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La differenza tra Sophia Loren e i tifosi del Napoli

Napoli si ama “zitto zitto”, come spiegato dall’attrice ieri e in tutta la sua vita.

La differenza tra Sophia Loren e i tifosi del Napoli

Immortale Sophia! La sua apparizione a Napoli vale dieci, cento volte quella di Dolce&Gabbana. Non se ne abbiano a male i due stilisti che certo hanno in simpatia Napoli, ma si capisce che la piegano alle loro esigenze per costruire un kolossal di cui si parlerà in tutto il mondo. C’è una bella differenza: Sophia, invece, ritorna per un atto di amore, il più delle volte senza che nessuno lo sappia come fanno gli innamorati veri, e si commuove per l’entusiasmo della gente. Che è pari al suo. Lacrime napulitane, autentiche, calde non fredde. Anche l’abbraccio dei napoletani, a ben guardare, scandisce la differenza: vanno incontro a Sophia come si va ad abbracciare una persona di famiglia, un’amica della quale non si può fare a meno. I tifosi che vanno incontro a Dolce&Gabbana  o a Higuain, invece, vanno incontro ad un idolo, cantano, urlano, si dimenano, si stendono per terra all’ingresso dell’albergo di Dimaro per guadagnare un selfie con Pepe Reina o con Callejon, ma, nonostante gli urli e le messinscene (le sceneggiate, cari colleghi del Corriere dello Sport, sono altra cosa), si capisce al primo impatto che non c’è amore, ma tifo, passione qualche volte autentica ma spesso insana e incontrollata.

Due storie completamente diverse ed è giusto rimarcarlo per dare a Sophia, cittadina di Pozzuoli che nel fisico e nel sorriso trattiene il fuoco ardente dei Campi Flegrei, quello che le spetta: il ruolo, che continua a svolgere, di straordinaria ambasciatrice nel mondo della napoletanità autentica. E migliore. Quella che esplode dai versi di uno dei suoi più grandi cantori moderni, Pino Daniele: Napule è, insieme, mille culure e mille paure. Cioè  è nobile e plebea, aristocratica e annaspante nelle sue miserie, genio e sregolatezza, poesia toccante e bruttissima prosa.

Sophia, insomma, è ricomparsa nella città eccitata dai due stilisti con la nobiltà della diva ma anche con la schiettezza prorompente della pizzaiola che ringrazia il sindaco per le belle parole ma poi gli sussurra che è anche nu’ bellu guaglione. Nel cortile del Maschio Angioino ha dato il meglio di sé ed ha ripetuto un concetto che aveva già espresso e che ce la rende particolarmente cara: Napoli, ha detto, deve essere amata zitto zitto, senza clamori e annunci roboanti. Proprio come fa lei, che, oltre le occasioni ufficiali, ritorna in città molto più spesso di quanto si creda. Qualche anno, fa al cronista che la incontrò a Procida sul set di Francesca e Nunziata, confessò: «Napoli è una emozione alla quale non posso rinunciare, voglio viverla da sola, però, con pochissimi amici e condividerla con i napoletani che, però, non sanno che io sto in quella strada, in quella piazza, davanti a quel tratto di mare dove si è consumata la mia infanzia. Vengo, come diciamo noi, zitto zitto. E ritornerò ancora, sempre zitto zitto, come hanno cantato Murolo e Peppino». Parole da scolpire, da recitare in Parlamento e nelle aule di Comune e Regione: se abbassiamo tutti la voce le cose, vedrete, andranno molto meglio e forse si potrà davvero iniziare a ricostruire  Città della Scienza e avviare la bonifica di Bagnoli.

Gli apprezzamenti di Sophia, del resto, dovrebbero aver gasato il bel guaglione giustamente orgoglioso di tanta acchiappanza. Ci aspettiamo un grande campionato. A palazzo San Giacomo e al San Paolo. Zitto zitto, però.

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