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A Napoli la curva A apre a singhiozzo. E i criteri adottati restano misteriosi

A Napoli la curva A apre a singhiozzo. E i criteri adottati restano misteriosi

Col Milan la Curva A sarà aperta al pubblico. Non sarà il settore deserto, popolato dagli sparuti abbonati, visto contro Empoli e Carpi. Il purgatorio è finito, forse. Ci godremo il girone di ritorno col San Paolo gremito, forse. Non è detto. Perché la decisione spetta al Prefetto, che, se lo ritiene opportuno, può tornare disporre limitazioni all’agibilità delle curve come degli altri settori.

Nelle ultime settimane si è parlato della chiusura parziale della A come di un provvedimento preso genericamente in conseguenza ai disordini di Napoli-Inter. Ma non è proprio così. La Giustizia Sportiva, dopo gli incidenti del 19 gennaio, si è limitata a sanzionare il club di De Laurentiis con un’ammenda da 15mila euro («per aver i suoi sostenitori, nel corso della gara, lanciato nel settore occupato dai sostenitori della squadra avversaria tre petardi ed un fumogeno»). La decisione di chiudere la Curva confinante con la gabbia degli ospiti, punizione collettiva che non piace a Sarri («Se provoco un incidente, ritirano la patente a me, mica chiudono l’autostrada») l’hanno presa il Viminale e il suo avamposto sul territorio, la Prefettura di Napoli.

Già il giorno dopo la turbolenta sfida con la Beneamata, l’Osservatorio sulle manifestazioni sportive (istituzioni che riunisce le autorità civili e sportive del Paese) nella determina del 20 gennaio inserisce Napoli-Empoli tra i match «connotati da alti profili di rischio», così come la settimana dopo affibbia la stessa etichetta a Napoli-Carpi. In entrambi i casi l’Osservatorio rinvia al Casms (Comitato Analisi per la Sicurezza delle Manifestazioni Sportive) il compito di individuare «le misure di rigore» da adottare, e da qui alla Prefettura, che ha stabilito il blocco della vendita dei biglietti per la Curva A.

Adesso, c’è da premettere che Gerarda Maria Pantalone, numero uno del Palazzo della Foresteria di Napoli da poco più di un anno, è una che in fatto di stadi dà l’impressione di non amare le mezze misure. È stata lei, lo scorso settembre, di fronte all’incapacità del calcio Napoli e del Comune di mettere a norma il settore Ospiti, a disporne la chiusura per i tifosi della Juve (misura che adesso paghiamo per reciprocità, o par condicio che dir si voglia, con l’assenza dei napoletani allo Stadium). Però, il prefetto così rischia non solo di rovinarci la festa in un finale di stagione che, vada come vada, promette grandi emozioni. Ma anche di essere asimmetrica e arbitraria.

In Napoli-Milan l’Osservatorio ha visto una partita «con elevato profilo di rischio» che non merita rinvio al Casms. Non possiamo ancora sapere cosa sarà disposto per le altre partite calde in programma al San Paolo (le due veronesi, il Bologna). Però sappiamo che c’è da stare in allerta. Se il metro di misura è vedere in Napoli-Carpi un match ad alto rischio, quello con l’Hellas cos’è, da servizi antiterrorismo?

Ci sarebbe poi da obiettare sull’efficacia dei provvedimenti di chiusura. Come dimostra lo striscione “Distinti Saluti”, i gruppi della A, se non possono accedere al loro settore, non si fanno questioni di pregiudizio a frequentarne altri. Se l’obiettivo finale delle autorità è tenere loro fuori, perché sono ritenuti il serbatoio di facinorosi da tenere a distanza, la chiusura della curva non raggiunge lo scopo. Il provvedimento al contrario penalizza solo chi vorrebbe frequentare il San Paolo a prezzi popolari, costretto a soffrire la minore disponibilità di biglietti.

Insomma, la sicurezza è importante. Il buon senso pure.

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