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Juve-ultras-’ndrangheta: inchieste e suicidi confermano il marcio del calcio italiano

Un’inchiesta della Procura di Torino sui legami tra Juventus, capi ultras e ’ndrangeta. Un testimone che si ammazza. Nulla è cambiato dalla denuncia di Fabio Capello.

Juve-ultras-’ndrangheta: inchieste e suicidi confermano il marcio del calcio italiano
Ultras-juventus-ndrangheta

Provate a immaginare uno storico capo ultrà che si uccide in circostanze misteriose dopo essere stato interrogato dalla Procura che indaga su un collegamento diretto tra il Napoli e alcuni tifosi organizzati che provvedono alla vendita dei biglietti (di fatto, un bagarinaggio autorizzato) addirittura con assegni intestati al club, poi provate a immaginare strani collegamenti tra questi tifosi che lavorano con e nella società e la criminalità organizzata. E poi immaginiamo i titoli dei quotidiani, oppure i servizi dei telegiornali.

Come saprete, la vicenda non riguarda il Napoli ma la Juventus. L’inchiesta è della Procura di Torino. L’uomo che si è tolto la vita è un ex ultrà bianconero. Si chiamava Raffaello Bucci, 41 anni. Si è gettato da un viadotto tristemente famoso per la storia di Torino, quello da cui nel Duemila si lanciò Edoardo Agnelli il figlio dell’Avvocato. Bucci era un considerato un testimone importante al pari di Dino Geraldo Mocciola storico leader dei “Drughi” di cui da qualche giorno si sono perse le tracce. Irrintraciabile.

Oggi il Corriere della Sera pubblica stralci dell’inchiesta condotta dal pm Monica Abbatecola e dal capo della mobile di Torino Marco Martino. Dalle carte emerge lo stretto rapporto tra la Juventus e alcuni capi ultrà. Ovviamente, come sappiamo, e come denunciato in Italia da Fabio Capello, tutte le società di calcio sono ricattate dalla tifoseria organizzata. La Juventus, probabilmente in ottima compagnia, ha pensato di aggirare il problema conferendo un ruolo ad alcuni capi tifosi. Diventano l’anello di congiunzione tra la società e la curva. Insomma, una sorta di bagarinaggio autorizzato. Quel che la Juventus non sa è che i suoi referenti, o amici dei suoi referenti, hanno rapporti con il clan collegato alla cosca Pesce-Bellocco di Rosarno il cui obiettivo è mettere le mani sul business dei biglietti.

In questi casi le società sono l’anello debole, come testimonia l’incontro – documentato dagli inquirenti – tra due tifosi organizzati “ambasciatori” dei biglietti e Marotta il dg bianconero che deve dire sì al provino del figlio di Umberto Bellocco del clan Rosarno. Alla fine il bambino – cui ovviamente non va negata di poter giocare a pallone anche con la Juventus, sia chiaro – non sarà preso.

Al di là degli aspetti, quel che emerge è una non novità per il mondo del calcio. È tutto fermo a Fabio Capello e alle sue parole. Il calcio italiano è vittima delle tifoserie organizzate. A Roma, per fare un esempio, la società di Pallotta era partita lancia in resta contro gli ultrà e adesso invece sta collaborando con la prefettura per eliminare le divisioni in Curva Sud mai digerite dai gruppi.

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