solo chi sa di finanza e gestione aziendale può apprezzarne il valore ma talvolta da tifoso dimentico la mia professione. Mi faccia anche vincere qualcosa 🙂 ed entrerà nei libri di storia …..anche calcistica !

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