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Il male della Sanità campana ha un’origine: hanno distrutto la formazione dei medici

Il male della Sanità campana ha un’origine: hanno distrutto la formazione dei medici

Ho molto apprezzato l’articolo di Silvestro Gallipoli sul Napolista. Quello che comincia a lasciarmi perplesso, però, è la generica accusa ai problemi della nostra sanità campana. Secondo me dovrebbe essere fatto un passo avanti e cominciare a scavare sul perché certi problemi persistono ed, anzi, si aggravano, ed anche sul perché si tende a nascondere le carenze spaventose, utilizzando strumentalmente informazioni che hanno alto impatto sulla emotività collettiva, come lo sono quelle relative alla mortalità per tumore.

L’episodio straziante che Gallipoli descrive è certo ascrivibile alle carenze, ma ha un nome: negligenza. La medicina non è una scienza esatta. Si può sbagliare e non è giusto che un medico risponda di un errore di valutazione fatto in assoluta buona fede. Però sarebbe giusto che rispondesse di errori commessi per negligenza, che è poi figlia di scarsa professionalità o, ma secondo me più raramente, di disonestà.

Essendo impegnato nella formazione da 40 anni circa, posso dire che assieme ad aspetti di valenza più squisitamente tecnica (organizzazione delle strutture, delocalizzazione sul territorio, politicizzazione delle nomine, mortificazione dei meriti professionali), splendidamente toccati da Mario Santangelo in un suo status su Facebook, esiste un problema di formazione dei medici in questa Regione che è completamente scotomizzato, aggravato dalle riforme dissennate della Gelmini e da quelli che le sono succeduti.  

La continua contrazione delle attività cliniche, imposta dalla giunta Caldoro, ma purtroppo proseguita da quella De Luca, sottrae alla formazione medica, e, fatto forse ancor più grave alla formazione post-laurea, la massa critica di casi clinici necessaria all’immissione sicura nel mondo del lavoro dei giovani medici, incidendo in modo fatale sulla loro formazione. Formazione, che non significa semplicemente acquisire gli strumenti culturali e, specialmente, logici, per emettere una corretta diagnosi, ma significa acquisire quel senso critico nell’interpretazione delle esperienze pregresse che è parte integrante del rapporto che deve istaurarsi con il paziente. Strumenti logici e senso critico si acquisiscono in ambienti che offrano innanzitutto buoni docenti con esperienza nel campo del trasferimento delle conoscenze, massa critica di casi clinici, formazione continua e ricerca di buon livello. Dove si fa buona ricerca, si fa anche buona clinica, anche se, naturalmente, non è vero il contrario. Formare un giovane medico in questo modo è molto faticoso, richiede tempo ed investimenti. Ma ripaga, con l’emersione di professionalità complete, dal punto di vista tecnico, ma anche dal punto di vista etico.

Annichilire la formazione medica nei due Policlinici Universitari, come sta avvenendo, comporta due conseguenze terribili:

1) il progressivo deterioramento della capacità di erogare una buona assistenza sanitaria, non solo dovuta agli aspetti tecnico-politici cui ho accennato prima, ma anche a carenze di tipo professionale, un declino che tutti ora riescono a percepire;

2) ancora più drammatica per certi versi, la fuga verso il nord o, spesso, fuori del paese, degli elementi migliori, che vengono spesso formati da docenti “eroi” che riescono a surrogare le carenze infrastrutturali, con la conseguenza che noi comunque investiamo soldi per la loro formazione e poi altri godranno di questo investimento. Per non parlare della medicina di base, un feudo produttore di voti su cui nessuno osa mettere mano (forse non tutti sanno che uno specialista in Medicina Interna non può fare il medico di famiglia se non si iscrive ad un corso di formazione specifico a pagamento della durata di 3 anni).

La cecità, l’impreparazione e, penso, il livello di compromissione della nostra classe dirigente con istanze politiche che nulla hanno a che vedere con i canoni dell’efficienza e della produttività, ci sta lentamente precipitando in un baratro dal quale sarà difficilissimo, perché sempre più costoso, risollevarsi.

Ecco. Ha certamente ragione Gallipoli quando sottolinea che l’aumento di mortalità dei tumori in Campania dipende dal deterioramento dell’assistenza sanitaria. Ma credo che sia venuto il momento di dare contenuto a questa generica affermazione e, specialmente, che sia venuto il momento che il problema investa tutti i cittadini e non soltanto gli addetti ai lavori, come invece purtroppo accade.

Professore Ordinario di Medicina Interna all’Università Federico II

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