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Perché i tifosi del Napoli e del Torino non sono amici?

Perché i tifosi del Napoli e del Torino non sono amici?

Il fatto che Torino-Napoli capiti nella settimana del ricordo della sciagura di Superga, e pochi giorni dopo l’intitolazione dello Stadio Olimpico al “Grande Torinoi” non può essere casuale. O meglio: è casuale, ma rappresenta comunque un segnale che non va trascurato. Stiamo andando a giocarci tutto il nostro (bellissimo) campionato in un luogo che omaggia la sua espressione storica più sacra, che in qualche modo celebra le sofferenze e il tremendismo che la storia ha voluto “assegnare” in qualche modo ai granata. Alla squadra, alla tifoseria.

Tutto bello e romantico, pur nella sua drammaticità. E allora: perché il Napoli e il Torino, due squadre così simili, non sono più vicine? A livello di tifoseria, magari, ma anche come società e immaginario collettivo. C’è più di un filo sottile a legare questi due club, eppure si fa fatica a considerarli amici. 

C’è, ovviamente, l’antijuventinità di fondo. Napoli e i napoletani odiano la Juventus, simbolo del potere; Torino e i tifosi granata odiano la metà (meno qualcosa) della loro città, insieme a tutti quei non torinesi che si sono ritrovati a (voler?) tifare il bianconero. Insomma, ecco un primo punto in comune. Volendo fare un discorso legato alle tifoserie, ci sarebbe anche un ponte che unisce le curve: i tifosi del Napoli sono storicamente gemellati con quelli del Genoa. Proprio come quelli del Torino, che in nome del beat Gigi Meroni (altro esempio fulgido del tremendismo e del dolore colorato di granata) portano avanti un’importante amicizia con i supporter del grifone. 

Le premesse non mancherebbero, ed anzi qualcosa si era già mosso appena dopo il derby di Torino dello scorso marzo, quello di Rizzoli e delle grandi proteste granata per il rigore assegnato senza ammonizione per Alex Sandro e per l’annullamento del gol di Maxi Lopez. Social network e siti di informazione aprirono una campagna per un vero e proprio gemellaggio tra le due tifoserie. La risposta fu, come dire, tiepida: da una parte le reminescenze per la storia dell’unità di Italia e per la (ancora netta) divisione Nord/Sud, dall’altra la comune certezza di aver sempre “sentito” rispetto reciproco e di avere comunque qualcosa di simile.

La storia, innanzitutto, da “sfigati” del pallone se non per pochi esaltanti periodi di gloria. Il Torino ha vissuto due grandi momenti, negli anni Venti e poi nei giorni del Grande Torino, una squadra rimasta nella memoria collettiva per la sua fine atroce quanto per le meraviglie fatte in campo, tra l’altro in un periodo particolare come quello post-bellico. Dopo, solo uno scudetto (1976) e tante delusioni. Una cronologia diversa ma non tanto da quella del Napoli, che con Maradona ha vissuto il suo ciclo di vittorie e ha poi dovuto accontentarsi del blasone della “grande piazza del Sud”. Una roba che riempie i libri, pure di storia, ma che si è fatta sentire poco nei palmarés e nella bacheca trofei. Purtroppo.

Ci facciamo sostenitori di una proposta. Non di gemellaggio, magari. Anche perché le dinamiche delle curve sono troppo multisfaccettate e influenzabili per poter essere “comprese” tanto facilmente e condensate in una frase come “gemelliamo il Torino e il Napoli”. Ma almeno di non belligeranza, tra due tifoserie che hanno tanto in comune. Che sono belle, che sono la storia del calcio italiano. E che hanno tanto in comune, al di là delle infinite diversità tra le due città e un “nemico” sportivo vestito di bianconero. Come dire: anche i diversi possono andare a braccetto. Basta provarci.

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