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Giuseppe da San Diego, tra peptidi bioattivi e farina: «Lo scudetto è una scusa per tornare a Napoli a maggio»

Per lavoro ricerca e sintetizza peptidi bioattivi. Per passione mescola impasta acqua, farina, lievito e burro per sfornare pane, pizze e sfogliatelle. È Giuseppe Dello Iacono, biochimico 45enne con l’hobby del baking. Laureatosi alla Federico II con una tesi sui peptidi bioattivi, o meglio, immunosoppressori, un campo molto attraente per le cause farmaceutiche, nel 1999 la sua tesi finisce nelle mani di un’azienda statunitense che sui peptidi bioattivi basa tutta la sua attività e lì inizia la fortuna di Giuseppe: «Sono estremamente soddisfatto di tutto quello che ho avuto modo di apprendere qui, le mie conoscenze si sono ampiamente allargate. A malincuore penso che in Italia non avrei avuto le stesse possibilità».

Oggi Giuseppe vive a San Diego, «dove i ritmi non sono impossibili, anche se mi manca un po’ il caos, inteso in senso buono – dice – Però c’è il mare e quando chiudo gli occhi e mi metto in ascolto del sussurrio delle onde e inalo l’odore della salsedine, mi sembra un po’ di stare a Napoli. E poi c’è Little Italy, dove vivono circa 70mila italo americani che fanno di tutto per mantenere viva la cultura italiana». Ci parla del San Diego Zoo e del Bilboa Park, che, dice, meritano senz’altro una visita e decanta la vicinanza del Messico e del cibo messicano. «In California hanno un’idea molto vecchia di Napoli, pensano sia ancora una città sporca dove non si trova lavoro – racconta – Però, basta toccare il tasto culinario e tirare in ballo la pizza o il babà e Napoli diventa la città dove tutti gli americani vorrebbero andare». Ed il cibo è il grande punto di incontro anche tra Giuseppe e l’America, oltre che una passione antica. Ci racconta che è soprannominato “lo Chef”: «Perché ho sempre cucinato per tutti e lo faccio anche qui a lavoro. Mi sono altamente specializzato nel campo del baking e sto pensando addirittura di farne un’attività, magari al posto di quella di chimico. Credo che nella vita ci siano capitoli lunghi o brevi ma ad un certo punto bisogna voltare pagina, basta solo trovare il coraggio di farlo». Il suo cavallo di battaglia sono i piatti tipici della tradizione napoletana natalizia, ma soprattutto i prodotti da forno, pane, pizza, focacce, sfogliatelle, persino panettoni. «Ho frequentato un po’ di corsi specifici, sia in Italia che qui in California, e due volte a settimana delizio i colleghi del mio dipartimento con prodotti di loro scelta – racconta – Quando l’azienda ha costruito la nuova sede in cui lavoriamo adesso, abbiamo tutti chiesto una bella cucina e, conoscendo le mie capacità in campo culinario, mi hanno accontentato».

La cucina è anche un modo per esorcizzare la lontananza da Napoli, dove torna ogni diciotto mesi: «È il limite massimo che riesco a resistere senza tornare. E poi ogni volta che torno mi piace restare almeno un mese a casa, perciò devo diradare i viaggi, per accumulare ferie». Napoli gli manca moltissimo, soprattutto Spaccanapoli, che considera la vera essenza di una città dove «aria, gente, odori e sapori sono completamente diversi da ogni altra parte del mondo». Ma quando la lontananza diventa insopportabile, Giuseppe fa un salto a La Jolla Cove: «È come una terrazza sul mare, l’angolo che più somiglia al nostro tratto costiero. Sembra di godere la stessa vista che hai dall’alto di Castel dell’ovo se guardi in direzione Posillipo».

Come per tutti i napoletani “esuli” il Napoli, per Giuseppe, è un legame fortissimo: «È una parte di me, come un figlio, un amore viscerale». Racconta che la sua prima volta al San Paolo è stata a 12 anni: «Sai, mio padre non mi ci voleva portare, quasi come se mi volesse proteggere da qualcosa. Diceva che era pericoloso. Insistetti così tanto che alla fine riuscii a convincerlo: fu un’emozione unica». Dallo stadio manca dal 2009, ma segue le partite su Rai International: «Amo il Napoli quando vince, ma lo amo e lo supporto ancora di più quando perde, mi piace soprattutto Insigne».

Come finirà il campionato, secondo te? Gli chiedo. «Penso proprio che ce la faremo, a vincere lo scudetto – sorride – Anche perché ho bisogno di un’altra scusa per venire a Napoli a maggio».

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