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Il Napoli è forte, pensi di esserlo: stoppi le opposizioni interne e chieda maggiore tutela

Il Chievo deve chiudere il caso di Genoa-Napoli, nato dall’errore comunicativo di Sarri. Il presidente si faccia sentire di più, anche solo per uniformarsi.

Il Napoli è forte, pensi di esserlo: stoppi le opposizioni interne e chieda maggiore tutela

Stamattina abbiamo scritto della Gazzetta, dell’attacco a Sarri e di una definizione di scudetto delle lacrime che ci accompagna ormai da mercoledì sera, dall’immediato postgara di Genoa-Napoli. Non è una bella cosa, soprattutto quando poi alle 20.45 di oggi si gioca una partita importante, difficile, indicativa. Leggi la classifica e scopri che il Chievo è terzo, un punto dietro il Napoli e due dietro la Juve. Che il Napoli è secondo, toh, che non tutto è da buttare e da rifare. Anzi, tutto andrebbe bene, al massimo quasi bene per gli ipercritici se non fosse che sappiamo farci male da soli. Come, in modo subdolo, ci spiega il Corriere della Sera nel suo paginone in apertura dello sport. Il Napoli e la Juve, uno accanto all’altra. “Sfida scudetto”, appunto. Se guardi bene, però poi leggi: «Problemi d’abbondanza per il tecnico juventino, tensioni tra l’allenatore azzurro e De Laurentiis».

Ecco, appunto. È proprio questo il problema. Il Napoli è lì, a un punto dalla Magna Juve, e finiamo per eroderci e farci erodere dalle polemiche interne. Da una comunicazione avventata, quella di Sarri dopo il Genoa; da una risposta saggia e posata, ma che comunque denota una frizione in essere con il tecnico. Non c’era bisogno di tutto questo, non c’è bisogno di tutto questo. Il Napoli deve saper essere più compatto, più preparato e organizzato quando avvengono cose che vanno al di là del campo, o che dal campo tracimano fuori. Perché il campo è la vera forza di questa squadra, e se ci sono dei casi o delle incomprensioni vanno discusse a porte chiuse, non date in pasto a media che non aspettano altro.

Sarri ha sbagliato proprio in questo: a mettersi per un attimo a capo dell’opposizione alla sua stessa società, a farlo pubblicamente. Bastava non parlare delle decisioni arbitrali, e richiamare l’attenzione della società attraverso canali interni. Certo, i due rigori solari negati a Genova (oltre a quello di Pescara, che in realtà per l’allenatore sono due pure in Abruzzo) smuoverebbero la coscienza di chiunque, figuriamoci un sanguigno come Sarri. Ma così finisci per fare del male alla tua azienda, alla sua immagine. E quindi, anche alla serenità nell’esposizione mediatica, di per sé già molto discussa quest’anno. Il problema non è la storia del piangina, delle lacrime, del vittimismo con cui i giornali riempiono pezzi e pagine. Tutti gli allenatori, ma anche dirigenti di altre squadre, sono stati o sono o comunque saranno vittima di errori arbitrali dopo i quali è impossibile tacere. Il problema è aver dato ai media un appiglio per poterci ricamare sopra. Se c’è una frizione con la società, e a questo punto ci pare evidente, sbandierarla ai media offre solo un’occasione in più per l’attacco. Tra l’altro, e questa è la grande rabbia, nell’unico punto in cui è possibile colpire questa squadra. Che in campo gioca il miglior calcio della Serie A, che sarebbe a punteggio pieno (dopo aver segnato i rigori mancanti) se gli arbitri avessero interpretato bene il regolamento. È come se un pugile con la costola destra incrinata offrisse proprio quel lato del suo corpo all’avversario. Roba da fessi.

Dall’altra parte, c’è De Laurentiis. Che ha scelto il low profile, ma che ha comunque il dovere di chiedere maggiore tutela per il suo club. Non tanto perché sia giusto, ma anche e solo per uniformarsi a una massa che ragiona così, parla così, chiede cose così. La comunicazione, interna ed esterna, va migliorata. Va strutturata, organizzata secondo una linea comune. Che può anche essere pure quella del silenzio, ma che poi sappia assumersene le responsabilità. Se è un modo per limitare al massimo i danni, per evitare opposizioni interni e attacchi esterni. Se è sopravvivenza, se è portare anche in società lo splendido lavoro fatto sul campo.

Appunto, il campo. Stasera avremo il responso più importante, quello che chiuderà un caso che per noi è già chiuso. Su un dubbio, quello sul fatto che la convivenza tra De Laurentiis e Sarri sia davvero felice. Un dubbio che può essere dissolto facilmente, in un modo o nell’altro, ma che non deve più essere alimentato a mezzo stampa o microfono o social. Proprio per salvaguardare il grande patrimonio tecnico di una squadra in grado di dire la sua, fino alla fine, in tutte le competizioni. Di una squadra che è diventata grande grazie al lavoro di De Laurentiis prima e Sarri poi, che ha saputo reinventarsi intorno a un progetto societario e tecnico che deve cominciare a sentirsi di prim’ordine. Semplicemente perché lo è, e deve aspirarlo ad esserlo ancora di più. Anche fuori dal campo, anche nei rapporti interni della società. Sarri può e deve crescere, De Laurentiis deve e può perfezionare la sua gestione. E, insieme, devono ripartire. Conviene a entrambi, fa bene a questa squadra e ai suoi tifosi. Ce l’ha detto lo scorso campionato, ce lo dicono la classifica di oggi e la Champions League. Ce l’ha detto anche il Corriere della Sera, stamattina. Tre indizi che fanno una prova. Basta crederci, e non farsi del male da soli.

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