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Il tormentato rapporto del Napoli col turnover

Da Mazzarri al suo opposto Benitez, il turnover è sempre stato un nervo scoperto del Napoli. Vediamo come se la caverà Sarri.

Il tormentato rapporto del Napoli col turnover

Non sappiamo risalire con precisione al giorno in cui il Napoli scoprì il turnover. Di certo, negli anni d’oro non si parlava di turnover né di panchina lunga. Il Napoli che vinse lo scudetto si rinforzò sì con Careca ma anche con Miano e in rosa c’erano Sola, Bigliardi e Pergolizzi. Una rosa di ventuno calciatori.

Probabilmente la sera in cui Napoli e il Napoli scoprirono il turnover è il 21 settembre del 2011. Il Napoli è al primo anno di Champions League. Ha esordito a Manchester con un prezioso e avvincente pareggio per 1-1. In panchina c’è Walter Mazzarri. Si gioca la quarta giornata di campionato, turno infrasettimanale, a Verona contro il Chievo. Il Napoli è reduce da due vittorie consecutive contro Cesena e Milan, la prima giornata non si è giocata per lo sciopero dei calciatori. Gli azzurri vanno al Bentegodi e Mazzarri schiera le cosiddette seconde linee, la difesa a tre è così composta: Fernandez, Fideleff e Aronica. Questa la formazione: De Sanctis; Fernandez, Fideleff, Aronica; Zuniga, Dzemaili, Gargano, Maggio; Mascara, Santana; Pandev. Entreranno nella ripresa Inler, Hamsik e Cavani. Finì 1-0 per i veneti, con Moscardelli che raccoglie un invitante assist di Fideleff in area e segna.

La scena si ripeterà il 29 ottobre a Catania ospiti della squadra allenata da Montella. Mazzarri ripropone Fideleff in difesa, al fianco di Fernandez e Cannavaro, e soprattutto fa esordire a centrocampo Santana nell’insolito ruolo di mediano al fianco di Inler; davanti ci sono Mascara, Lavezzi e Cavani che porta il Napoli in vantaggio al primo minuto. Finirà 2-1 per i siciliani con Santana espulso nel finale del primo tempo (sull’1-1) per doppia ammonizione.

Sono le due tappe che segnano la scoperta del turnover da parte di Napoli. Mazzarri venne messo sotto accusa, anche se quell’anno si salvò per aver raggiunto lo storico traguardo degli ottavi di finale in Champions; in campionato, però, finì quinto. E negli anni successivi, l’approccio del livornese alla rotazione dei calciatori non cambiò. Come al solito, la platea si spaccò tra chi attribuiva la responsabilità alla rosa striminzita del Napoli e chi imputava a Mazzarri una visione miope della gestione degli uomini. Anche perché le critiche proseguirono con la partecipazione alla Europa League “snobbata” dal Napoli.

Da un opposto all’altro. Il Napoli nel 2013 ingaggia Rafa Benitez il teorico del turnover. Non ripercorriamo qui il suo biennio. Benitez ha indubbiamente segnato un prima e un dopo a Napoli, ha acuito ancor di più la spaccatura tra tifosi, giornalisti, appassionati. Quest’estate abbiamo assistito a un divertentissimo (per non dire altro) tentativo di sua riabilitazione – in nome della programmazione –  da parte di addetti ai lavori che in quei due anni hanno lavorato esclusivamente alla demolizione del lavoro dello spagnolo. Uno dei motivi di tanta acredine era – è incredibile a dirsi, ma è così – la formazione con cui puntualmente il tecnico ex Liverpool smentiva le previsioni dei quotidiani. Basti pensare che Benitez cominciò la stagione con cinque vittorie consecutive – di cui una contro il Borussia Dortmund in Champions – e al primo mezzo passo falso, l’1-1 in casa contro il Sassuolo, venne letteralmente fatto a pezzi dalla critica (oltre che fischiato dal San Paolo a fine partita). Per quella partita (gol di Dzemaili e Zaza), Benitez schierò Reina; Mesto, Fernandez, Cannavaro, Armero; Inler, Dzemaili; Pandev, Hamsik, Mertens; Higuain (entrarono nella ripresa Callejon e Insigne).

Scoppiò l’inferno, al punto che il Napoli andò a giocare a Genova contro il Genoa in un clima da ultima spiaggia. E lui, lo spagnolo, si presentò a Marassi con Pandev e Zapata (Higuain era malconcio) e vinse. Il suo turnover scientifico e secondo alcuni eccessivo fece letteralmente impazzire l’ambiente Napoli. Benitez a Napoli ha toccato corde che pochi hanno avuto il coraggio di pizzicare e la reazione furiosa di quella che definimmo “una certa Napoli” fu da cinema. 

Non andava bene Mazzarri (poco turnover) e per il motivo opposto non andava bene Benitez (troppo turnover). In un clima da The day after, arriva a Napoli Maurizio Sarri. Che fondamentalmente cavalca l’onda popolare e rilascia dichiarazioni contrarie al turnover. La principale resta: «In 18 si può fare un colpo di Stato». Frase che mandò in sollucchero l’opinione pubblica che odiava Benitez. Poi, a gennaio, lo stesso Sarri si lamentò del mercato di gennaio del Napoli. Restò fedele alla sua linea: lo scorso anno il Napoli non ha quasi mai praticato turnover. È stata la squadra con la più ampia forbice di minuti tra l’undicesimo giocatore più impiegato e il dodicesimo.
Una gestione che pare non sia piaciuta molto a De Laurentiis, a partire dallo scarso utilizzo di Mertens. La campagna acquisti di quest’anno nasce dalla necessità di dotare il Napoli di una rosa omogenea, in modo da poter consentire la turnazione che lo scorso anno non fu possibile a causa di David Lopez, Grassi, Regini e magari Higuain più che Gabbiadini. Ora non ci sono più né Fideleff né Santana, ma Maksimovic, Chiriches (Tonelli), Diawara, Rog e Zielinski.

Sarri, ovviamente, sarà giudicato in base ai risultati. Nel calcio conta solo quello, e anche giustamente. Fin quando vincerà, andrà tutto bene. Ma se qualche intoppo dovesse frapporsi sulla strada del Napoli, sicuramente il tecnico toscano sarebbe costretto a fronteggiare le critiche sulla gestione della rosa. Si partirà dall’uno-due Palermo-Kiev. Per ora, Sarri ha mostrato di saper cambiare. A Pescara è partito con Insigne e Gabbiadini e contro il Milan invece hanno giocato Mertens e Milik.

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