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Shakespeare non avrebbe mai limitato i posti del teatro elisabettiano

De Laurentiis ha detto di voler costruire uno stadio da 20mila posti: un’opinione contraria, perché si preservi la maestosità del pubblico del San Paolo.

Shakespeare non avrebbe mai limitato i posti del teatro elisabettiano

Cominciò George Orwell nel 1948. In quell’anno lo scrittore indiano, naturalizzato inglese, scrisse un romanzo che, invertendo le ultime due cifre, doveva restare epocale. Nacque “1984” e fu la Storia. Il Grande Fratello, un monitor che ci controlla, una società basata su regole ferree ed imprescindibili, il controllo del governo, il totalitarismo, l’impossibilità del cambiamento. In quegli anni del dopoguerra, contrassegnati da stenti e sofferenze, voglia di risorgere e di ricostruire, sembrava pura fantascienza. Eppure quando arrivò il 1984 non successe apparentemente nulla, il romanzo continuò ad essere considerato frutto della fantasia di uno scrittore anti-establishment. Nel 1968 Stanley Kubrick partorì quel capolavoro di “2001 Odissea nello spazio”, un film che ancora oggi spaccherebbe i botteghini. Sembrava utopia anche quella. Eppure quando arrivò il 2001, il nuovo secolo, passò tutto sotto silenzio e Kubrik apparve un folle visionario ancora una volta.

Una parentesi personale. Quando negli anni ’70 ero un giovane liceale leggevo un settimanale musicale che mi aggiornava sulle uscite discografiche e sulle nuove tendenze musicali. Si chiamava “Ciao 2001 ” (chi se lo ricorda?) ed io pensavo “Mah, che strano nome per un periodico, chissà quando arriverà questo 2001″. Eppure arrivò anche quell’anno, non ci feci quasi più caso. Ero semplicemente cresciuto, ero diventato un giovane uomo. Restando in tema cinematografico, anche J. Lee Thompson nel 1972, si apprestò a completare una serie di pellicole famose con un film di impatto,”1999 Conquista della terra”. Anche quella data, al momento dell’uscita del film, sembrava lontana. Eppure anch’essa arrivò e noi tifosotti napoletani eravamo alle prese con un campionato di Serie B da vincere. Quello che tanti anni fa non pensavo potesse arrivare è invece giunto in questi giorni, il sogno del presidente del Napoli Aurelio De Laurentiis di costruire uno stadio da 20000 posti con 20000 soci. E scusate se mi rivolgo ancora a tematiche aliene al Calcio, questa mi sembra una bella trovata di Fantascienza o Science-Fiction, come dicono gli inglesi che hanno coniato il termine esattamente 90 anni fa. Stessa data di nascita del Napoli, 1926.

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La notizia, riportata da giornali e siti on line, è rimasta notizia e non sappiamo se sia stata una semplice provocazione di un presidente che fa la squadra e, ahimè, “non vede un tubo” o se sia un’intenzione reale.  Non ho letto commenti, eppure mi sembra una ‘notiziona’. Tutto mi appare fin troppo asettico, freddo e sterile, di sana rassegnazione, come se dovessimo subire senza reagire. Ha iniziato Sky nel pre partita di Napoli-Bologna con la solita striscia che passa sui Tg, poi ha rincarato la dose Mediaset ed infine ho strabuzzato gli occhi. “Ventimila” mi ripetevo come uno zombie e la prima cosa che mi è saltata in mente è stata: quando lo diremo più “San Paolo stracolmo in ogni ordine di posti”?. Una cantilena che, purtroppo, non si è fermata più. Quando lo diremo più “La folla applaude agli azzurri”? Quando lo diremo più “Il Napoli ha vinto spinto dai cori dei suoi tifosi”? Quando lo diremo più  “Domenica voglio sventolare il mio vessillo azzurro”?

Un incubo, un sogno maledetto, un romanzo distopico, un mondo popolato di alieni, cyborg, robot, mostri e mutanti. Il fatto è che i tifosi del Napoli non sono i personaggi di questo mondo, non li puoi sedere, in 20000, a guardare la partita come se fossi nel salotto di casa. I tifosi di Partenope sono persone vive, reali, passionali e passionari, amano la loro squadra über Alles, soffrono, gioiscono, godono con essa. Come possiamo farli diventare dei robot, seduti come sul più bello dei divani? “Prego, entrate nel Cine Multisala Napoli, venghino signori, venghino…” sembra questa la tarantella dell’imbonitore presidente senza considerare due fattori fondamentali. Uno, quanti  napoletani potrebbero comprare questo posto in prima fila e perchè escludere i settori popolari? Uno stadio con quella capienza rischierebbe di somigliare ad un impianto di Serie B. Dove andrà a finire la bellezza e la magnificenza dello storico San Paolo?

Lungi da noi il richiamo alla memoria di comportamenti biechi e da condannare che spesso hanno contraddistinto la tifoseria azzurra, non ultimo quello di lasciare lo stadio come un letamaio al termine della partita o di vandalizzare i bagni, indipendentemente dai settori dove si va. Noi oggi, però, ci sentiamo di fare l’Elogio del Tifoso Popolano, quello verace e genuino che va allo stadio col panino, che fa l’abbonamento e lo conserva come una reliquia nel portafoglio, che dice alla moglie “ti porto al cinema dopo la partita”, che arriva ai tornelli due ore prima perché deve godere nell’osservare lo stadio che si riempie, che sente il cuore fare “bum bum bum” quando vede spuntare le maglie azzurre dalla scaletta degli spogliatoi, che si abbraccia col vicino di sedia ai gol degli azzurri anche se non l’ha mai visto, che si unisce in canti di gioia e sa a memoria le parole del “Surdato innamorato”. Il San Paolo è stato sempre un enorme palco da teatro elisabettiano ed i tifosi gli spettatori che non vedevano l’ora di assistere a Romeo and Juliet. Perché eliminare la componente popolare del tifo? La cosa più bella di quel teatro era il suo essere Popolano e tutte le classi sociali potevano accedervi. In piedi, mischiati, uno accanto all’altro, questo era il pubblico di quel teatro.  E Shakespeare non pensò mai di limitarne i posti.

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