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Se il Napoli di De Laurentiis è artigianale, la Fiorentina di Della Valle che cos’è?

Se il Napoli di De Laurentiis è artigianale, la Fiorentina di Della Valle che cos’è?
Sarri e De Laurentiis in una foto di Matteo Ciambelli

Una volta, Indro Montanelli – un signore che nel giornalismo italiano qualcosa ha fatto – dichiarò che per riuscire ad avere una corretta percezione degli eventi bisogna tenersi a quella che potremmo definire la giusta distanza. Montanelli si riferiva a rapporti sobri con le stanze del potere. Non sappiamo se fosse sincero, ma erano tempi in cui il giornalista – come categoria – era molto più temuto e rispettato; per un giornalista essere distanti dal potente di turno e “pungolarlo” col proprio lavoro era una sorta di dogma. Ovviamente il tempo diluisce i ricordi, li addolcisce. Probabilmente, qualcosa di vero c’era.

Senza addentrarsi in un’accidentata dissertazione sulla metamorfosi del giornalismo, dedichiamo qualche riga alla meraviglia con cui un tifoso può assistere alle trasmissioni, o anche agli articoli, dedicate al calciomercato. Il mercato del pallone, si sa, è da sempre la terra dei cachi. È un terreno in cui il verosimile equivale a una notizia blindata, da infiocchettare. Il resto sono rumours, pettegolezzi, soffiate, bugie, tranelli, specchietti per le allodole. Un vortice di tante parole che soltanto in determinati momenti si convertono in soldi, in firme e in trasferimenti. E che allo stesso tempo danno vita a uno spettacolo che piace. A noi tifosi piace rimanere in attesa un’ora per ascoltare poi una frase del tipo: “Herrera e il Napoli sono sempre più vicini, De Laurentiis aumenterà l’offerta di 23 milioni più bonus, cifra che potrebbe raggiungere i trenta”.

A questo punto, però, il tifoso prova anche a ragionare e a fare esercizio di memoria. Il Napoli ha mai speso più di sedici (o diciotto) milioni per un calciatore che non fosse un attaccante? A memoria, la risposta è no e quella cifra fu spesa per Inler. È possibile che Aurelio De Laurentiis spenda una cifra dai 25 a i 30 milioni per un calciatore sì di 26 anni che però non è che abbia proprio entusiasmato al Porto? Una cifra che equivarrebbe al secondo acquisto più caro della gestione De Laurentiis. La risposta, anche in questo caso, viene da sé. E ovviamente senza che queste considerazioni si tramutino in un atto d’accusa nei confronti di chi si occupa di calciomercato. Le notizie sono realmente quelle, gli intermediari lo confermano, magari anche i procuratori. Ma qui tornano in nostro soccorso Montanelli e la giusta distanza.

A volte è meglio non conoscere. Osservare da lontano, provando ovviamente a non essere condotti dai nostri desideri, resta la scelta più efficace. La logica e la storia del Napoli dicono che De Laurentiis non spenderà mai e poi mai quella cifra per Herrera. Poi, qui ciascuno fa le proprie conssiderazioni. Le nostro sono che quelle cifre vengono sborsate solo per calciatori in grado di fare realmente la differenza, di cambiare una squadra: Higuain, o un attaccante forte. O un calciatore come Mascherano. È sempre meglio affidarsi al buon senso e alla storia del Napoli, una società – checché se ne dica – gestita in maniera oculata da Aurelio De Laurentiis.

A questo proposito, c’è spazio per un’ulteriore riflessione. È con stupore che si leggono opinioni, anche autorevoli, di esperti che criticano la gestione societaria di De Laurentiis, che lo paragonano a un artigiano in un mondo di imprenditori. Il che, in parte può essere anche vero, il Napoli è una piccola impresa non c’è che dire, ha dei limiti strutturali, ne abbiamo scritto diverse volte. Però c’è anche la realtà. Se De Laurentiis è un artigiano nella conduzione del Calcio Napoli, che cos’è allora Diego Della Valle con la Fiorentina? Che cosa ha vinto Della Valle con la Fiorentina? Nulla. Nemmeno una coppetta. Ha lo stadio? No. Ha la cittadella? No. Ha trattenuto qualche campione? No. L’ultima Champions League disputata risale alla stagione 2009-2010. Perché nessuno – al di fuori dei tifosi della Fiorentina – critica mai Della Valle?

E ancora. Vogliamo parlare di Pallotta? Che cosa ha vinto Pallotta da quando è alla Roma? Niente. Ha collezionato due secondi posti, giocato due Champions, venduto giocatori come Marquinhos e Pjanic (e tanti altri). Per non parlare di Thohir, del recente Berlusconi. L’unico che ha vinto qualcosa e che riesce a tenere i conti in ordine è Claudio Lotito che, come De Laurentiis, non gode di buona stampa.

Viviamo uno strano momento. Le tifoserie sono immerse in un mood precapitalistico – quando i soldi non sono i loro, ovviamente -, ma la realtà è sotto gli occhi di tutti. E nella realtà c’è anche che il Napoli ha uno dei tre centravanti più forti del mondo. Ha in panchina un attaccante, Gabbiadini, che sarebbe titolare in quasi tutte le squadre di serie A. È reduce da una stagione record. Il Napoli ha fin qui messo a bilancio solo due cessioni eccellenti: Cavani, sostituito da Higuain, e Lavezzi al cui posto arrivò Insigne per un anno rimpiazzato da Pandev. Non sembra che in giro, in Italia, ci sia di meglio. A parte la Juventus che, non dimentichiamolo, l’anno scorso è arrivata in finale di Champions.

È singolare, per non dire altro, la sufficienza con cui viene trattata mediaticamente una società solida come il Napoli di De Laurentiis. Non arriviamo alle vette complottistiche dell’ottimo napolista rionale, ma certo vediamo davanti ai nostri occhi due realtà sideralmente lontane.

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